NEWS:

Re David: “Il lavoro non è smart se dura 24 ore”

La segretaria della Fiom Cgil: "Servono nuove norme. Resistenza dal governo e dalle imprese, ma il lavoro non è così agile"

Pubblicato:12-05-2020 15:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:18

francesca-re-david
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – “Il lavoro a distanza deve avere un orario definito, deve esserci il diritto alla disconnessione, deve essere volontario, e non puoi lavorare 24 ore su 24″. La segretaria generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David, avverte sull’evoluzione di una modalità di lavoro, che si è resa necessaria per la pandemia, ma che va ricondotta a regole precise.

Intervistata via Skype dalla ‘Dire’, la leader dei metalmeccanici della Cgil ricorda: “Non c’è dubbio che l’emergenza sanitaria sta producendo dei grandi cambiamenti, con da un lato lo sviluppo enorme dello smart working e dal’altro le trasformazioni dentro luoghi di lavoro, due elementi che vanno tenuti insieme”. E spiega: “Dentro i luoghi di lavoro i protocolli prevedono il distanziamento, che significa cambiare le postazioni di lavoro e le aziende che guardano più al futuro hanno cambiato completamente la struttura della fabbrica. Così si è messa la salute e l’organizzazione del lavoro al centro della discussione tra sindacati e imprese, cosa che non succedeva da tempo e contro cui le imprese hanno lavorato dagli anni 80 in poi, perchè dicevano che di quello che succede nei luoghi di lavoro se ne occupa l’impresa”.
Re David sottolinea che “nel passato abbiamo sempre tentato di diffondere il telelavoro e lo smart working come modalità volontaria di lavoro e abbiamo sempre trovato grossa resistenza. Oggi invece c’è un dilagare di uno strumento che viene chiamato impropriamente smart working perché in realtà si tratta di lavoro a distanza: lo smart working volendo lo puoi fare dove ti pare e di solito si fa massimo 2 giorni a settimana, non tutti i giorni. Il modo in cui viene utilizzato oggi per necessità- continua- ha eliminato degli aspetti fondamentali come la volontarietà del lavoratore che credo sia un punto centrale. E poi anche che il lavoro a distanza deve avere un orario definito, deve avere il diritto alla disconnessione, non puoi lavorare 24 ore su 24, devi avere strumenti che ti mette a disposizione l’azienda e la connessione qualcuno te le deve pagare. Insomma- rileva la sindacalista- bisogna porsi il tema della regolamentazione dello smart working che deve ritornare ad essere una modalità volontaria, a parità di diritti, che si deve mescolare con il lavoro in azienda. Se non si fa questo, il rischio è che ad esempio per la donna diventi una doppia gabbia, visto che le donne ora hanno tutti a casa mentre lavorano e si configuri, sempre di più, come un lavoro autonomo e quindi i posti di lavoro in azienda vengano cancellati”.


Infine, Re David riferisce di “una fortissima resistenza delle imprese e anche del governo, mi pare, a una regolamentazione più chiara, che deve essere demandata ai contratti, mettendo per iscritto i contorni. Noi, contratto per contratto, metteremo al centro questo tema”.

“CON LO SMART WORKING LE DONNE PENALIZZATE”

Le donne sono particolarmente penalizzate dalla pandemia. Lo sottolinea la segretaria generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David: “I rischi li vediamo tutti e siamo molto preoccupati, infatti stiamo mettendo in calendario delle riunioni con le sindacaliste e le delegate per andare più a fondo rispetto a quello che già si vede. Lo smart working di per sé può diventare un elemento di segregazione per le donne, può diventare un elemento di doppio carico, impedendo quella libertà personale che l’andare nel luogo di lavoro ti dà, e può diventare una doppia gabbia, visto che le donne ora hanno tutti a casa mentre lavorano. Su questo- avverte la sindacalista- bisogna fare molta attenzione, poi bisogna fare attenzione a quello che questa pandemia ci ha insegnato, cioè che bisogna mettere risorse nello stato sociale, quindi nella sanità e nell’assistenza”.

