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Israele, la resa di Netanyahu e l’ombra del processo: elezioni il 17 settembre

Dopo 7 settimane di trattative andate a vuoto ieri a mezzanotte è scaduto il termine che il Capo dello Stato, Reuven Rivlin, aveva affidato a Netanyahu. Bibi si è dovuto arrendere all'incompatibilità tra Lieberman e i partiti religiosi

Pubblicato:30-05-2019 07:14
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:20

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ROMA – “Netanyahu ha subito una delle più grandi sconfitte della sua carriera politica”. E’ il giudizio del quotidiano liberal ‘Haaretz’ dopo che ieri la Knesset ha sancito il ritorno alle elezioni in Israele per il prossimo 17 settembre perchè il primo ministro incaricato, Benjamin Netanyahu, non è riuscito in un mese e mezzo a formare un governo di destra. Severa anche l’analisi del Jerusalem post: “È stata la prima volta nella storia di Israele che un candidato primo ministro non è riuscito a formare una coalizione dopo essere stato incaricato dal presidente della Repubblica dopo le elezioni”.

Per realizzare il quinto mandato personale ‘Bibi’ avrebbe dovuto mettere in piedi una maggioranza insieme ai partiti religiosi e alla lista ‘Yisrael Beytenu’ dell’ex ministro Avigdor Lieberman, rappresentante della minoranza russa del paese, determinante con i suoi 5 seggi per garantire la fiducia al governo.

Dopo 7 settimane di trattative andate a vuoto ieri a mezzanotte è scaduto il termine che il Capo dello Stato, Reuven Rivlin, aveva affidato a Netanyahu. Bibi si è dovuto arrendere all’incompatibilità tra Lieberman e i partiti religiosi. Il leader del partito filo russo era promotore di un disegno di legge che avrebbe ampliato l’obbligo del servizio militare agli ultraortodossi, una proposta che i due partiti religiosi non avrebbero mai potuto accettare.


“Quella del Likud è una resa agli ortodossi, io non accetterò mai un paese fondato esclusivamente sulla legge ebraica”, ha tuonato ieri sera Lieberman mentre i dirigenti del partito di Netanyahu lo accusavano di “far parte del blocco di sinistra”.

Quindi, ieri notte l’epilogo. La Camera ha approvato la proposta del Likud di sciogliere il parlamento e andare a nuove elezioni il 17 settembre con 74 voti a favore contro 45, stoppando così il Capo dello Stato che avrebbe potuto affidare l’incarico o a un altro esponente del centrodestra o al leader del centrosinistra, Benny Gantz, che alle urne, un mese e mezzo fa, aveva ottenuto gli stessi seggi del Likud. A votare per le elezioni, senza concedere una chance alla sinistra, anche i due partiti arabi.

I deputati laburisti e di ‘Blu e bianco’ (il movimento di Gantz) ieri sera urlavano “vergogna” durante la seduta della Knesset e da oggi dovranno riorganizzarsi per sfidare nuovamente Netanyahu che rischia, proprio a settembre, di essere rinviato a giudizio per corruzione. Intanto, nel Labour c’è chi lancia l’idea di presentarsi con una lista unica insieme ai rappresentati arabi.

Oggi è arrivato in Israele Jared Kushner, marito della figlia e consigliere del presidente Usa, Donald Trump. La missione nasce nell’ambito dei colloqui sul piano di pace americano tra israeliani e palestinesi, ma invece che incontrare il primo ministro di Israele, Kushner incontrerà un leader in crisi che dovrà ricominciare un’altra campagna elettorale per provare a sopravvivere politicamente.

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