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Infermieri, gli eroi dimenticati scendono in piazza: “Vogliamo dignità e assunzioni”

"La nostra professione è umiliata", gridano nelle manifestazioni di oggi. I principali problemi: stipendi più bassi d'Europa e carenza di personale

Pubblicato:28-01-2022 14:02
Ultimo aggiornamento:28-01-2022 16:26
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infermieri nursind
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di Martina Mazzeo, Diego Giorgi, Andrea Piana, Davide Landi

ROMA – Gli infermieri, eroi dimenticati della pandemia, sono scesi in piazza in tutta Italia. Protestano per le condizioni di lavoro “inaccettabili”, gravate dalla carenza di personale e da stipendi bassi. “La nostra professione è umiliata”, gridano nelle manifestazioni di oggi.

UN PRELIEVO DI SANGUE SIMBOLICO

“Un prelievo di sangue. Gli infermieri, insieme alle ostetriche, hanno deciso di inscenare in piazza quanto si siano svenati e dissanguati in questi 24 mesi di pandemia, lavorando sempre con abnegazione senza ricevere i dovuti riconoscimenti economici e professionali. Hanno messo a rischio le proprie vite pur di non sottarsi al loro dovere di assistere i malati, nella totale indifferenza del Governo”. Si è svolta oggi la protesta della categoria che ha aderito allo sciopero di 24 ore proclamato dal Nursind. Secondo le prime stime del sindacato, l’adesione è già tra il 70 e l’80%, al netto del personale contingentato.


I professionisti, in piazza da Nord a Sud Italia, in tutti i capoluoghi di regione, hanno scelto la Capitale per la manifestazione nazionale e per rilanciare le loro istanze al Governo, colpevole di una imperdonabile superficialità. “Il no di Mef e Funzione pubblica agli emendamenti in manovra che puntavano all’erogazione anticipata dell’indennità di specificità, svincolandola dal contratto, è stato solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso – ha spiegato il segretario nazionale Nursind Andrea Bottega – Si trattava di una misura a costo zero, dal momento che i fondi erano già stati stanziati nella legge di Bilancio dello scorso anno, eppure l’esecutivo si è voltato dall’altra parte. Una mancanza di responsabilità di cui, purtroppo, a pagare le conseguenze non sono solo gli infermieri, ma l’intera cittadinanza“.

“Evidentemente dalla pandemia non tutti abbiamo imparato la lezione – ha sottolineato il sindacato – Di sicuro non le istituzioni. Altrimenti non saremmo qui a dover spiegare l’ovvio e cioè che siamo strutturalmente sotto organico: già prima era difficile, ora con il Covid garantire i servizi è diventato quasi impossibile“. Una delegazione Nursind, dopo la manifestazione, è stata ricevuta alla Funzione Pubblica: “Il ministro Brunetta si è opposto all’erogazione della nostra indennità, dietro il paravento di una imminente chiusura del contratto di comparto, fingendo di ignorare che i tempi per vedere un piccolo aumento in busta paga non coincidono certo con la firma di una pre-intesa – ha evidenziato Bottega -. Ora tocca a lui farsi portavoce col Governo e col ministro Speranza della nostra richiesta di una redistribuzione delle risorse del Fondo sanitario. Arrivati a questo punto, infatti, l’indennità va raddoppiata. I 75 euro lordi, che dovevamo ricevere un anno fa, ora non bastano più. E se non ci daranno un riscontro, il prossimo mese saranno almeno due le giornate di sciopero”.

Ma non c’è solo una questione economica tra le ragioni della protesta: “Adesso gli infermieri – ha incalzato Stefano Barone, segretario Nursind Roma – pretendono che si ponga fine al vincolo di esclusività di rapporto, oltre a una piena valorizzazione della professione. Le competenze vanno ampliate secondo il livello di studio e aggiornate al grado di formazione universitaria; servono più posti nelle università, ma anche più infermieri docenti proprio per garantire una formazione di qualità. Inoltre, è arrivato il momento di riconoscere la malattia professionale e la nostra attività come usurante, visto che, nonostante i gravosi carichi di lavoro, le norme ancora latitano”.

Nulla è stato fatto, inoltre per “porre fine alle aggressioni fisiche e verbali di cui continuiamo ad essere le principali vittime. Il Governo – ha concluso Bottega – ci deve delle risposte subito se vuole almeno tentare di fermare l’emorragia continua di infermieri. Perché proprio di questo si tratta. Non si riesce, infatti, nemmeno a mantenere in servizio i pochi rimasti, molti dei quali si stanno licenziando, mentre i giovani, spaventati dai carichi di lavoro e da stipendi ben al di sotto della media Ue, migrano sempre più spesso all’estero”.