Per Re David l’impoverimento generale derivante dalla pandemia “produrrà un ulteriore carico sulle donne, che sono già le più fragili dal punto di vista del lavoro. Nell’industria- ricorda- c’è un divario salariale molto ampio che è determinato dal fatto che le donne fanno meno straordinari e meno carriera e in questa fase chi prende il congedo parentale al 50%? Chi guadagna di meno così si perde di meno nello stipendio familiare. Quindi il rischio di penalizzare le donne c’è e l’unica cura è salvaguardare la cosa positiva che questa pandemia sta producendo: mettere il lavoro al centro, perché ci può essere lo smart working e la digitalizzazione quanto ti pare ma le fabbriche senza i lavoratori sono ferme e anche il lavoro digitale senza le persone non produce“. Infine la leader della Fiom sottolinea che “non è un bel segnale che nelle task force del governo di donne ce ne siano veramente troppo poche”.

LEGGI ANCHE: Coronavirus, Conte integra con più donne le task force di Colao e del Cts

“ITALIA UNICO PAESE CON REGOLE PER LA SICUREZZA DEI LAVORATORI”

“Ci siamo trovati tutti in una situazione in cui nessuno avrebbe mai pensato di trovarsi, un inedito assoluto che ha prodotto e produce elementi di difficoltà evidenti, e la confusione della prima fase sarà un elemento su cui riflettere, come pure i disastri compiuti in questi anni con i tagli al sistema sanitario”. La segretaria generale della Fiom-Cgil rivendica il ruolo del sindacato e della Cgil in particolare nella gestione dell’emergenza coronavirus.

“I protocolli che il sindacato ha proposto e imposto hanno preso il largo dopo una prima fase in cui i lavoratori non erano stati presi in considerazione e sono stati generalizzati”, osserva.

Ora, spiega la sindacalista, “siamo l’unico paese in Europa che ha dei protocolli che definiscono come si deve lavorare e siamo gli unici ad avere definito per legge la chiusura dei luoghi di lavoro. Il sindacato ha svolto un ruolo fondamentale per rimettere il lavoro al centro di questa discussione”. Infine, Re David sottolinea la “incredibile resistenza di Confindustria” nel fermare le attività e il “confronto tra governo e regioni che non ha certo giovato”.

“LINGUAGGIO DI BONOMI INADEGUATO, FORZATURE DA CONFINDUSTRIA”

“Questa è una crisi fondata sulla necessità di mettere in sicurezza la vita, da cui discende una crisi economica che per i metalmeccanici sarà lunghissima, probabilmente molto più che in altri settori, quindi è una crisi che dovrebbe stimolare una capacità di dialogo, perché abbiamo un interesse comune”. Questa la premessa della segretaria della Fiom, Francesca Re David, che, intervistata dalla ‘Dire’, replica al presidente in pectore di Confindustria: “Per questo ho trovato molto inadeguato alla fase il linguaggio di Bonomi: in un momento in cui c’è bisogno di confronto e di condividere le scelte ho visto un atteggiamento aggressivo, come ho trovato inadeguato che le confindustrie delle quattro regioni più impattate dalle pandemie siano state le prime a forzare, insieme alle migliaia di domande arrivate alla Prefettura per riaprire quello che non si doveva riaprire”. La sindacalista avverte: “Si è riaperto il 4 maggio, ma vorrei svelare un segreto di Pulcinella: dal 10 aprile per la montagna di domande di deroga arrivate alle prefetture, la Lombardia era aperta al 80% nell’industria, con delle forzature consistenti“.

Per Re David “il contratto contratto nazionale va rilanciato a tutti i livelli perché crea un elemento di unità, a Ricolfi- conclude- vorrei dire che i disoccupati hanno un costo molto più alto per lo Stato rispetto ai lavoratori, quindi se vogliamo uno Stato non assistenziale bisogna rimettere al centro il lavoro, la sua redistribuzione e la sua remunerazione”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it