NEWS:

Coronavirus, lo pneumologo in corsia: “Qui siamo soli, noi e i Covid”

In un lungo post di facebook un medico che lavora in corsia all'ospedale di Taranto racconta le sensazioni e le fatiche di questi giorni

Pubblicato:30-03-2020 08:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:03
Autore:

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

BARI – “Al momento siamo soli al Moscati: noi e i Covid“. È una delle frasi contenute in un lungo racconto affidato a Facebook da un medico pneumologo dell’ospedale Moscati di Taranto. Il post, che racconta la vita in corsia di questi giorni e il desiderio a fine giornata di togliere “quella mascherina che ti brucia il viso e quella tuta che ti asfissia” è stato rilanciato dall’Ordine dei medici e dei chirurghi ionico.

LEGGI ANCHE: “Ci dipingono come eroi, ma lavoriamo con la paura”. Parla un infermiere a Bologna

Il post-racconto comincia così: “Tutti i rumori nella notte si amplificano e, nel buio della mia stanza, ascolto il respiro affaticato di mia madre nella stanza accanto che a volte mi tiene in apprensione nella sua fragilità di novantenne. In altri tempi mi avrebbe infastidito questo perenne stato di veglia ma, in questo periodo, l’affannoso silenzio mi distoglie dai miei pensieri legati a un lavoro, il mio, che improvvisamente è diventato diverso: il paziente che non è solo un malato da aiutare ma anche un potenziale pericolo per la mia salute”.


Il medico racconta poi delle “strade deserte” percorse per raggiungere l’ospedale, dei controlli e dei meticolosi gesti legati alla vestizione protettiva che esegue per entrare in reparto.

LEGGI ANCHE: Coronavirus, Snami: “Più di 40 medici caduti, fermare strage”

E poi c’è la vita in corsia, con pazienti e gestioni complicate: “Mi preoccupa molto – spiega – la signora anziana della seconda stanza, respira a fatica e piange quando ci vede. Vorrebbe il conforto di sua figlia e della sua nipotina”. Lo pneumologo scrive anche degli “sguardi” dei colleghi e degli infermieri, di dover fare cose che in altre situazioni farebbero medici con altre specializzazioni ma che ora sono impossibili perché “al momento siamo soli al Moscati: noi e i Covid” e poi il momento in cui “si arriva all’ultimo paziente” e “si pregusta il momento di togliere quella mascherina che ti brucia il viso e quella tuta che ti asfissia” per uscire dalla “zona rossa”.

“Sto per addormentarmi – continua – ma un insolito pensiero si staglia nella mia mente: penso che quest’anno nonostante i disastri e le sofferenze porterà un Natale che saprà davvero di buono e di magico”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it