INFERMIERI SOTTO AL PIRELLONE: “BASTA SNOBBARCI” 

Presidio degli infermieri del sindacato Nursind sotto il Pirellone nel giorno dello sciopero nazionale della sanità. Una cinquantina i lavoratori e le lavoratrici che da Milano gridano il loro “basta”. Lamentano soprattutto l’assenza di vicinanza delle istituzioni e condizioni di lavoro “inaccettabili” tra “spostamenti continui e improvvisi di reparto, ferie bloccate, nessun affiancamento per i neoassunti, montagne di ore di straordinario non pagato, nessuna quarantena per i contatti stretti, sempre sotto-organico, richiamati continuamente in servizio, i più colpiti dalla pandemia, i primi per i quali è stato deciso l’obbligo della vaccinazione per lavorare”. Eppure, nonostante le responsabilità e il grado di esposizione alla fatica e al rischio, gli stipendi sono “tra i più bassi d’Europa”. Perciò, come spiega alla ‘Dire’ il dirigente sindacale Nursind Monza e Brianza Emanuele Lo Monaco, il comparto chiede che “siano riconosciute le competenze” e che la professione “sia valorizzata” anche attraverso un adeguamento salariale. Non solo: per il sindacato bisogna supplire alle carenze di personale “aprendo i corsi di laurea in scienze infermieristiche” per assumere di più. Questo anche perché “sono passati due anni dall’inizio della pandemia e la nostra situazione è persino peggiorata”, rincara Lo Monaco. Infatti, sebbene “il 10 giugno 2020 eravamo qui a manifestare”, nulla da allora è cambiato. Questi lavoratori si sentono ancora “inascoltati”, ieri come oggi, e con gli stessi problemi. Eppure c’era un momento in cui questi uomini e queste donne venivano definiti eroi: “Lo siamo solo finchè il bisogno non passa, poi non siamo più nessuno”, osserva Lo Monaco. Presenti al presidio anche la consigliera regionale del Pd Carmela Rozza, infermiera di professione, e i colleghi del M5S Gregorio Mammì e Massimo De Rosa. “La retorica di Regione Lombardia– attacca Mammì- ha celebrato gli infermieri come degli eroi, durante una pandemia mondiale che la nostra regione è stata in grado di attraversare proprio grazie al sacrificio di infermieri, medici e operatori sanitari. Ora non permetteremo che la giunta Fontana-Moratti si dimentichi di loro“.

A FIRENZE INFERMIERI IN PIAZZA: “DIGNITÀ E ASSUNZIONI

Dignità e assunzioni. Due parole che definiscono la protesta degli infermieri sotto la Regione Toscana. Nel giorno dello sciopero nazionale proclamato dal Nursind, in piazza Duomo a Firenze accorrono oltre cento lavoratori. Delusi, dicono, perché “le promesse non sono state mantenute”. E qui si torna alle due parole che in piazza prendono la forma dello slogan ritmato dai megafoni. Dignità, ovvero “condizioni di lavoro migliori”, ma soprattutto un riconoscimento economico che fin qui non c’è stato. Quell’indennità Covid (“che i medici già prendono da gennaio 2021”) quantificata per gli infermieri in 330 milioni dal governo Conte nella finanziaria del 2020, poi stoppata nell’ultima manovra perché farà da corredo al nuovo contratto nazionale. Ma la discussione sul contratto “sta andando per le lunghe”, si lamentano in molti. La faccenda sollevata dai sanitari, poi, si avvita sulle condizioni di lavoro. E qui il discorso corre su un binario più volte battuto dal Nursind: la carenza strutturale di personale. “La pandemia- dicono i sindacalisti- ha messo a nudo le carenze che c’erano prima”. E così in Toscana mancano all’appello “4.000 infermieri. Si parla dell’assunzione di 3.500 infermieri, quando in realtà in questo conto sono stati stabilizzati dei colleghi già in servizio. A noi va bene, intendiamoci, però anche loro rientrano nei 3.500. Quindi non è vero che vi siano state 3.500 nuove assunzioni”, sbottano. La vicecoordinatrice di Nursind Toscana, Mariarosa Chiasserini, è netta su questo fronte: “In questi giorni si parla di uno sblocco sulle assunzioni”, tuttavia le cifre in ballo, circa 1.500 infermieri, “non sono affatto sufficienti”. E per spiegarlo fa un esempio pratico: “Nell’Asl sud-est c’è stata una delibera per l’assunzione di 150 infermieri quando sappiamo che nel corso del 2022 ne usciranno 170. Per questo chiediamo alla Regione un tavolo permanente e un calcolo scientifico sul reale fabbisogno: ce lo quantifichi con esattezza e assuma”. Al presidio c’è anche Daniele Carbocci, membro della direzione nazionale del Nursind: “Abbiamo deciso di scioperare e gli infermieri hanno aderito in modo piuttosto importante. Siamo consapevoli di creare ulteriori problemi ai cittadini, ma non potevamo farne a meno: abbiamo fatto delle proposte per rendere più dignitose le condizioni di lavoro e gli stipendi, ma il governo non le ha accettate”. Nel Paese, aggiunge, “abbiamo una carenza di oltre 60.000 infermieri. E se pensiamo alle promesse sui piani di sviluppo ne mancherebbero 230.000. I nostri colleghi sono stanchi e frustrati. Molti stanno abbondando il lavoro, si stanno licenziando, perché le condizioni non sono più dignitose, né per la professione né per i pazienti che assistiamo tutti i giorni”. 

