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Caso della piccola Lavinia, poliziotto al processo: “Asilo gestito con contratto di abitazione privata”

Legale dei genitori: "Un asilo 'fantasma'" La replica della difesa: "Regolamento del Comune sui nidi famiglia mai notificato alla mia cliente"

Pubblicato:30-05-2022 13:54
Ultimo aggiornamento:30-05-2022 17:08
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giustizia-tribunale
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ROMA – Si è svolta questa mattina al Tribunale di Velletri la terza udienza sul processo per il caso della piccola Lavinia Montebove, la bimba rimasta in stato vegetativo a 16 mesi dopo essere stata investita in asilo il 7 agosto 2018. Sul banco degli imputati la maestra Francesca Rocca, titolare dell’asilo la Fattoria di mamma cocca e imputata per abbandono di minore, e la mamma investitrice Sara Colonnelli, difese dall’avvocata Anna Scifoni. Entrambe presenti in aula, come anche i genitori della piccola, Massimo Montebove e Lara Liotta, con il loro legale Cristina Spagnolo. Il pm è Giovanni Taglialatela e la giudice Eleonora Panzironi.

Sono stati sentiti oggi i primi operanti intervenuti sul posto subito dopo l’accaduto. Ha riferito, come riportato nel suo verbale, di “tracce ematiche in terra nell’immediatezza dell’ingresso e in prossimità del cancello”, l’ispettore Moreno Corelli, poliziotto e primo testimone audito che ha descritto l’asilo frequentato dalla piccola come una struttura alla quale, come da suoi accertamenti, “mancavano molte autorizzazioni: non risultava agli atti dell’ufficio del Comune di Velletri alcun documento sul nuovo regolamento dei nidi famiglia e nemmeno all’Asl Roma 6 un documento con un parere igienico sanitario”, ha dichiarato.

Nello stesso giorno venne disposto il sequestro della struttura e lo stesso poliziotto ha riferito che “Francesca Rocca, la maestra titolare contraente del contratto di assicurazione, aveva un contratto di locazione che risultava a titolo personale e abitativo“. Sempre lo stesso teste ha risposto alle domande riferendo che non risultavano partita iva e codice fiscale. 


LA REPLICA DELLA DIFESA

Su questo punto, cruciale nell’udienza odierna, alla Dire ha replicato l’avvocata della difesa delle due imputate, Anna Scifoni: “Il nido famiglia- ha dichiarato- è una struttura la cui attività viene svolta da una persona abilitata, come è la mia cliente, in una struttura familiare e può svolgersi in un’abitazione normale che non ha bisogno di idoneità. Il regolamento del comune di Velletri è del luglio 2017 ed è subentrato quando la struttura era già aperta e il 3 gennaio 2018 l’ordinanza emanata non è mai stata portata a conoscenza né notificata alla titolare, mia cliente”.

Inoltre, l’avvocata della difesa ha aggiunto: “Il poliziotto in aula ha detto ‘mi sono limitato ad acquisire le delibere’, ma ripeto la struttura non ha la necessità di un codice fiscale autonomo o partita iva. Si tratta di strutture amicali e la maestra titolare poteva fare ricevute a suo nome, senza necessità di persona giuridica. È una scelta educativa dei genitori. Si chiama nido famiglia per questo. Come se una baby sitter tenesse i figli a casa”, ha puntualizzato Scifoni.

È stato poi ascoltato Antonio Agostinelli, all’epoca dei fatti nella Polizia stradale di Albano, intervenuto sul posto per i primi rilievi, che ha confermato di aver visionato personalmente l’autovettura dell’investitrice e ha parlato di “tracce freschissime, incisioni, graffi e tracce ematiche sulla parte anteriore destra dell’autovettura” che ha dichiarato di aver visto, mentre “non c’erano tracce di frenata”. Nessuna domanda per Oreste Cipriani della polizia scientifica. Il quadro emerso è quello di una struttura che alle verifiche presso gli uffici comunali di riferimento non risultava aver risposto al nuovo regolamento del comune di Velletri, come riferito dal teste in aula e che per la difesa non aveva ricevuto notifica delle nuove regole.

La retta dell’asilo, come hanno riferito i genitori alla Dire, era comunque in linea con quella degli asili privati: “Oltre 300 euro”. La prossima udienza è in programma per il 6 giugno, mentre le imputate saranno ascoltate il 27 dello stesso mese. La calendarizzazione spedita fa sperare ai genitori della piccola che sia scongiurato lo spettro della prescrizione. 

LEGALE DEI GENITORI: “È EMERSO CHE ERA UN ASILO FANTASMA”

“È emerso che la struttura gestita da Francesca Rocca non avesse le necessarie autorizzazioni amministrative e sanitarie, né partita IVA né codice fiscale autonomo e un contratto di locazione registrato ad uso abitativo a favore dell’imputata. Sembrerebbe quasi che questo fosse un asilo fantasma“. Così Cristina Spagnolo, legale delle parti civili, alla Dire commenta quanto emerso dall’udienza che si è svolta questa mattina al Tribunale di Velletri sul caso della piccola Lavinia Montebove, la bimba investita a 16 mesi all’asilo a Velletri e rimasta in stato vegetativo dal 7 agosto 2018.

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“Al Comune- ha ribadito ancora Spagnolo- non era stata presentata alcuna Scia, così come previsto dal regolamento del 2017, nessuna comunicazione è mai arrivata agli uffici Asl competenti, non era registrata all’Agenzia delle Entrate con autonomo codice fiscale ed esercitava in uno stabile locato ad uso abitativo. Con queste premesse alcuna amministrazione avrebbe potuto esercitare alcuna forma di controllo sull’idoneità, dal punto di vista igienico sanitario e della sicurezza“.

Imputate per quanto accaduto alla piccola Lavinia, che oggi si trova in uno stato di minima coscienza e non tornerà più la bimba che era, sono l’investitrice Chiara Colonnelli, per lesioni gravissime, e la maestra e titolare dell’asilo Francesca Rocca, per abbandono di minori, presenti in aula anche questa mattina, e assistite dall’avvocata Anna Scifoni.

GENITORI DI LAVINIA: “NON CHIEDIAMO VENDETTA MA PROCESSO E GIUSTIZIA

“L’effetto è terribile, abbiamo scoperto nuovamente con le persone che hanno testimoniato oggi che l’asilo operava in un quadro di superficialità che come genitori ci sconvolge. Sarebbe bastato molto meno di così per non affidargli i figli nemmeno il tempo di un caffè”. È la mamma della piccola Lavinia Montebove, Lara Liotta, a commentare a caldo alla Dire l’udienza di oggi al Tribunale di Velletri in cui sono stati sentiti i primi operatori di polizia intervenuti sul luogo dove la piccola, che oggi ha 5 anni, è stata investita all’asilo a Velletri che frequentava rimanendo da allora in stato vegetativo.

“È un atteggiamento rimasto immutato in questi anni e durante il processo. Abbiamo apprezzato l’investitrice che ha avuto con noi dei contatti. Per quanto riguarda la maestra c’è stato un tentativo di approccio durante la prima udienza, ma è stato fatto a favore di telecamere e preferiamo non avere nulla a che fare con quella signora”, ha dichiarato alla Dire il papà della piccola Massimo Montebove. Ai giornalisti ha espresso la sua fiducia su una calendarizzazione delle udienze che procede spedita e questo “dovrebbe essere un pò il primo passo per cercare di evitare la prescrizione. Noi non chiediamo vendetta assolutamente, sono anche un uomo delle forze dell’ordine- ha aggiunto- ma giustizia e un processo che dovrà accertare le responsabilità che ci sono”.

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