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ROMA – Nuovo album, vecchie ‘abitudini’. Caparezza è tornato con ‘Prisoner 709’, settimo album del cantautore pugliese. Che è già un successo. Intervistato dall’agenzia Dire, ha raccontato i segreti di quest’ultima ‘fatica’, e non ha nascosto la soddisfazione per avere conquistato già il disco d’oro. “Il successo del disco d’oro è stato veramente inaspettato- ha detto il cantante- Io ho 43 anni e chi fa acquisti nell’industria musicale oggi sono principalmente i giovani. E’ strano che dei ragazzi si identifichino in testi che sono scritti da un adulto. Tutto questo successo che mi piove addosso è davvero inaspettato, e non lo dico tanto per dire. Ero davvero convinto che sarebbe iniziata un’epoca di discesa, penso che dovrebbe succedere così agli artisti”.
“Ansia è la parola che utilizzerei per descrivere il mio ultimo disco- ha ammesso- mi sento di dire che è stato un lavoro dettato dall’ansia. Mi piace definirlo un disco ‘onesto’, nel senso che sono stato onesto con me stesso, non ho mostrato un lato baldanzoso di me quando non era opportuno. Io assomiglio ai miei dischi, per cui se c’è un periodo un po’ meno allegro, anche il mio disco sarà così”.
“Sto diventando fan dei miei fan per la loro creatività- ha raccontato divertito- apprezzo molto la loro attenzione e la meticolosità nel ricercare e nel voler trovare risposte: basta l’uscita di un titolo a stimolare in loro delle ricerche, non credo che ciò avvenga con tutti i cantanti, mi sorprende la curiosità dei miei fan e ne sono contento”.
“Nell’ultima traccia del cd- prosegue Caparezza-, c’è una ghost track in cui si sente un suono che tutti pensavano fosse l’acufene, in realtà non è vero. Col mio problema sarei impazzito a sentire quel suono assurdo che ricorda un allarme. In realtà nella traccia è celato un suono che se viene decodificato diventa un’immagine, ero convinto che sarebbe rimasto lì a lungo non scoperto, ma i miei fan sono dei segugi e sono subito andati a capire anche quello. L’idea di fare musica in una sorta di realtà ‘aumentata’, dove il pezzo che ascolti diventa un pretesto per fare ricerche ulteriori. E’ ciò che faccio anche io: quando magari ascolto un brano che mi piace o guardo un film, cerco di andare oltre. Non posso che apprezzare la stessa caratteristica nei miei fan”.
“Il prigioniero 819 tentò con uno sciopero della fame di sabotare l’esperimento, proprio pensando a quel prigioniero è nato il titolo ‘Prisoner 709′”, ha spiegato Caparezza.
“La mia vita dopo l’arrivo del ‘fischio’ è cambiata molto”, ha ammesso Caparezza. “Sono più introverso di prima- ha detto- e ancora più distratto, fatico a concentrarmi, anche la lettura di un libro è diventata più faticosa, così come la visione di un film. Avevo già prima la tendenza a stare in un mondo tutto mio, e l’acufene la sta amplificando. Non riesco più ad ascoltare musica ad alto volume come facevo un tempo, sono cambiati gli accorgimenti che devo prendere per lenire il dolore. Devo però dire che ho scoperto di avere una forma di reazione che non pensavo mi appartenesse. Superato l’impatto iniziale le strade erano due: o la depressione profonda, o il reagire”.
Il disco, continua, “è stato la mia risposta a quello che mi era accaduto. L’acufene mi mette alla prova continuamente, quando metto la testa sul cuscino, chiudo gli occhi nella stanza buia e non sento il silenzio, ma questo fischio. Ogni giorno gli dico ‘ma come farò a sopportarti anche domani’. Penso che sia più o meno la stessa dinamica che accade in una relazione tra uomo e donna, dove uno guarda l’altro e pensa ‘ma come faccio a sopportarti'”.
“Le mie canzoni vengono sempre travisate, ai tempi di ‘Fuori dal tunnel’ me la prendevo, ma adesso non mi interessa, penso che ho altri problemi. Io sono responsabile solo di ciò che scrivo e non di quello che capiscono gli altri, come diceva Herman Medrano (un rapper) che aveva messo questa frase meravigliosa sulla copertina di un disco. Mi innervosisce sempre un po’ essere travisato, ma oggi meno rispetto al passato”.
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