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Basile (Società Italiana Chirurgia): “I robot sono il futuro ma serve adeguare le fatturazioni”

L'agenzia Dire ha approfondito il tema con il Professor Francesco Basile, Presidente della Società Italiana di Chirurgia e Professore ordinario di Chirurgia presso l'Università di Catania.

Pubblicato:09-07-2021 13:26
Ultimo aggiornamento:09-07-2021 13:29

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ROMA – L’introduzione del robot nella chirurgia italiana ha segnato una vera e propria rivoluzione nel modo di intendere il lavoro del chirurgo. Sono passati 20 anni da quella data che ha permesso di migliorare peraltro la qualità degli interventi e ad aumentare i benefici per i pazienti. Prima della pandemia, nell’arco del 2019, sono stati eseguiti 23.810 interventi di chirurgia robotica in Italia e nel mondo questa cifra annuale ha sfiorato il milione di operazioni. L’agenzia Dire ha approfondito il tema con il Professor Francesco Basile, Presidente della Società Italiana di Chirurgia e Professore ordinario di Chirurgia presso l’Università di Catania.

‘Il futuro della Chirurgia oltre la pandemia’ è il titolo molto eloquente del 123esimo congresso della Società Italiana di Chirurgia. Cosa può anticiparci di questa edizione che si svolgerà a Catania?

“Finalmente si riprende con un congresso in presenza nazionale. Il convegno sulla Chirurgia sarà all’insegna dell’essenzialità perché ci interessa puntare a contenuti di alto livello. Un programma ricco che spazia dalla chirurgia generale alla chirurgia del pancreas, da quella del fegato a quella del colon retto e tante altre specialità trattate da professionisti di alto livello. Il titolo del congresso non a caso vuole segnare proprio la ripresa di tutta una serie di attività dopo lo stop imposto dalla pandemia e indicare la strada su come riprendere la corsa in tutti i settori, da quelli più istituzionali a quelli specifici, come nel caso della chirurgia. Insomma, un momento di scambio tra noi chirurghi per poter accrescere anche i saperi nel nostro ambito di lavoro“.

L’introduzione della robotica in chirurgia, già da tempo, ha rivoluzionato il modo di lavorare del chirurgo. Ci può ricordare i vantaggi sia per il medico che per il paziente?


“La chirurgia robotica è il presente ma rappresenta certamente il futuro. In Italia nel 2019 sono stati eseguiti ben oltre 23mila interventi di chirurgia robotica. Il 20% del totale è stato rappresentato da interventi di chirurgia generale. I vantaggi di questa metodica sono molteplici. Il chirurgo può avvalersi, attraverso le macchine, dell’ingrandimento dell’immagine su cui deve intervenire e questo conferisce una notevole precisione del gesto chirurgico, superiore a quella che si ha con il gesto manuale, e poi ci si può avvalere della rotazione del braccio robotico che è superiore a quella della mano umana. Da parte del paziente si registra un trauma minore e quindi si avverte un minore dolore, la perdita di sangue è inferiore. Tutti questi fattori insieme esitano in una maggior sicurezza durante tutte le fasi dell’intervento”.

Macchine innovative e performanti a poco servono se non c’è il personale numericamente sufficiente e preparato per farle funzionare. A che punto è la formazione dei nuovi chirurghi? Si sta pensando a nuovi percorsi in questo senso?

“Il Covid ha rallentato sicuramente il percorso formativo. Basti pensare che in questo periodo pandemico abbiamo dovuto rimandare tanti interventi in elezione poiché ci siamo concentrati soprattutto sui malati affetti dal virus che hanno invaso purtroppo gli ospedali. Questo stato di cose ha inciso notevolmente sul numero di interventi eseguito da parte dei nostri specializzandi, che è stato minore. Ora stiamo recuperando alla grande anche come liste d’attesa che si sono create nel periodo Covid. Non dimentichiamo che nel periodo pandemico gli specializzandi sono stati chiamati per aiutare nei centri covid prima per l’esecuzione dei tamponi e successivamente per la somministrazione dei vaccini. I medici in formazione dunque sono stati ‘usati’ dal Servizio sanitario nazionale. Cosa fa la Sic per aiutare la formazione? Quest’anno abbiamo organizzato con diverse Scuole di Chirurgia la formazione in ambiti differenti: endocrinochirurgia, chirurgia robotica, chirurgia laparoscopica, chirurgia del colon retto e una in proctologia. Le scuole di Chirurgia sono aperte agli specializzandi ma anche agli specialisti che si vogliono formare in un determinato campo e offrono una formazione teorico-pratica peraltro concentrata in un periodo relativamente breve. Dobbiamo incrementare però la formazione ‘tradizionale’ e riprendere quanto ‘perso’ nel periodo pandemico”.

I robot sono ugualmente distribuiti sull’intero territorio nazionale oppure ci sono differenze tra le diverse Regioni? E se così fosse le risorse del Recovery Fund possono servire a colmare questo gap?

“Le macchine robotiche non sono equamente distribuite perché ci sono regioni che hanno acquistato prima più macchine di questo tipo. Ad esempio la Toscana e la Lombardia sono due regioni che ne hanno molte. Altre regioni, come la Sicilia dove vivo io, hanno cominciato ad approvvigionarsi successivamente, per cui abbiamo disparità sull’intero territorio nazionale. Solo per fare un esempio: la Regione Toscana attualmente dispone di 12 macchine robotiche mentre in tutta la Sicilia ce ne sono 3. Io sono tra i fortunati che nella propria azienda può contare su una macchina robotica. Dobbiamo intervenire certamente su queste differenze e sicuramente il Recovery Fund può servire a questo, perché al suo interno c’è un capitolo di spesa destinato all’acquisto di tecnologie in sanità. Vorrei precisare però che non si tratta solo di acquistare ma di pagare i costi e la manutenzione di queste macchine. In alcune Regioni, tra queste ad esempio la mia Sicilia, la fatturazione per il DRG per l’attività robotica è uguale a quella dell’intervento laparoscopico. Questo significa che se il chirurgo esegue l’intervento avvalendosi della chirurgia robotica spende di più, ma l’Azienda ottiene lo stesso riconoscimento economico da parte del Ssn come se facesse un intervento in laparoscopia che in termini di spesa costa meno. Si comprende che in linea teorica a questa azienda non ‘conviene’ eseguire gli interventi in robotica che comunque facciamo perché crediamo nella tecnologia. Ma questo discorso qualunque tipo di azienda sanitaria non lo potrà fare in eterno. Per cui è giusto acquistare nuove macchine robotiche ma è altrettanto importante adeguare le fatturazioni dei DRG per chirurgia robotica, altrimenti il rischio è che nessuno eseguirà interventi più costosi rispetto ai ricavi. Esiste una Commissione Nazionale che si sta occupando di questo e spero che presto ci siano delle novità importanti in questo senso. In conclusione voglio dire che la sanità italiana in questo anno e mezzo ha dato una buona prova di sé. E’ importante che questi messaggi positivi, anche attraverso i media, arrivino alla popolazione generale”.

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