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Psicoterapia in Italia: cresce la domanda di terapie per la salute mentale

Ma se la legislazione italiana è tra le più garantiste per gli utenti, ritorna la de regulation, aumenta la confusione e non c’è un equo accesso alle prestazioni da parte dei cittadini

Pubblicato:30-10-2023 10:42
Ultimo aggiornamento:30-10-2023 10:42
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Consulta delle Scuole di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale CONVEGNO
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ROMA – Aprire ad una interlocuzione con Istituzioni e operatori per condividere alcune problematiche connesse allo stato attuale della psicoterapia in Italia che sono potenzialmente dannose per i pazienti. Con questo obiettivo la Consulta delle Scuole di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale e il suo Presidente, il prof. Francesco Mancini, hanno organizzato a Roma lo scorso 23 ottobre scorso, nell’Istituto di Psicologia della Università Pontificia Salesiana, il ConvegnoLa valutazione tra pari nelle scuole di psicoterapia cognitivo-comportamentale a garanzia della qualità della formazione e degli interventi in ambito di salute mentale‘.

Il primato italiano

L’Italia detiene il primato di avere istituito una specializzazione in Psicoterapia regolamentata per legge, sotto la vigilanza del Ministero della Università e della Ricerca (MUR), la legge n. 58/1989 che definisce la professione di psicologo e quella di psicoterapeuta ed è tra le leggi più garantiste per gli utenti. Riguarda anche l’unica specializzazione di area sanitaria che può essere erogata oltre che dalle Università statali e non statali, anche da Istituti privati riconosciuti dal MUR. Il profilo professionale, il curricolo degli studi e l’organizzazione didattica sono prescritti da un apposito regolamento del MUR. 

Criticità e contraddizioni

E la formazione dello psicoterapeuta richiede un’assunzione di responsabilità soprattutto quando questa è erogata da soggetti privati che rilasciano un titolo pubblico con valore legale. La Consulta delle Scuole di Psicoterapia Cognitivo Comportamentale a partire dal 2019 ha avviato un programma di standardizzazione di criteri di accreditamento nell’ambito di un sistema di qualità tra pari, programma giunto a maturazione con la 3a edizione del manuale e implementato nelle scuole aderenti alla Consulta. Il Convegno ne ha presentato i risultati, per promuovere una riflessione su funzioni e compiti dello psicoterapeuta, specificando cosa lo caratterizzi nell’esercizio della professione, ed evidenziare contraddizioni nel sistema che generano oggi perplessità.


Verso uno “psicologo di base”

Innanzitutto, la questione dell’istituenda figura dello “psicologo di base”, oggi al vaglio in ben 7 proposte di legge nazionali (per non tener conto delle leggi regionali) anche se con diverse denominazioni per la figura stessa. Ospite del Convegno, l’On. Luciano Chiocchetti, Vicepresidente XIIma Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, primo firmatario di una di esse, che ha sottolineato la centralità oggi del tema della tutela della salute mentale, da affrontarsi attraverso l’organizzazione di una rete strutturale di servizi dedicati sul territorio. Il “Bonus psicologo” – ha detto – “è stata una misura emergenziale del Governo. Le proposte di legge sul cd “psicologo di base”, pur nelle loro differenze, hanno tutte in comune la volontà di uscire da una risposta emergenziale con l’inserimento nelle strutture sanitarie territoriali di una presenza organizzata di prima accoglienza, che sappia farsi carico del paziente, individuarne le patologie e indirizzare poi ai competenti centri o medici capaci di risolvere quelle patologie. In accordo e sinergia con i Dipartimenti di salute mentale o i Centri di salute mentale”. “Per arrivare ad un testo unico da sottoporre all’Aula è necessario confrontarsi per stabilire quale tipo di formazione debba essere posseduta da questa figura che andrà ad operare nelle nascenti Case di Comunità o nelle Case della Salute previste dal DM 77, anche non esattamente per fare psicoterapia quanto – ha ribadito – per fare diagnosi, analizzare la domanda e indirizzare il paziente verso l’intervento migliore, anche di psicoterapia, per quel caso specifico”.

