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ROMA – L’Africa è una terza forza, anzi di più, una forza “morale”, perché non è parte della guerra, causata da altri, e in Ucraina è priva di “interessi geopolitici”; dunque un partner sul quale, volendo favorire la pace, bisognerebbe investire. Parola di Alex Veit, politologo dello European Council on Foreign Relations (Ecfr).
Al centro di un’intervista con l’agenzia Dire ci sono le prospettive aperte dalla missione condotta questo mese a Kiev e a San Pietroburgo dai capi di Stato guidati da Azali Assoumani, il presidente di turno dell’Unione Africana. Dopo gli incontri della delegazione con Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, uno dei temi è se e come i Paesi europei sosterranno l’iniziativa. “A differenza di pesi massimi della diplomazia come la Cina, l’Ue o gli Stati Uniti“, sottolinea Veit, “i Paesi africani non hanno alcun interesse geopolitico nella guerra e hanno anzi sofferto molto a causa del conflitto, anzitutto sul piano economico”.
L’esperto continua: “Se in un contesto tanto difficile i leader africani presteranno la massima attenzione e parleranno con una sola voce potranno diventare un riferimento morale riconosciuto da tutte le parti”.
Secondo Veit, si tratta di un percorso pieno di ostacoli e comunque “lungo”.
Un passaggio di rilievo potrebbe essere il vertice dei Brics, il gruppo che riunisce Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, in programma a Johannesburg ad agosto. “Nelle prossime settimane la diplomazia africana sarà molto sotto pressione” avverte Veit: “Controversie e conflitti potrebbero acuirsi per il rischio di una scadenza a luglio dell’accordo sull’export del grano attraverso il mar Nero, per il summit Russia-Africa previsto a San Pietroburgo e infine per il vertice dei Brics”.
Secondo il politologo, “i governi africani vorranno capire se e come l’Europa intende sostenerli”. Un primo segnale, in apparenza incoraggiante, sono missioni di Stato a sud del Sahara già in programma.
“La prima ministra danese Mette Frederiksen e il suo collega Mark Rutte hanno previsto diverse visite e intendono impegnarsi in modo costruttivo in favore dell’iniziativa di pace africana” sottolinea Veit. Che evidenzia un ultimo punto: “I dirigenti subsahariani, anche quelli che propendono dalla parte della Russia, come il presidente sudafricano, sembrano voler riconoscere la sovranità dell’Ucraina e considerare la Carta delle Nazioni Unite come un riferimento”.
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