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Libano, il Generale Stecca (Unifil): “Per le elezioni nessuna misura aggiuntiva, qui sempre in allerta”

"I giovani sono il pilastro per la pace. Non c'è un modello di missione esportabile in altri contesti"

Pubblicato:07-05-2022 13:07
Ultimo aggiornamento:10-05-2022 13:57
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Dalla nostra inviata Silvia Mari

SHAMA (LIBANO) – “Non servono misure aggiuntive, qui viviamo sempre in allerta”. Il Generale Massimiliano Stecca, alla guida del sector West della missione Unifil in Libano con la Brigata di Cavalleria Pozzuolo del Friuli a cui fanno capo i Lagunari di Venezia presenti in Italbat, ha risposto così all’agenzia Dire nel corso di un incontro di saluto ieri sera presso la base di Shama, sull’eventuale necessità di rafforzare le misure di sicurezza in vista delle elezioni che ci saranno nel Paese domenica 15 maggio.

“Il 25 aprile- ha ricordato il Generale- abbiamo avuto un razzo caduto in campagna e gli israeliani hanno replicato a colpi d’artiglieria. Ci sono sempre braci che covano. C’era la Pasqua, il ramadan, i fatti nella spianata delle moschee a Gerusalemme, ci si poteva aspettare qualcosa” anche se il fuoco sembra spento, ha sottolineato il Generale, dal fiume Litani in giù si può parlare di ‘stable instability’ come il Generale Stefano Del Col, il precedente Force Commander di tutta la missione Unifil, definiva la situazione del Libano del sud, lungo la Blu Line. Ed è proprio lì che Unifil presta la sua opera di monitoraggio, sorveglianza e garanzia di sicurezza. Una linea tra Israele e Libano che esiste in pochi millimetri sulle mappe, esiste in qualche metro sulla terra tra cespugli e sentieri di terra bianca, snodandosi per oltre 120 km su piloni blu di cemento (i blue pillar) che diventano addirittura un filo invisibile di boe regolari tra le onde del mare, mentre dietro quella ‘linea armistiziale’ sorvegliata notte e giorno da Unifil quella che era una rete sta diventando sempre di più un muro, la Technical Fence che Israele sta rafforzando e che si vede sempre di più dalla strada su cui passa il convoglio dei caschi blu.


La Blue Line non è un confine, non è solo una coordinata sulle carte della geopolitica, “è quasi un organismo vivente” ha detto il Comandante del Sector West in un’immagine di forte impatto che muove equilibri geopolitici, ma poco cambia forse nella vita delle famiglie libanesi sempre più fiaccate da una forte crisi economica.

Sotto la guida del Generale Stecca operano 3.800 Caschi Blu di 16 dei 46 paesi che contribuiscono alla missione ONU, tra i quali circa 1.000 militari italiani. “Noi qui siamo i caschi blu italiani, abbiamo un credito in più per questo, lavoriamo benissimo con i libanesi e le LAF (le forze armate libanesi)”, ha detto con orgoglio ai giornalisti nel suo incontro di saluto, sottolineando come gli italiani siano particolarmente benvoluti dalla popolazione civile. Quello tratteggiato dal Generale è il resoconto di una missione italiana che dagli esordi del 1978 con gli elicotteristi al 2006 con la prima Leonte, è riuscita a garantire pace nella zona. E su ogni possibile tentazione di lettura sul modello Unifil come un metodo replicabile altrove Stecca ha chiarito: “Non c’è un modello di missione esportabile in altri contesti”, ma su una cosa non ha dubbi, “i pilastri di una pace durevole sono i bambini e gli adolescenti, i ragazzi di 16 anni che la guerra per fortuna non l’hanno vissuta e non hanno passato l’infanzia a nascondersi sotto un tavolo e anche i loro padri, anche i più rancorosi, sono contenti che questi figli non l’abbiano vissuta”. “I libanesi hanno una resilienza invidiabile”, ha concluso e non ha nascosto le sue emozioni: “Sono veneziano, sono un lagunare, il mare è tutto, e io qui mi sono sentito a casa sin dal primo giorno, da quel 17 gennaio quando sono atterrato a Beirut”. 

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