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Addio a Gianni Clerici, il cantore del tennis tra neologismi e caramelle

Giocatore di tennis, scrittore, grande giornalista, si è spento a 91 anni

Pubblicato:06-06-2022 17:13
Ultimo aggiornamento:06-06-2022 19:50

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ROMA –  È morto Gianni Clerici. Giocatore di tennis, scrittore, grande giornalista, Clerici si è spento a 91 anni, a Bellagio. Lo conferma tra gli altri Repubblica, giornale con il quale ha collaborato fino a quando ha potuto, raccontando il tennis con uno stile inimitabile. Clerici è stato inserito nel 2006 nella International Tennis Hall of Fame, secondo italiano della storia dopo Nicola Pietrangeli (nel 1986).

Dopo una carriera da giocatore professionista e ottimo doppista negli Anni ’40 e ’50 (ha partecipato a Wimbledon nel 1953 e al Roland Garros 1954), ha cominciato presto a scrivere di sport alla Gazzetta dello Sport, poi con Il Mondo e dal 1956 con Il Giorno, giornale con il quale collaborò fino al 1988, passando a L’Espresso e Repubblica. È considerato uno dei più grandi conoscitori della storia del tennis. Il suo libro ‘500 anni di tennis‘, è una bibbia del settore, ed è stato tradotto in Francia, Gran Bretagna, Germania, Giappone e Spagna. Era celebre anche per telecronache in coppia con Rino Tommasi. 

La Federtennis e Sport e Salute hanno deciso di intitolare la sala stampa degli Internazionali Bnl
d’Italia a Gianni Clerici.


LA GRANDE BELLEZZA DEL MAESTRO GIANNI

Gianni Clerici ha scritto tutto, del tennis. E quando ha finito le parole, se le è inventate. Perché la narrazione prende forma per artigianato, e diventa arte così, a volte per sottrazione altre per poesia. Apallico, disallenato, contronda, sorellicidio, verdeoro, fendiflutti, full-member. La Treccani ha un catalogo apposito, dei suoi neologismi. Ed è infinita l’aneddotica che lo riguarda, riprodotta mille volte in infinite chiacchierate, con chiunque avesse la fortuna di incrociarlo per il mondo, tra Wimbledon, Parigi, Roma e altri angoli. Ogni anfratto ha ancora la sua ombra stampata. Non ha lasciato passare le cose, ha impresso se stesso nel mondo.

Ho lo memoria di un pesciolino – diceva – ricordo solo le cose che mi sono successe cinque minuti fa”. Perché tanto non c’era bisogno di ricordare la sua vita precedente: è scritta nella Hall of Fame, nei suoi articoli, nei suoi libri, nelle sue telecronache. Quando muore uno così, che per 91 anni ha lasciato meravigliose tracce di sé di ogni tipo, la retorica volteggia sui coccodrilli in agguato. Lui avrebbe smontato la pesantezza della tristezza, come ha fatto stravolgendo l’estetica stessa delle vicende che riportava, dandole un altro colore. Aveva un pantone tutto suo, cui attingeva per istinto e mestiere. Clerici era uno capace di “attaccare” il pezzo sulla finale di Wimbledon tra Borg e McEnroe del 1980 così: “Sono stato tre ore e cinquantatre minuti senza fare la pipì”. Italo Calvino lo definì “uno scrittore in prestito allo sport”, Rino Tommasi lo aveva ribattezzato “Dottor Divago”. Ma queste storie, più o meno, le sanno tutti. E domani, quando ognuno avrà rimesso mano alla sua, ancora di più. Clerici sarà tramandato “postumo in vita”.

“Quanto a me – scrisse di se stesso – ritengo di poter paragonare la mia vicenda a quella di un tale che, rinvenuto un brandello di spartito, si sia reso conto di avere di fronte alle note di una sublime sinfonia dispersa per il Capriccio degli dei e si è sentito in dovere di ricucire quanto più possibile l’intera composizione: è quello che ho cercato di fare da solo, e con l’aiuto di altri appassionati”. E, al raddoppio, Gianni Brera disse di lui: “Gianni Clerici ha la condizione burgenses che permetteva agevolmente a suo padre di mantenere anche lui ma, essendo un comacino schietto, certi orgogli di natura pratica non poteva allenarli dal proprio animo così Gianni è giornalista regolare e inviato di un grande quotidiano. La sua specializzazione è sempre stata il tennis, ne ha scritto con piena cognizione di causa mai rinunciando a un concetto tecnicamente esatto per una frase letterariamente lusinghevole”.

Che è poi la cosa che più gli aderisce: la precisione tecnica della spiegazione non deve essere per forza noiosa. Avrebbe lasciato i suoi lettori preda della bellezza mentre li portava esattamente al punto della storia, chirurgico. Raccogliendo le parole per una vita da tennista, giovanissima staffetta partigiana, laureato in Storia delle Religioni con un tentativo monacense buddista, e poi ancora avvocato, play boy. Maria Corti disse che s’era inventato il “lombardese”. Il riassunto era sempre strabiliante.

Però, alla fine, non potendo scrivere di punto in bianco “91 anni di Clerici”, va ricordato per parzialismi. Pillole. Anzi, caramelle. Come quelle che distribuiva – lui, il Maestro – ai giovani colleghi, e ai ragazzi che facevano funzionare la sala stampa del Foro Italico durante il torneo di Roma. Ne portava sempre con sé, apposta. Non mancava mai di offrirne col sorriso. Proust aveva le madeleine, Clerici ha spezzato in una caramella il suo tempo. È stato uno solo. Declinarlo al passato, adesso che è morto, pare davvero impossibile.

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