È questo uno dei nodi che la Consulta vorrebbe sciogliere. Ci sono fasce di popolazione non abbienti che hanno difficoltà oggi a sostenere i costi di una psicoterapia; poterla erogare attraverso il Sistema Sanitario Nazionale, ma da parte di chi ha già la formazione e l’esperienza garantite dalla legge per farlo, come gli psicologi psicoterapeuti, sarebbe davvero un segnale importante. La figura dello “psicologo di base” si porrebbe come figura intermedia tra il paziente e il ruolo dei DSM e dei CSM e dei reparti di psichiatria cui potrebbe esser avviato con consapevolezza e competenza il paziente. Ma esiste una criticità nell’individuazione di quale debba essere il profilo professionale di tale “psicologo di base”, visto che nei criteri per la sua definizione allo stato non viene menzionato quello di essere formato come “psicologo psicoterapeuta”. Invece, ha spiegato il prof. Francesco Mancini, la legge italiana distingue chiaramente il ruolo dello Psicoterapeuta, la cui specificità è stata più volta ribadita da regolamenti ministeriali e da sentenze della Cassazione.  Va ricordato che in Italia, su un totale di circa 120.00 psicologi, 70.000 sono già specializzati in psicoterapia, 19.000 lo saranno nei prossimi anni, che il sistema di specializzazione delle Scuole è riconosciuto e controllato dal MUR e si è più che perfezionato negli ultimi 30 anni, e che le competenze di uno psicologo specializzato sono le più adeguate a svolgere le funzioni dello psicologo di base. Tutto ciò porta alla conclusione che sia opportuno non sprecare le risorse esistenti e offrire all’utenza un servizio specialistico e appare ragionevole affidare il ruolo di psicologo di base a psicologi psicoterapeuti.

Gli altri “nodi”

Altri nodi problematici caratterizzano l’attuale fase della psicoterapia italiana. Uno di essi è che, a fronte di un ordinamento della psicoterapia che vede l’Italia tra i paesi più capaci di controllare il processo di formazione e dunque di garantire gli utenti, stiamo assistendo invece a una deriva che ha almeno due aspetti negativi. Il primo è che la cura dei disturbi mentali è sempre più spesso erogata da professionisti non specializzati, in molti casi nemmeno laureati in psicologia. Il secondo è legato alla diffusione della didattica a distanza avvenuta grazie alle restrizioni legate alla pandemia. È ormai vastissima l’offerta di formazione a distanza nelle più diverse tecniche di psicoterapia e per un verso sarebbe un fenomeno positivo, se non fosse che in molti casi le tecniche insegnate non hanno prove scientifiche della loro efficacia e comunque non rientrano tra quelle suggerite dalle linee guida nazionali e internazionali. Per giunta, la formazione è proposta anche a professionisti non specializzati e non specializzandi in psicoterapia e dunque fuori dall’ordinamento didattico prescritto dal MUR.  Il rischio è che chiunque segua questi corsi si senta autorizzato a curare pazienti, illudendosi che la formazione in psicoterapia possa limitarsi all’apprendimento di tecniche. La conoscenza delle tecniche terapeutiche è necessaria, invece, ma assolutamente non sufficiente, anzi potenzialmente dannosa, se non tiene conto delle conoscenze del funzionamento mentale alla base dei diversi disturbi, indispensabili per un corretto ragionamento clinico. Come pure è necessario l’addestramento alla gestione della relazione terapeutica. Un rischio di svilimento della professione che appare particolarmente grave soprattutto in questo momento storico, proprio per l’aumentata richiesta di psicoterapia che ha fatto seguito alla pandemia. Un altro punto critico riguarda proprio la mancanza di risposta del SSN alle esigenze di salute mentale di una larga parte della popolazione, in particolare di quella meno abbiente, come è stato ben rappresentato dal prof. Alberto Siracusano, dal prof. Giuseppe Nicolò, rispettivamente Presidente e Vicepresidente del Tavolo per la Salute Mentale voluto dal Ministro della Salute, e dal prof. David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale degli Psicologi.

Superare le confusioni

Sulla distinzione tra le competenze dello psicologo non specializzato e quelle dello psicologo specializzato in psicoterapia permangono inoltre delle incomprensioni. In realtà, l’art. 3 della legge di costituzione della professione di psicologo affida con chiarezza solo agli specializzati in psicoterapia la cura dei disturbi mentali. Come specificato nel DM  509/1998 che definisce il regolamento delle Scuole riconosciute dallo Stato: “….la psicoterapia – è definita come trattamento e cura non farmacologica dei disturbi della psiche. Similmente, per la Corte di Cassazione vale una nozione di attività psicoterapeutica teleologicamente orientata, che richiede come presupposto la diagnosi e come obbiettivo la cura di disturbi psichici. I disturbi della psiche sono caratterizzati da due elementi: la sofferenza emotiva e la disfunzionalità. È chiaro che qualunque definizione di fenomeni complessi quali i disturbi mentali, lascia sempre dei casi grigi. Alcuni disturbi di personalità, ad esempio il disturbo antisociale, non implicano necessariamente sofferenza e disfunzionalità rispetto agli scopi del paziente. Per giunta la differenza fra normalità e disturbi non è netta ma sfumata, ad esempio molte persone hanno qualche compulsione di controllo, ma non tutti sono ossessivi. Inoltre, la diagnosi è basata su interviste cliniche e test psicologici, non ci sono a disposizione marker biologici come quelli che si riscontrano con le analisi del sangue, e ciò implica che per giungere a una diagnosi affidabile sia necessaria una buona esperienza clinica. Dunque, nei disturbi mentali come del resto in tutti i disturbi, i criteri diagnostici hanno margini non sempre del tutto netti. Tuttavia, è ragionevole che la definizione della psicoterapia faccia riferimento ai casi tipici e non a quelli marginali. Sarebbe a dir poco fuorviante definire la diversità delle competenze specifiche degli psicologi da quelle degli psicoterapeuti facendo riferimento alla zona grigia che inevitabilmente qualunque definizione comporta.

