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Varicocele pelvico, Rampoldi (Niguarda): “Si tratta con tecnica mini-invasiva endovascolare”

Intervista con il dottor Antonio Gaetano Rampoldi, direttore della Struttura Complessa di Radiologia Interventistica dell'ospedale Niguarda di Milano

Pubblicato:27-07-2021 10:57
Ultimo aggiornamento:27-07-2021 12:18

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ROMA – La congestione pelvica o varicocele pelvico è una condizione patologica responsabile di dolore cronico che si localizza prevalentemente in sede addominale bassa ed interessa in Italia circa 250.000 donne. I sintomi possono essere invalidanti, con episodi di esacerbazione del dolore e spesso attribuiti ad altre patologie della donna. E’ pertanto fondamentale una attenta raccolta anamnestica dei sintomi per indirizzare verso una giusta diagnosi. Solo così è una possibile trovare una soluzione ad un problema che spesso dura anni prima di essere intercettato e trattato correttamente al fine di restituire alla donna una buona qualità di vita. L’agenzia di stampa Dire ha approfondito il tema con il dottor Antonio Gaetano Rampoldi, direttore della Struttura Complessa di Radiologia Interventistica dell’ospedale Niguarda di Milano.

– Parliamo di una patologia invalidante che colpisce circa il 20% della popolazione femminile. Di cosa si tratta e quali sono i sintomi a cui prestare attenzione?

“La congestione pelvica, conosciuta anche come varicocele pelvico, è caratterizzata dalla presenza di dilatazioni venose a livello del piccolo bacino in sede peri-ovarica e peri-uterina ed è una delle principali cause di dolore pelvico cronico. E’ causata da insufficienza valvolare delle vene ovariche o di rami delle vene ipogastriche e conseguente sovraccarico di volume. Si associa spesso a varici venose visibili alle radici delle cosce e a livello vulvare. Non sempre il varicocele pelvico causa sintomi; in molti casi invece è responsabile di un dolore subcontinuo, sordo, invalidante, che si aggrava durante il ciclo mestruale o durante i rapporti sessuali. E’ un dolore che si accentua durante il giorno e la donna trova giovamento solo sdraiandosi a letto. Fare diagnosi non è così semplice poiché la sintomatologia è comune a molte altre patologie che hanno cause anche molto diverse. Molte donne devono convivere con questo dolore per anni prima di riuscire ad avere una diagnosi e un trattamento adeguati. Per questo dico alle donne: se accusate un dolore addominale cronico pensate anche alla congestione pelvica!”.


– Quali sono le cause più comuni? E più in generale ci sono degli esami strumentali per diagnosticarla?

“Si tratta di un insufficienza venosa accompagnata da stasi venosa che riguarda anche gli arti inferiori. L’indagine di primo livello è un ecodoppler addominale completato con un doppler con sonda endovaginale. Sarà necessario poi confermare la diagnosi con risonanza magnetica pelvica”.

– Quali sono i trattamenti che possono essere usati?

“Il trattamento del varicocele pelvico é di pertinenza del Radiologo Interventista con tecnica mini-invasiva endovascolare. In anestesia locale si punge con ago sottile una vena femorale all’inguine della paziente e si posiziona un piccolo introduttore. Attraverso questa via si avanza un catetere successivamente nelle due vene ovariche e nei rami delle vene ipogastriche. Individuata la vena responsabile del reflusso e quindi dei sintomi, si procede con l’embolizzazione della stessa. Significa che il ramo venoso responsabile viene chiuso con materiale sclerosante, lo stesso utilizzato nei trattamenti estetici delle varici alle gambe, e con spirali occludenti. L’intervento é eseguito in regime di Day Hospital e la paziente e’ dimessa in serata. Il giorno successivo la donna può riprendere l’attività lavorativa”.

– Nel suo centro quali percorsi di cura prevedete per le donne con sintomi da congestione pelvica?

“Al Niguarda innanzitutto prevediamo un colloquio iniziale dove indaghiamo a fondo le caratteristiche, la durata e la sede del dolore. La donna ci viene indirizzata dai ginecologi, dai chirurghi vascolari o a volte per passa parola da parte delle donne stesse. Una volta confermata la diagnosi con la risonanza, il radiologo interventista concorda con la paziente la data dell’intervento. Viene dettagliatamente spiegato alla donna il tipo di intervento, i pochi rischi, le percentuali di successo e viene sottoscritto il modulo per il consenso informato. Si informa anche la donna della possibile (non dimostrata) relazione tra varicocele pelvico e infertilità soprattutto se è concomitante un ovaio policistico”.

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