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I ricercatori stoppano il Maeci: “No all’uso della scienza in guerra”

La contestazione si riferisce al bando che prevede la collaborazione con Israele: "Nessun boicottaggio, ma con Russia e Bielorussia le collaborazioni vennero sospese"

Pubblicato:27-03-2024 15:19
Ultimo aggiornamento:27-03-2024 15:35

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ROMA – Sono passati quasi 80 anni dai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, che mostrarono al mondo l’inquietante sviluppo della fisica nucleare. Ma da allora, i dubbi che accompagnano gli scienziati sono sempre gli stessi: la ricerca è neutrale? Qual è lo scopo della scienza? Se ieri era Robert Oppenheimer a interrogarsi, oggi sono i ricercatori che, insieme agli studenti, stanno chiedendo al ministero dell’Università e della ricerca di ritirare il bando Maeci Italia-Israele. Quella dei giovani che si stanno mobilitando da Roma a Torino, quindi, è una richiesta ben precisa: lo stop al bando pubblicato nel 2024. Ma di cosa si tratta?

IL CONTESTATO BANDO DEL MAECI

L’accordo di cooperazione tra il ministero degli Affari Esteri italiano e il ministero dell’Innovazione, Scienza e Tecnologia (Most) per la parte israeliana, è solo uno dei tanti bandi di cooperazione stipulati tra l’Italia e altri Paesi partner. Il bando è stato pubblicato anche negli anni precedenti, ma il contesto della guerra in Medio Oriente ha cambiato il quadro. Il nodo principale riguarda in particolare l’utilizzo della ricerca a fini bellici. “Non è escluso che le tecnologie sviluppate possano essere utilizzate anche in ambito militare” spiega all’agenzia Dire Luca Galantucci, fisico e ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche che ha firmato, insieme ad altri duemila tra accademici e scienziati, una lettera aperta al ministero dell’Università e della Ricerca per chiedere il ritiro dell’accordo.

Domani, inoltre, il ricercatore, insieme ad altri 30 colleghi del Cnr, porterà la questione anche al Consiglio di amministrazione del Cnr, per chiedere che l’istituto ritiri la partecipazione al bando.


Tutto ruota attorno alla cosiddetta tecnologia ‘dual use’, che implica un impiego sia civile che militare dei dispositivi. Può riguardare droni, device di sorveglianza di ultima generazione, sensori, e soprattutto lo sviluppo di tecnologie legate all’Intelligenza artificiale, e che secondo i ricercatori potrebbero poi essere utilizzate anche a fini bellici. E questo, per i duemila scienziati, pone un tema etico e un tema geopolitico alla luce della guerra che si sta consumando in Palestina.

LA QUESTIONE ETICA

“Da un punto di vista etico, non vogliamo sviluppare tecnologie che, anche se sviluppate per altri scopi, rischiano poi di essere utilizzate in guerra” spiega Galantucci. “Come è già accaduto con i droni sviluppati e perfezionati grazie al bando dello scorso anno e poi c’è un tema di diritto: con la partecipazione al bando l’Italia rischia di essere citata in giudizio con l’accusa di non aver adempiuto al dovere di prevenzione di genocidi, un obbligo per gli stati membri delle Nazioni Unite secondo la Convenzione per la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio”. La posizione del ministero dell’Università e della Ricerca, invece, è che le conoscenze non devono essere limitate da questioni geopolitiche. Ciò che ha sostenuto anche la matematica Susanna Terracini, unica accademica ad aver votato contro la decisione dell’Università di Torino di non partecipare al bando. “La ricerca deve essere uno strumento di pace”, aveva detto in quella occasione. “Ma quando si fa ricerca non si possono ignorare le sue ricadute” ribatte Galantucci. “Intendere la ricerca come libera e astratta, senza considerare le sue conseguenze, mi sembra un modo pericoloso e immorale di intendere il nostro lavoro. Abbiamo una responsabilità sociale e quello che scopriamo non può essere utilizzato per violare i diritti umani”.

IL PRECEDENTE DELLA RUSSIA

Per il ricercatore, inoltre, la scelta del Mur è in contraddizione con la postura adottata nel marzo del 2022, quando il ministero guidato da Maria Cristina Messa inviò una nota a rettori e presidenti invitandoli “a sospendere ogni attività volta alla attivazione di nuovi programmi di doppio titolo o titolo congiunto” e ricordò che “dovranno essere sospesi quei progetti di ricerca in corso con istituzioni della Federazione Russa e della Bielorussia che comportino trasferimenti di beni o tecnologie dual use, ovvero siano altrimenti colpiti dalle sanzioni adottate dall’Unione Europea”. Ancora Galantucci: “Per noi deve essere chiaro che non c’è nessuna forma di boicottaggio degli studiosi israeliani: nessuno ha chiuso i ponti con gli scienziati con cui eravamo in contatto: le persone non sono responsabili di quello che succede nei governi anche perché gli stessi studiosi israeliani, se contrari alla politica del governo vengono allontanati e criminalizzati”. Quindi, secondo lo scienziato, “gli studenti fanno bene: bisogna mettere i rettori davanti alle loro responsabilità. Su questi temi bisogna avere il coraggio di prendere una posizione netta”.

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