Il prof. Cesare Maffei, Presidente della Commissione tecnico Consultiva del MUR per le scuole di Specializzazione in Psicoterapia, ha evidenziato che “da un lato è indispensabile che la delega formativa specialistica si posizioni su livelli qualitativi omogenei e valutabili, e dall’altro che si accresca la consapevolezza, non soltanto a parole, di quanto ciò rappresenti per la società un valore di enorme portata. La sofferenza psicologica è in aumento, soprattutto nei bambini e negli adolescenti, le risposte delle istituzioni pubbliche sono spesso carenti, e quindi non è più accettabile che il sistema formativo delle Scuole di Psicoterapia sia considerato come un luogo che sforna specialisti chiusi in uno studio privato, aperto soltanto a chi se lo può permettere. La responsabilità è di tutti, ed è insieme che va affrontata.” È ben chiaro – come spiegato anche dalla dr.ssa Luisa De Paola, dirigente dell’Ufficio del MUR preposto al riconoscimento e al controllo delle Scuole di Psicoterapia (Ufficio V della Direzione generale degli ordinamenti della formazione superiore e del diritto allo studio)come lo Stato abbia affidato alle Scuole l’importante responsabilità di formare psicoterapeuti.  Responsabilità più che mai importante in un momento storico in cui assistiamo alla proliferazione di offerte formative in tecniche psicologiche, le più variegate, al di fuori di ogni controllo statale e dunque senza alcuna garanzia per chi frequenta questi corsi e di conseguenza senza alcuna garanzia per i loro pazienti.

Lo strumento del Manuale

Ed è proprio la consapevolezza delle proprie responsabilità che ha portato la Consulta a mettere a punto la terza edizione di un Manuale per il controllo fra pari della qualità.  Il Manuale, presentato dalla dr.ssa Susanna Pizzo, membro del CD della Consulta, si ispira al progetto inglese del Network Community of Communities finalizzato a monitorare la qualità dei contesti di cura. Si tratta di un progetto strutturato di auto ed etero valutazione, realizzato tra coppie di scuole di specializzazione che afferiscono alla Consulta, dislocate in varie Regioni d’Italia, per mezzo di visite incrociate.  Ma quali sono gli aspetti più rilevanti emersi dal processo di valutazione? In accordo con il prof. Carlo Ricci, membro del CD della Consulta, se ne individuano tre: l’adesione al Manuale della qualità ha permesso a tutte le scuole di trarre beneficio dal confronto tra pari alzando il livello di omogeneità nelle procedure tra le scuole pur mantenendo ognuna le proprie specificità nei programmi di formazione; c’è stata una più che significativa partecipazione all’iniziativa con l’87,9% delle scuole appartenenti alla Consulta che hanno aderito; i risultati sono stati eccellenti. Là dove potevano esserci delle difformità le Scuole hanno provveduto a intraprendere tutte le azioni necessarie e sufficienti per adeguarsi agli standard di qualità prescritti dal manuale. 

Nelle conclusioni del prof. Mancini, l’auspicio è che – a latere dell’opera della Consulta all’interno delle attuali 31 Scuole associate a garanzia della qualità della didattica, della formazione degli specializzati e quindi degli interventi erogati al paziente –, si sviluppi  un dialogo  proficuo con tutti i soggetti referenti, che riconosca il ruolo dello psicologo psicoterapeuta formato, se possibile lo impieghi nella necessaria riorganizzazione delle strutture territoriali sanitarie più vicine al cittadino, superi la confusione tra psicoterapia e psicologia e consenta di dare una risposta adeguata al bisogno crescente di assistenza in questo variegato ambito delle patologie umane che è la salute mentale.  Se questo dialogo saprà poi tradursi in ascolto e quindi in una effettiva collaborazione tra Istituzioni, Ministeri, Associazioni, Scuole e Università, l’obiettivo di una maggiore qualità della formazione degli operatori, e trasparenza della sua certificazione, potrà essere raggiunto e con esso quello della certezza di agire per il bene dei pazienti.

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