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Truffa a istituti religiosi e case di riposo di tutta Italia, fermata la banda

Spacciandosi per impiegati di banca o di enti benefici, contattavano gli istituti sostenendo che erano destinatari di fondi, salvo poi chiederne la restituzione in virtù di presunte eccedenze accreditate per errore

Pubblicato:23-09-2021 10:54
Ultimo aggiornamento:23-09-2021 11:06
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PALERMO – Scoperta una truffa ai danni di istituti religiosi e case di riposo di tutta Italia. I carabinieri di Siracusa e Torino, con il coordinamento della Procura aretusea, stanno eseguendo diversi obblighi di dimora a carico di indagati ritenuti responsabili di una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di oltre 150 truffe. Gli indagati, spacciandosi per impiegati di banca o di enti benefici, contattavano gli istituti sostenendo che erano destinatari di fondi statali o di somme da parte di anonimi benefattori. L’erogazione del denaro, però, era subordinata al versamento da parte della vittima di una somma da 1.000 a 3.000 euro su conti correnti di complici, a titolo di restituzione di presunte eccedenze accreditate per errore. Secondo i carabinieri le truffe avrebbero fruttato un profitto illecito pari a 254.000 euro. Sono in corso perquisizioni mirate ad eseguire il sequestro per equivalente della somma accumulata illecitamente.

L’indagine, coordinata dall’aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Salvatore Grillo, ha portato all’obbligo di dimora per sette indagati: quattro sono residenti nel Siracusano e tre nel Torinese. Un ottavo indagato è al momento irreperibile. Sono ritenuti responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe in danno di istituti religiosi e case di riposo: i reati sarebbero stati commessi tra il settembre 2014 e il febbraio 2019. Nei loro contatti con le vittime gli indagati mostravano di disporre di informazioni veritiere sulla comunità o l’ente contattato, generando così la piena fiducia negli interlocutori.

Gli istituti religiosi, molti dei quali scuole paritarie o case di cura convenzionate, venivano contattati da persone che si presentavano come impiegati regionali, provinciali o comunali, direttori e impiegati di banca o di uffici postali che preannunciavano l’avvenuto stanziamento, in favore degli stessi istituti, di somme variabili di denaro (qualche decina di migliaia di euro) a titolo di contributo per le attività svolte, rimborsi di vario genere, donazioni di benefattori o contributi pensionistici.


A quel punto veniva riferito alle vittime che l’ente erogatore aveva erroneamente stanziato una somma maggiore rispetto a quella spettante, motivo per il quale veniva chiesta l’immediata restituzione delle somme eccedenti precisando che quella era l’unica modalità per ricevere il contributo nel suo esatto importo. Le vittime procedevano quindi a restituire le somme con vaglia postali o ricariche Postepay, accorgendosi della truffa soltanto quando si recavano presso i propri istituti di credito per riscuotere le sovvenzioni che erano state promesse. Oltre agli otto indagati, destinatari dell’obbligo di dimora, sono stati denunciati in stato di libertà 69 soggetti, che dietro compenso (generalmente variabile dai 200 ai 400 euro), procuravano carte ricaricabili, schede telefoniche per contattare le vittime e notizie utili per guadagnarne la fiducia. L’indagine ha preso le mosse dalla constatazione del significativo aumento, a partire dai primi mesi del 2017, delle truffe in danno di istituti religiosi su tutto il territorio nazionale e ha portato al riconoscimento della banda che operava in tutta Italia.

La Procura di Siracusa e i carabinieri del Comando provinciale sono riusciti a collegare gli episodi ad alcuni residenti nella provincia aretusea, organizzati secondo ruoli ben precisi e ciascuno con mansioni connesse al ruolo nonostante una precisa strategia degli indagati per ostacolare la loro identificazione. Disposto anche il sequestro di 21 conti correnti riconducibili agli indagati. Durante le perquisizioni sono state sequestrate 10 carte di credito-debito in uso agli indagati, ulteriori otto carte ‘vergini’ per la clonazione provviste di microchip e 16.000 euro in contanti. Tre dei soggetti coinvolti nell’operazione sono risultati percettori di Reddito di cittadinanza: per loro è stata proposta la revoca del beneficio.

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