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Confindustria dispositivi medici chiede di cancellare il payback

Il presidente Massimiliano Boggetti: "Si rischia la chiusura delle nostre imprese, mette a in pericolo oltre 112mila posti di lavoro"

Pubblicato:10-01-2023 16:14
Ultimo aggiornamento:10-01-2023 16:30

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ROMA – “Siamo qui per dire ‘no’ al payback e ribadire che questa norma, questa tassa deve essere cancellata immediatamente, altrimenti si rischia la chiusura delle nostre imprese“. Lo ha affermato all’agenzia Dire il presidente di Confindustria dispositivi medici, Massimiliano Boggetti, che questa mattina in Piazza Santi Apostoli a Roma ha protestato insieme a un migliaio di imprenditori e figure di spicco delle imprese italiane dei dispositivi medici contro il payback.
Uno strumento, come ha ricordato lo stesso Boggetti in una lettera inviata al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che “mette a rischio oltre 112mila posti di lavoro, perché chiedere alle imprese 2,2 miliardi di euro entro gennaio significa farle chiudere con conseguenze drammatiche per l’occupazione, i territori e la qualità della salute del Paese”.

BOGGETTI: “NORMA PENALIZZA INDUSTRIE E CITTADINI”

Si tratta di una norma che penalizza soprattutto le industrie– ha proseguito- perchè è chiaro che i 2,2 miliardi di euro per il comparto sono insostenibili. Non abbiamo nemmeno fisicamente la cassa per poter garantire l’esborso di questa cifra. E poi penalizza i cittadini, in un momento in cui stiamo entrando in una nuova ondata pandemica e dove rischiamo di interrompere le forniture agli ospedali, perchè le aziende sono fallite”.

L’ipotesi di proroga del payback sui dispositivi medici al prossimo 30 aprile non attenua le tensioni. Proroga che dovrebbe arrivare oggi pomeriggio dal Consiglio dei ministri. “Siamo semplicemente convinti che la proroga fosse necessaria per poterci sedere- ha spiegato Boggetti- ma non risolve il problema a nessuno. Dà solo tempo per provare a sederci e trovare una soluzione. Che sia chiaro, però, il nostro messaggio al governo: la soluzione deve essere la cancellazione del payback come strumento e bisogna ragionare su quale possa essere un nuovo meccanismo per tenere sotto controllo la spesa dal punto di vista del governo e garantire agli italiani i servizi che vogliono”.


LA SPESA MEDIA DEGLI ITALIANI PRO CAPITE PER I DISPOSITIVI MEDICI

“E anche su questo punto- ha sottolineato Boggetti- ci tengo a dire che gli acquisti di dispositivi medici non sono assolutamente fuori controllo come spesa. Gli italiani spendono mediamente 106 euro in dispositivi medici pro capite, contro una media europea di 250 euro, con le Nazioni più virtuose che superano i 300 euro a persona“.
“È importante ricordare a tutti gli italiani- ha inoltre affermato- che le macchine, i macchinari, le Tac, le risonanze funzionano grazie al personale delle nostre industrie”.

IL RISCHIO DI UN’ITALIA A DUE VELOCITA’

Per il presidente di Confindustria dispositivi medici si rischia di disegnare un’Italia a due velocità che, “in parte, sta già accadendo da anni. Chi oggi ha i soldi si cura nella sanità privata grazie alle risorse personali. Ricordo che contro una spesa di circa 130 miliardi di spesa sanitaria- ha precisato- ci sono circa 50 miliardi di spesa privata che gli italiani usano di tasca propria per curarsi“.
“Questo cuneo andrà ad aprirsi ulteriormente- ha poi dichiarato Boggetti- perchè è evidente che con il payback ci saranno minori risorse disponibili, la qualità delle tecnologie nei nostri ospedali peggiorerà e i medici tenderanno a lasciare la sanità pubblica, perchè non avranno gli strumenti moderni per poter operare. Quindi, in sostanza, chi non ha soldi accederà a una sanità di serie B“.

IL PAYBACK E LE REGIONI NEL MIRINO

Ma quali sono le regioni dove si rischia maggiormente a causa del payback? “Abbiamo sicuramente tutto il Sud Italia– ha informato- che già vive una situazione di arretratezza tecnologica estremamente ampia e su cui noi, come Confindustria dispositivi medici, abbiamo da tempo lamentato la vetustà delle tecnologie, che in alcuni casi arriva oltre i dieci anni. Ad esempio, diagnosticare una possibile lesione, ovvero un cancro alla mammella con una diagnostica di immagine di dieci anni non è la stessa cosa che farlo con una tecnologia di nuova generazione. Questo significa non solo salvare vite, una cosa doverosa ed etica- ha concluso- ma anche evitare interventi invasivi e costosi e garantire una sanità economicamente più sostenibile“.

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