INFERMIERI IN PIAZZA A CAGLIARI: “PROFESSIONE UMILIATA

Infermieri e operatori sanitari per l’ennesima volta in piazza a Cagliari. Questa mattina, in concomitanza con lo sciopero nazionale proclamato dal sindacato Nursind, un centinaio di persone hanno dato vita a un sit-in in piazza Ingrao, a pochi metri dal Consiglio regionale sardo. Striscioni, trombette e volantini per urlare alle istituzioni le numerose criticità che affliggono il sistema sanitario dell’isola, problemi strutturali aggravati però dalla pandemia. Su tutti la carenza di personale, che costringe i sanitari a turni massacranti, a cui non fa seguito un’adeguata retribuzione. “Non eroi, ma professionisti”, si legge in un cartello, “Dateci quello che ci spetta, niente di più”, in un altro. “La nostra condizione lavorativa, e di conseguenza la qualità dell’assistenza erogata, sono peggiorate significativamente dall’inizio della pandemia- spiega alla ‘Dire’ Fausta Pileri, segretaria Nursind Sassari e componente del direttivo nazionale del sindacato-. Ma sono anni che viviamo in una situazione stressante, con gli organici ridotti al minimo, e da tempo chiediamo interventi al governo e alla Regione. Ancora non abbiamo ricevuto risposte”. Criticità che investono tutta la sanità nazionale, “ma in Sardegna la situazione è davvero drammatica, soprattutto a Sassari e Nuoro- prosegue Pileri-. La nostra isola, più di altre regioni, paga lo scotto di una politica sanitaria che ha tagliato sul personale nelle corsie. Cambia poco poi se si decide di fare concorsi, serve tempo per formare le persone”.

Rispetto all’ultima manifestazione, il sindacato ha deciso di non incontrare i consiglieri regionali: “Abbiamo dibattuto a lungo se portare i documenti ai gruppi consiliari- sottolinea la sindacalista- scegliendo poi di non entrare nel Palazzo: l’ultima volta, a parte le manifestazioni di solidarietà, non abbiamo ottenuto nulla. Per questo oggi abbiamo chiesto che fossero i politici a raggiungerci in piazza per esprimere la propria vicinanza” (appello accolto dalle consigliere Rossella Pinna, Pd, e Laura Caddeo, Progressisti, ndr). Sottolinea Fabrizio Anedda, segretario regionale Nursind: “Chiediamo che la nostra professione venga valorizzata, innanzitutto con il riconoscimento delle indennità. È poi urgente che venga aumentato il numero di sanitari nelle corsie, purtroppo stiamo registrando un indice nel rapporto infermieri-pazienti, soprattutto nei grandi ospedali, che non è più accettabile. Stiamo aspettando nuove assunzioni dal concorso pubblico, ma le lungaggini burocratiche continuano a bloccare tutto, costringendo gli infermieri a lavorare in una situazione drammatica”.

