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Scoperto antidoto contro fungo killer negli ospedali

Le infezioni sono sistemiche (sepsi), ovvero interessano tutto l’organismo, coinvolgendo i diversi organi e tessuti, e hanno una mortalità del 40%

Pubblicato:26-02-2016 11:06
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:03

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ROMA – Ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e del Policlinico A. Gemelli di Roma, insieme a colleghi della Harvard University di Boston e del Policlinico Universitario di Losanna, hanno scoperto un potenziale “antidoto” contro un fungo killer- la Candida glabrata- che causa gravi infezioni con esito fatale nel 40% dei casi, colpendo soprattutto anziani e persone immunodepresse, specie se ricoverate in ospedale, e che è resistente alle terapie oggi disponibili.

Si tratta di una molecola battezzata col nome di “iKix1” e isolata da una libreria molecolare di 140 mila sostanze. La scoperta, resa nota sulla prestigiosa rivista “Nature” (2016 Feb 17. doi: 10.1038/nature16963 – l’articolo, pubblicato online la settimana scorsa, appena uscito nella versione cartacea dello storico periodico), si deve al gruppo di ricerca del professor Maurizio Sanguinetti, Direttore dell’Istituto di Microbiologia e Virologia dell’Università Cattolica di Roma, e al suo team (Riccardo Torelli e Brunella Posteraro), insieme ai gruppi di ricerca della Harvard University di Boston e del Policlinico Universitario di Losanna.


Le infezioni da Candida glabrata colpiscono soprattutto pazienti immunodepressi, sottoposti a importanti interventi chirurgici e anziani. Le infezioni sono sistemiche (sepsi), ovvero interessano tutto l’organismo, coinvolgendo i diversi organi e tessuti, e hanno una mortalità del 40%, ovvero 4 pazienti su 10 non sopravvivono all’infezione. Non a caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha considerato le infezioni da lieviti resistenti ai farmaci una delle minacce crescenti in ambito sanitario.

L’elevata mortalità di queste infezioni è legata non solo alla virulenza del fungo, ma soprattutto alla sua particolare propensione a diventare resistente agli “azoli”, i farmaci antifungini più comunemente usati per trattare queste infezioni. Tale resistenza è causata dall’insorgenza di mutazioni a carico del gene “PDR1”, segnala, in un comunicato, l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

“Come precedentemente dimostrato dal nostro gruppo di ricerca- spiega il professor Sanguinetti- la presenza di tali mutazioni determina contemporaneamente anche un aumento della virulenza stessa del microrganismo e quindi una sua maggiore capacità di causare malattia. È chiaro quindi che il prodotto proteico del gene ‘PDR1’ rappresenta un interessante bersaglio da colpire per mettere a punto nuovi approcci terapeutici non convenzionali”. L’obiettivo dello studio è stato identificare, attraverso lo screening di più di 140 mila diverse molecole, una sostanza in grado di bloccare l’attività di PDR1, in modo da rendere i microrganismi nuovamente sensibili agli azoli e allo stesso tempo anche meno virulenti. “In particolare- aggiunge il professor Sanguinetti- è stato identificato dal team di Harvard un composto, denominato iKix1, in grado di legarsi stabilmente al regolatore PDR1, come dimostrato attraverso l’osservazione con la risonanza magnetica nucleare ad alta risoluzione”. Gli scienziati hanno visto che iKix1 è in grado di agire in provetta, annullando la resistenza ai farmaci, ma soprattutto in vivo su animali, riducendo la gravità della malattia, continua l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il gruppo di ricerca della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica ha condotto tutti gli esperimenti nei modelli in vivo di infezione e trattamento, sfruttando un expertise più che decennale e consolidati rapporti internazionali. “Senza questi esperimenti il lavoro non sarebbe stato pubblicato– sottolinea il professor Sanguinetti- Abbiamo infettato gli animali con diversi ceppi di C. glabrata (sensibili e resistenti agli azoli) poi abbiamo curato l’infezione sia con farmaci convenzionali (fluconazolo, un azolo), sia con iKix1, sia con combinazioni di questi, con diversi dosaggi, andando a valutare diversi tipi di infezione (infezione sistemica, sepsi e localizzata, ovvero infezione delle vie urinarie)”. Si è visto che iKix1 è in grado di neutralizzare la resistenza ai farmaci e di rendere il fungo meno virulento, riducendo significativamente la gravità delle infezioni. “Al momento stiamo continuando a collaborare con i gruppi di ricerca di Harvard e di Losanna per l’estensione dello studio ad altri patogeni fungini. In ogni caso l’interesse della ricerca è legato al fatto che si introduce una nuova strategia terapeutica avente come bersaglio funzioni non direttamente legate alla vitalità del fungo patogeno, ma alla sua sensibilità ai farmaci e alla sua virulenza”, conclude il professor Sanguinetti. I prossimi passi saranno testare iKix1 su pazienti per verificarne la sicurezza e la tollerabilità e in seguito l’efficacia nel ripristinare la sensibilità del patogeno ai farmaci azoli, conclude l’Università Cattolica del Sacro Cuore.

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