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Martorana: “L’alta tecnologia il settore migliore, il sistema paese aiuta…”

Martorana, segretario generale della Camera di Commercio italiana in Corea del Sud, intervistato dall'agenzia Dire

Pubblicato:29-07-2016 10:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 08:56

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matoranaImg01ROMA – Investire in Corea del Sud si puo’, a patto di guardare a prodotti ad alta tecnologia, che gia’ “pervadono la vita quotidiana” di questo Paese. Così all’agenzia Dire, Roberto Martorana, segretario generale della Camera di Commercio italiana in Corea del Sud (Italian Chamber of Commerce in Korea, Itcck). La Dire lo ha raggiunto telefonicamente nella sua sede di Seul per conoscere le opportunita’ di investimento in un Paese il cui comparto industriale contribuisce al 40% del Pil. La dura crisi economica del 1997-98 ha spinto questa ‘Tigre asiatica’ a ripensare la propria strategia economica, e oggi il sistema e’ ricettivo ai capitali esterni e i professionisti hanno una gran voglia di confrontarsi coi colleghi Americani e Europei. Al momento- sebbene un leggero incremento nell’ultimo periodo- i reciproci investimenti si rivelano esigui. “In Corea si trova la tecnologia piu’ avanzata, insieme a personale qualificato e a una burocrazia piuttosto snella (frutto delle riforme post-crisi)- spiega il segretario generale della Itcck- Inoltre tra i paesi dell’area Ocse la Corea e’ al primo posto per quanto riguarda i tempi necessari a far diventare la ricerca prodotto, permettendo quindi un rientro molto rapido dell’investimento effettuato. Per un investitore straniero guardare a questo settore rappresenta quindi una delle scelte piu’ opportune. Avere gia’ rapporti di cooperazione con aziende locali rende le cose ancora piu’ semplici”.

Da tenere inoltre presente che “il costo della manodopera e’ molto piu’ alto rispetto agli altri paesi dell’area” chiarisce ancora Martorana, segretario generale della Camera di Commercio italiana in Corea del Sud, “e questo puo’ essere legato al fatto che la Corea e’ il primo paese al mondo per livello di istruzione con il 98% di laureati tra i 25 e i 34 anni. Quindi- la sua osservazione- rivolgersi a produzioni a basso contenuto tecnologico non avrebbe molto senso”. La Corea del Sud ha pero’ un vicino particolarmente ‘rissoso’, ossia la Corea del Nord: ma questa minaccia militare secondo Martorana “pesa poco sull’economia. L’allarme creato dalle notizie date dai media internazionali a volte ci appare esagerato. Qui la vita trascorre normale, anche se ci sono momenti di tensione tra le due Coree. I giochi, secondo me, si fanno altrove: a Pechino e a Washington per esempio, piuttosto che a Seul e Pyongyang”. Qual e’ oggi il ruolo della Camera di Commercio in un paese come la Corea del Sud? “Non troppo diverso dalle altre all’estero: essere un ponte tra l’Italia e la Corea”. Martorana spiega che, nonostante cultura e mentalita’ distante, l’esperienza e l’impegno permettono a questo organismo o di porsi come mediatore, “offrendo le nostre competenze nella co-progettazione e fornendo le giuste chiavi per accedere a questo mercato”. I principali interlocutori, oltre alle aziende, “sono le istituzioni locali” prosegue Martorana, segretario generale della Camera di Commercio italiana in Corea del Sud, che invita a fare attenzione: i pregiudizi viaggiano sempre in due sensi: “Spesso dobbiamo intervenire per far superare certe idee sull’Italia, visto come un paese fantastico ma un po’ pressapochista e ‘guascone’.

Oltre a cio’- prosegue- dobbiamo anche sforzarci di far scoprire cosa c’e’ oltre la gia’ nota industria della moda, dell’enogastronomia e del design”. Dal canto suo, l’industria coreana presenta caratteri molto particolari: “qui e’ forte la presenza dei ‘chaebols’, traducibile in ‘gruppo d’affari’, ovvero la grande impresa o multinazionale. I chaebols condizionano profondamente l’economia del paese- sottolinea il rappresentante dell’Itcck- nonche’ la sua politica economica. Alcuni di questi li conosciamo: Samsung, Hyundai, LG. Nel 2014- sottolinea- il fatturato dei primi cinque di questi conglomerati ha costituito il 23% del Pil del Paese”. Non mancano tuttavia le piccole e medie imprese, “circa 3 milioni, il 99% del tessuto industriale interno, che impiegano l’87% della forza lavoro e contribuiscono al 47% della produzione”.


di Alessandra Fabbretti, giornalista

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