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Massimo Carminati, ecco chi è il “delinquente abituale”

Tutta la vita del "vecchio fascista degli anni Settanta"

Pubblicato:20-07-2017 14:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:33

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ROMA – “Io sono un vecchio fascista degli anni settanta e sono contentissimo di quello che sono”. Massimo Carminati non è tipo da fare passi indietro. Lo dice la sua storia, lo dice la sua vita, vissuta pericolosamente. Esponente di spicco della malavita romana, nonostante sia nato a Milano, il 31 maggio del 1958, Carminati è un ex militante di Avanguardia nazionale, poi dei Nuclei armati rivoluzionari (Nar).

In seguito è diventato membro di rilievo della Banda della Magliana. Arrivato nella Capitale con la famiglia negli Anni 60, Carminati inizia a frequentare la sezione del MSI di Marconi, mentre sui banchi di scuola conosce Alessandro Alibrandi e Valerio Fioravanti.

Entra nel gruppo Nuclei Armati Rivoluzionari, viene tra l’altro accusato, ma poi prosciolto per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli.


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Poco più che 21enne, insieme ad altri esponenti di Nar e Avanguardia Nazionale, tra cui Fioravanti e Alibrandi, Carminati partecipa ad una rapina alla filiale della Chase Manhattan Bank, zona Eur. In un secondo momento una parte del bottino verrà data da Carminati e Alibrandi a Franco Giuseppucci, boss della Banda della Magliana, per essere riciclata.

Nella seconda metà degli Anni 70 Carminati finì per convogliare tutti i suoi sforzi nella criminalità organizzata che, in quella seconda metà degli anni settanta era contraddistinta, nella capitale, da una pressoché totale egemonia da parte della Banda della Magliana.

È il 1981, il 20 aprile, quando Carminati fu catturato mentre tentava di fuggire all’estero in compagnia dei due avanguardisti Domenico Magnetta e Alfredo Graniti.

Perché lo chiamano ‘er Cecato’

Si trovava in provincia di Varese quando a bordo di una Renault 5, obiettivo la Svizzera, fu fermato da un posto di blocco della Polizia: ci fu una sparatoria, la raffica colpì l’auto, un proiettile trapassò il parabrezza infilandosi nell’orecchio sinistro di Carminati, raggiungendo l’occhio. Portato in ospedale, sopravvisse ma lo perse: da qui il soprannome di ‘Cecato’ o ‘Pirata’. Il 28 maggio 1982 viene rinviato a giudizio insieme ad altri cinquantacinque neofascisti del gruppo dei Nar, diversi i capi d’imputazione: dalla strage alla rapina, all’omicidio, alla violazione della legge sulle armi.

Scarcerato pochi mesi dopo per motivi di salute, tornerà ben presto in carcere con l’accusa di banda armata e associazione sovversiva. Ulteriore condanna nel 1987 per la rapina alla filiale della Chase Manhattan Bank. Nove i capi d’imputazione: tra cui la rapina, il porto illegale di armi, la ricettazione, le lesioni personali. Ma su questa pena intervenne un primo indulto del 1986 e un secondo.

La vicenda giudiziaria

Avendo Carminati dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione, gli fu riconosciuto un ulteriore sconto di 7 mesi. Nel processo che vide alla sbarra l’intera Banda della Magliana, iniziato a Roma, il 3 ottobre del 1995 e in cui 69 appartenenti al clan furono chiamati a rispondere di vari reati, il pubblico ministero Andrea De Gasperis chiese, per Carminati, una pena pari a 25 anni di carcere e dopo due gradi di giudizio, fu condannato a 10 anni di reclusione in primo grado, ridotti a 6 anni e 6 mesi in appello. Nell’aprile 2005 il Tribunale di Perugia ha condannato Carminati a quattro anni di reclusione per un furto avvenuto a Roma il 17 luglio del 1999, ai danni del caveau della Banca di Roma.

Nel 2010 prima la conferma della pena da parte della Cassazione poi la sospensione decisa dal procuratore generale di Perugia. Con l’indulto del 2006, luglio 2010, Carminati ottiene l’affidamento in prova e a gennaio 2011 la pena è estinta.

Fino ad oggi, da “delinquente abituale“, con la condanna a 20 anni di reclusione per Mafia Capitale.

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