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La denuncia di Snami Emilia Romagna: “I medici fuggono dalle Ausl e fanno coop private”

Per il sindacato si tratta di "un trend pericoloso, la politica faccia subito una riorganizzazione seria"

Pubblicato:11-07-2022 15:28
Ultimo aggiornamento:11-07-2022 15:28

medico aggredito
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BOLOGNA – Sempre più medici e operatori sanitari sono pronti a “organizzare cooperative private” in modo da ottenere “il totale distacco dalle aziende sanitarie”. Un andamento che “come sindacato riteniamo molto pericoloso”. A lanciare ancora una volta l’allarme è Roberto Pieralli, presidente dello Snami in Emilia-Romagna, con una lunga riflessione sul “disastro emergenza-urgenza” a livello regionale affidata all’agenzia Dire. “Tra i medici, e in particolare tra quelli convenzionati 118- riferisce Pieralli- c’è la speranza, condivisa anche dalle organizzazioni sindacali, che la politica scelga una ristrutturazione e riorganizzazione seria, alla quale tutti vorrebbero partecipare fieri di essere parte del servizio pubblico”.
Se invece la politica, avverte lo Snami, dovesse scegliere di “perpetrare scelte organizzative insostenibili, i professionisti preferiranno uscire completamente dal servizio pubblico e organizzarsi in forme cooperative private, attraverso cui erogare prestazioni professionali al pubblico”, stando però all’esterno dalle aziende sanitarie perchè “non ne condividono l’organizzazione e le modalità di gestione delle risorse umane”. Come sindacato, afferma Pieralli, “riteniamo molto pericoloso che, come sta avvenendo, gli iscritti ci chiedano di organizzare cooperative private che consentano il totale distacco dai vincoli contrattuali e convenzionali con le aziende sanitarie, a favore di una attività libero professionale non soggetta a rapporto diretto con quelle aziende sanitarie e quelle direzioni con le quali oggi troppi professionisti non vogliono più avere a che fare”. Per questo, esorta il presidente Snami, “serve una svolta nella gestione delle risorse umane e quella svolta serve adesso”.

Secondo Pieralli “il punto di partenza è ridefinire le piante organiche e riallocare i contratti rispetto alle proprie funzioni”. In poche parole, spiega il numero uno dello Snami Emilia-Romagna, “i medici del 118 devono fare il 118 e i medici ospedalieri devono fare gli ospedalieri. Se servono due medici in Pronto soccorso, due medici devono essere previsti e dedicati. E il trucco di uno che fa due lavori va terminato immediatamente. Se l’ospedale necessita di un medico di guardia, questo deve essere dedicato e previsto. Solo così potremo contare su rapporti ottimali certi e attrattività degli incarichi per i medici che ancora volessero lavorare nel pubblico”. Secondo Pieralli, tra l’altro, “occorre anche educare i dirigenti dei servizi alla gestione di una complessità nelle relazioni coi professionisti”, con capacità che “troppi non hanno o che hanno maturato in un ambiente oramai tossico”.

Il problema, che la pandemia ha fatto emergere, per lo Snami risale ad almeno 15 anni fa, quando il sistema ospedaliero, e in particolare l’emergenza-urgenza, “è stato truccato e soggetto a operazioni di puro e superficiale maquillage, per nasconderne le vere e proprie crepe strutturali causate non solo dalla pioggia di tagli, ma anche da rivoluzionarie visioni progettuali di ‘task shifting'”, cioè do “sostituzione funzionale dei medici con altri operatori, meno costosi per le tasche aziendali”. Per il sindacato, però, non è più “possibile creare e perpetrare modelli organizzativi di mescolanza iniqua, sia sotto i profili economici che sotto i profili organizzativi, e di tutela. È chiaro ormai a tutti che oggi non può essere questo modello della dipendenza pubblica il modello di riferimento, dato che con queste regole scappano quasi tutti. Il sistema ne deve tenere conto: non si può sperare che i medici si comportino come i Vigili del fuoco, che corrono dove tutti scappano”.


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