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VIDEO | A Firenze l’ultimo saluto a Staino, Guccini: “Era di sinistra come vorremmo fosse chi è di sinistra. Sergio sto arrivando anch’io”

A Firenze l'ultimo saluto al vignettista Sergio Staino con un rito funebre laico. Il sindaco Nardella pensa di dedicargli un teatro o un cinema

Pubblicato:24-10-2023 15:56
Ultimo aggiornamento:24-10-2023 18:03
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staino guccini
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FIRENZE – C’è un pezzo di sinistra, vecchia e nuova, in testa la segretaria del Pd, Elly Schlein. C’è Francesco Guccini in prima fila, vicino alle ceneri e al cartonato della sua creatura più celebre, Bobo. E non poco distante Adriano Sofri, Roberto Vecchioni e Carlo Petrini. Tutti a Palazzo Vecchio, in un salone dei Cinquecento gremito, per l’ultimo saluto a Sergio Staino. Ci sono l’ex ministro Giuseppe Provenzano, Gianni Cuperlo, Tomaso Montanari, e tutte le istituzioni cittadine, dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, al presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, al segretario dei dem toscani, Emiliano Fossi. E c’è Paolo Hendel a condurre le danze di questo rito funebre laico, per un’ultima volta “tristemente allegra”.

C’è anche un sottofondo musicale, un trio jazz con il fisarmonicista 93enne Gianni Coscia, arrivato da Alessandria, e il figlio del vignettista, Michele, al contrabbasso. Suonano mentre sua figlia Ilaria e la moglie Bruna salutano e abbracciano amici e familiari. “Mai come adesso avremmo avuto bisogno di te“, ha chiuso il suo ricordo Hendel.

GUCCINI: “ERA DI SINISTRA, COME VORREMMO FOSSE CHI È DI SINISTRA”

Sergio Staino “era intelligente, colto, altruista, generoso, grande satiro e grande disegnatore. Era di sinistra, come Bobo. Di una sinistra colta, intelligente, generosa, come noi di sinistra vorremmo fossero tutti quelli di sinistra”. A Palazzo Vecchio è di Francesco Guccini il ricordo forse più applaudito del grande vignettista.
“Tra noi c’è una curiosa congiunzione astrale: Sergio è nato l’8 giugno, io il 14 dello stesso anno, il lontano 1940. Avevamo, quindi, sei giorni di differenza, solo che lui era nato in tempo di pace, io, astutamente, in tempo di guerra. Sergio non ci vedeva più, io mi avvio a non vederci quasi più. Ecco, siamo stati uniti da questi due curiosi destini“. Ora, però, “Sergio se n’è andato, e io gli dico, ‘sto arrivando anche io’. Ridammi, però, il vantaggio che ti sei preso, quei sei giorni. E non farci caso quei sei giorni potrebbero diventare sei mesi, sei anni. Sessanta no, son troppi. Insomma, non farci caso ritarderò un po’, ma arrivo anche io, ti abbraccio. Ciao”.


NARDELLA: “BELLO SE A TEATRO PUCCINI FIRENZE ANCHE NOME DI SERGIO”

A Firenze “faremo sicuramente qualcosa di importante per ricordare Staino”. Lo assicura il sindaco, Dario Nardella, nel giorno dell’ultimo saluto del grande vignettista in corso a Palazzo Vecchio. “Nei prossimi giorni troveremo la forma più adatta, più adeguata. Mi piacerebbe che un teatro, una scuola o un cinema portasse il suo nome e chissà se, accanto al teatro Puccini, ci possa essere anche quello di Staino”.
Staino, prosegue, “è stato un grande animatore della cultura italiana: non è soltanto il papà di Bobo, ma un artista a tuttotondo, che con le sue vignette ci ha fatto sorridere, piangere, arrabbiare“. Così, “oggi qui c’è tutto il popolo della sinistra perché Staino è stato un uomo di sinistra con il cuore, le mani, i piedi, la testa, il corpo. Una persona di valore e libera, mai condizionato da nessuno, senza padrini né padroni. Anzi, è stato lui spesso la coscienza della sinistra”.
Alla cerimonia interviene anche Sandro Fallani, sindaco della sua Scandicci, che annuncia: “Il castello dell’Acciaiolo ospiterà l’archivio di Staino”.

LA FIGLIA ILARIA: “HAI AVUTO UN CUORE ENORME, ORGOGLIOSA DI TE”

“Caro babbo”, da adolescente “non è stato sempre facile essere tua figlia“, perché “quello che accadeva in casa poi finiva sulle vignette“. Però “hai avuto una vita bellissima e te la sei meritata tutta”. A Palazzo Vecchio è della figlia Ilaria il saluto più commovente a Sergio Staino. “Sono sempre stata orgogliosa di averti come babbo. E ha ragione Michele”, il fratello musicista, “a dire che eri apprensivo, accudente”, anche quando “ci svegliavi la mattina per andare a scuola cantando“.
Un uomo “buono, generoso, appassionato e con un cuore enorme. Hai sempre voluto abbattere muri, credendo nel dialogo, insegnandoci il senso della giustizia, della collettività e della partecipazione”. Così “la casa non eravamo solo noi, ma tutti gli amici che la abitavano. Perché gli amici, dicevi, sono la cosa più importante. Dicevi, ‘non mi importa avere un centesimo, ma gli amici sì‘. E oggi, lo vediamo qua”, in questa sala gremita. In questo ultimo anno “difficile ci è caduta addosso un enorme ondata di amore”.

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