INFERMIERI “SULL’ORLO DI MOLLARE TUTTO” IN PIAZZA A BOLOGNA 

“Dimenticati”, “figli di un dio minore”, “con gli stipendi più bassi d’Europa”, e sempre più sull’orlo di lasciare il lavoro perchè diventato “pesante e insopportabile”, tra stress, doppi turni e riposi saltati. È questo il bilancio che gli infermieri del Nursind fanno della loro professione, ulteriormente peggiorata dopo 23 mesi di emergenza dovuta alla pandemia da Covid-19. In occasione dello sciopero nazionale del comparto sanitario, protestano anche a Bologna, sotto il palazzo della Regione. Questa mattina si ritrovano in 50, il massimo possibile perché “contingentati”, ma in rappresentanza dei 4.000 iscritti in Emilia-Romagna, per chiedere il rinnovo del contratto nazionale e il miglioramento delle condizioni di lavoro. “A fronte di colleghi che si ammalano e sospesi non usufruiamo più delle ferie. Facciamo spesso doppi turni, saltiamo riposi, ci viene sempre chiesto di aumentare l’orario di lavoro ma non ce la facciamo più- lancia l’allarme Renato Congedo, coordinatore regionale del sindacato- non è stata fatta una programmazione per risolvere questo problema. Chiediamo alle istituzioni che mettano mano alle piante organiche. Abbiamo tanti colleghi che si licenziano perchè non riescono più a sopportare il peso del lavoro”. Peso che si avverte tanto in reparto quanto nel rapporto con le istituzioni e la politica, dalla quale “ci sentiamo dimenticati”, ammette Daniele Fera, del reparto Emodialisi del Policlinico Sant’Orsola. In tanti si dicono “stanchi” e “delusi”, e non credono più ormai da tempo alla storia degli eroi. “L’eroe è una persona che compie un atto particolare un giorno in una situazione drammatica- spiega Antonella Gargaglione, del reparto Oculistica del Sant’Orsola-Malpighi- Noi non siamo eroi, lavoriamo 365 giorni all’anno quindi dovremmo essere eroi tutti i giorni, ma non ci viene riconosciuto se non a parole: non è sufficiente, vogliamo un po’ di concretezza e un riconoscimento veramente più importante sia a livello infermieristico che sanitario”. Infatti, ricorda Antonella Rodigliano segretario provinciale del Nursind, “gli infermieri vengono già da piante organiche carenti, abbiamo gli stipendi più bassi d’Europa”. Senza contare che “lo Stato ci ha bloccato l’indennità infermieristica di categoria, che era stata approvata e finanziata dal governo Conte, dovevano solo erogarla e invece l’hanno legata al rinnovo contrattuale, mentre i medici la prendono già dal 2021- attacca Rodigliano- lo troviamo inaccettabile, non siamo figli di un dio minore, gli infermieri sono i pilastri della sanità italiana e non vengono presi in considerazione”. Intanto però, lo stress correlato al lavoro “è in forte aumento. Mentre prima era una realtà solo di pochi reparti, adesso è diventata una realtà di quasi tutti”. Ai manifestanti si è unita anche la consigliera regionale M5s Silvia Piccinini, secondo la quale “è arrivato il momento di dare loro il giusto e meritato riconoscimento. Sono una risorsa inestimabile e, soprattutto in questi ultimi anni, hanno sacrificato se stessi e la loro vita privata per salvare gli altri e permettere al Paese di andare avanti”. Per questo “è necessario, ad esempio, sbloccare ed erogare quanto prima i 35 milioni per gli infermieri e 100 milioni per gli Oss previsti dal governo Conte, come più volte richiesto dal M5S”, e procedere con il riconoscimento della loro professione come lavoro usurante”. E “la Regione ha il dovere di farsi carico di queste richieste”, conclude Piccinini. La protesta del comparto sanitario, intanto, non si ferma e rilancia. Questo pomeriggio alle 16 ci sarà un nuovo presidio, questa volta promosso da Usb Bologna, al Policlinico Sant’Orsola, all’ingresso di viale Ercolani, che lancia l’allarme “di un nuovo collasso del sistema sanitario nazionale, con la saturazione degli ospedali e malati di ogni genere, lasciati senza cure e assistenza”. Per questo, secondo il sindacato, bisogna intervenire “assumendo personale e realizzando strutture sanitarie e terapie intensive in grado di allontanare il rischio dell’esaurimento dei posti“.

LA PROTESTA A PALERMO: “GRAVI CRITICITÀ OGNI GIORNO”

“La manifestazione è riuscita, vogliamo sensibilizzare cittadini e istituzioni sulle gravi criticità che ogni giorno siamo costretti ad affrontare per garantire una corretta assistenza ai pazienti. Abbiamo inoltrato delle proposte a tutte le regioni e adesso tocca a loro rispondere. Noi siamo pronti a continuare a oltranza, adesso basta”. Così in una nota dice Salvo Calamia, coordinatore regionale siciliano del Nursind, dalla piazza di Palermo dove centinaia di infermieri hanno donato il loro sangue in segno di protesta, davanti a Palazzo d’Orleans, nel giorno dello sciopero nazionale proclamato dal sindacato Nursind.

Il sindacato lamenta stipendi tra i più bassi d’Europa, gravi carenze d’organico, problemi di sicurezza sul lavoro. Chiede di stabilizzare i precari e accelerare con i concorsi e la mobilità. “Basta con i contratti a partita iva e co.co.co – dicono – la professione infermieristica e sanitaria merita rispetto e stabilità”. Tra le proposte del sindacato autonomo alle regioni ci sono “l’adeguamento dello stipendio degli infermieri e delle ostetriche alla media degli altri Paesi europei, l’aumento dei posti di infermieri e ostetriche docenti nelle università al fine di formare più infermieri, il superamento del vincolo di esclusività per poter garantire standard assistenziali in tutte le strutture sanitarie pubbliche e private”. E ancora, “riconoscere il carattere usurante della professione infermieristica, rivedere le competenze e prevedere standard assistenziali basati su studi scientifici e non su esigenze di contenimento della spesa”.

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