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Spiagge, la Corte Ue: proroga automatica delle concessioni è contro le norme europee

L’Avvocato generale Ue Szpunar ha ritenuto fondati i dubbi espressi dai Tar che hanno sollevato questione pregiudiziale alla Corte Ue sulla legge italiana

Pubblicato:25-02-2016 11:08
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:02

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ROMA – La direttiva 2006/123/Ce, l’ormai famosa direttiva ‘Bolkestein‘, relativa ai servizi nel mercato Ue “impedisce alla normativa nazionale di prorogare in modo automatico la data di scadenza delle concessioni per lo sfruttamento economico del demanio pubblico marittimo e lacustre”. Così l’Avvocato generale Ue Maciej Szpunar ha ritenuto fondati i dubbi espressi dai Tar che hanno sollevato una questione pregiudiziale alla Corte Ue sulla legge italiana che prevede la proroga automatica e generalizzata della durata delle concessioni sino al 31 dicembre 2020.

Ha precisato l’Avvocato generale Szpunar che “le convenzioni di cui trattasi non costituiscono ‘servizi‘ ai sensi delle norme dell’Unione in materia di appalti pubblici ma ‘servizi’ ai sensi della citata direttiva, secondo la quale, allorché – come avviene nel caso in esame – il numero di autorizzazioni disponibili sia necessariamente limitato in ragione della rarità o comunque della limitatezza delle risorse naturali, tali autorizzazioni debbono essere concesse secondo una procedura di selezione imparziale e trasparente, per una durata limitata, e non possono essere oggetto di una proroga automatica”. Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell’avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa. La sentenza verrà pronunciata prossimamente.


La generalizzazione del termine di durata della concessione, infatti, segnalano dalla Corte Ue del Lussemburgo, “parrebbe essere contraria al principio di proporzionalità”. Inoltre, “l’automatismo della proroga parrebbe contrario ai principii di libertà di stabilimento e protezione della concorrenza, poiché mediante esso si sottraggono al mercato, per un periodo irragionevolmente lungo (undici anni), delle concessioni di beni sicuramente molto importanti sul piano economico”. Tale meccanismo, poi, “così come congegnato, parrebbe incidere in modo eccessivamente penalizzante, e quindi sproporzionato, sui diritti degli operatori del settore, che non hanno la possibilità di ottenere una concessione, malgrado l’assenza di concrete esigenze che giustifichino il protrarsi delle proroghe”. Un tale sistema, precisa la Corte Ue, “potrebbe quindi creare una discriminazione tra gli operatori economici”.

Le conclusioni dell’Avvocato generale Ue Maciej Szpunar emergono rispetto alla causa C-67/15 Melis e altri contro la Provincia di Olbia Tempio e altri e C-458/14 – Promoimpresa srl contro Regione Lombardia e altri, riguardante le concessioni balneari nell’ambito della legislazione nazionale che proroga le concessioni sul demanio marittimo, lacustre e fluviale e rispetto all’esclusione potenziale di operatori economici interessati e all’assenza di procedure di pubblica gara. Con vari decreti-legge emessi dal 2009 al 2012 e convertiti in legge, ricordano dalla Corte Ue del Lussemburgo, lo Stato italiano ha previsto la proroga automatica della durata delle concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative dapprima fino al 31 dicembre 2012 e poi fino al 31 dicembre 2020. Alcuni gestori di attività turistico ricreative presso alcune aree demaniali marittime in Sardegna, in previsione della stagione balneare 2012, hanno presentato richiesta di un formale provvedimento di proroga; ma, stante il silenzio delle Amministrazioni competenti, hanno avviato le attività, ritenendo di essere legittimati dalla legge all’esercizio delle stesse. Quando, poi, le amministrazioni, non riconoscendo la proroga automatica delle concessioni esistenti, hanno pubblicato gli avvisi per l’assegnazione di nuove concessioni anche su aree già oggetto di concessione, i predetti gestori sono ricorsi al Tar Sardegna, impugnando le delibere con le quali erano state implicitamente revocate le loro concessioni.

In altra vicenda, la Promoimpresa srl ha introdotto una domanda di rinnovo della concessione – in scadenza il 31 dicembre 2010 – per lo sfruttamento di una zona demaniale della sponda del lago di Garda. La domanda è stata rigettata dal Consorzio dei Comuni della Sponda Bresciana del Lago di Garda e del Lago di Idro. La società Promoimpresa ha allora impugnato il rifiuto di rinnovo della concessione davanti al Tar Lombardia. Sia il Tar Sardegna sia il Tar Lombardia hanno sollevato una questione pregiudiziale alla Corte Ue avente ad oggetto la legge italiana che prevede la proroga automatica e generalizzata della durata delle concessioni sino al 31 dicembre 2020. Secondo il TAR Lombardia, tale legge, benché adottata per le concessioni demaniali marittime, deve applicarsi egualmente alle concessioni demaniali lacustri, in quanto essa mira (o dovrebbe mirare) a proteggere gli investimenti dei concessionari in termini di ammortamento dei costi di gestione, in applicazione diretta del principio di proporzionalità, che impone di conciliare l’esigenza di concorrenza con quella di mantenimento dell’equilibrio finanziario del concessionario. Entrambi i Tar rimettenti, tuttavia, dubitano che la legislazione nazionale, per la sua idoneità a sottrarre dal mercato beni produttivi al di fuori di ogni procedimento concorsuale, sia compatibile con i principii di libertà di stabilimento, di protezione della concorrenza e di eguaglianza di trattamento tra operatori economici, così come con i principii di proporzionalità e di ragionevolezza.

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