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Strage Bologna, Francesca Mambro in aula: “Mi sento una deportata, noi di destra carne da macello”

Condannata come esecutore della strage del 2 agosto 1980, sarà interrogata nel processo Cavallini

Pubblicato:23-05-2018 09:49
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:55

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BOLOGNA – Francesca Mambro è arrivata in Tribunale a Bologna per essere sentita al processo Cavallini. La storica esponente dei Nar, condannata in via definitiva con Giuseppe Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini come esecutore materiale della strage del 2 agosto 1980, oggi sarà interrogata (dall’accusa, dal giudice Michele Leoni, dai legali di parte civile) sul ruolo dell’ex Nar Gilberto Cavallini imputato per concorso nella strage.

Mambro, giacca scura e foulard, è arrivata poco prima delle 10 in Tribunale accompagnata dalla sua legale: nonostante ‘l’assedio’ di fotografi e cronisti, che l’hanno accompagnata fino all’aula della Corte d’assise, Mambro non ha rilasciato dichiarazioni.


“MI SENTO UNA DEPORTATA QUI”

“C’è una sorta di autodifesa personale, che è faticosa. Faccio molta fatica anche a ricordare. Venire qui a Bologna è faticoso, mi sento una deportata io qui a Bologna”. Sono le parole di Francesca Mambro, condannata in via definitiva per la strage del 2 agosto 1980, oggi mentre risponde in un passaggio dell’interrogatorio del pm Antonello Gustapane, durante l’udienza in Corte d’assise al processo Cavallini. Appena Mambro, sentita come testimone, le pronuncia in aula, tra i famigliari delle vittime presenti si leva qualche mugugno.

“NON HO NULLA DI CUI VERGOGNARMI”

Non ho mai perduto l’umanità, anche quando ho fatto cose malvagie, ma non ho fatto nulla di cui dovermi vergognare qui oggi a Bologna”. Così Francesca Mambro risponde alle domande del pm Antonello Gustapane, aggiungendo che “essere qui dopo 38 anni, in cui ho fatto un grande lavoro su me stessa, mi provoca angoscia e ansia“. E mentre i familiari delle vittime presenti in aula rumoreggiano ascoltando le parole di Mambro, l’ex Nar tira dritto, affermando di “credere di aver rimosso, in questi anni, il periodo dei processi. Sono andata avanti- dichiara- cercando di riparare al male fatto e facendo ciò che serviva per riportare ordine nella mia vita, perché sono state dette troppe menzogne e cattiverie”.

Bologna, rincara la dose l’ex Nar, “è un luogo in cui non dovrei essere né come teste né come condannata per una strage che non ho commesso. Essere qui- chiude Mambro- è motivo di grande stress emotivo, ma sono qui perché credo in questo Stato e credo che possa portare la verità a questo Paese, e lo faccio perché non mi sono mai tirata indietro”.

“NOI DI DESTRA ERAVAMO CARNE DA MACELLO”

“Dopo la strage di Acca Larentia nell’ambiente si cominciò a riflettere sul fatto che eravamo carne da macello“, e si decise di “non aspettare più che ci sparassero davanti alle sezioni o ci bruciassero vivi, ma di armarci”. Così l’ex Nar Francesca Mambro ricostruisce, al processo Cavallini, i motivi che portarono al suo ‘battesimo del fuoco’ come terrorista di estrema destra, vale a dire la rapina del 15 marzo 1979 all’armeria ‘Omnia sport’ di Roma. Rispondendo alle domande del pm Antonello Gustapane, Mambro, condannata in via definitiva come esecutrice materiale della strage alla stazione ferroviaria, ricorda, appunto, l’attentato del 7 gennaio 1978 in cui persero la vita gli attivisti del Fronte della gioventù Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, a cui si aggiunse l’uccisione, avvenuta qualche ora dopo durante gli scontri con le Forze dell’ordine, dell’altro attivista di destra Stefano Recchioni. “Noi- afferma Mambro- dovevamo armarci per difenderci“, perché dopo Acca Larentia “non avevamo più diritto alla vita né al dolore. E dato che non avevamo depositi di armi come altre organizzazioni, né qualcuno che ce le portasse dall’estero, dovevamo procurarcele in altro modo”.

Non manca, infine, un affondo nei confronti del ministero degli Interni e della magistratura, che secondo Mambro all’epoca ‘coprivano’ gli estremisti di sinistra. “Eravamo prede- dice- non solo degli estremisti di sinistra armati, ma anche di chi aveva ‘solo’ una chiave inglese, come gli assassini di Sergio Ramelli”, e le istituzioni dell’epoca, conclude, “non facevano indagini sui nostri morti e facevano cadere quei fatti nell’oblio”.


ASSOCIAZIONE FAMIGLIARI: MAMBRO-STAR, DEPRIMENTE

Queste le parole della vicepresidente dell’associazione dei famigliari delle vittime del 2 agosto Anna Pizzirani, poco prima di entrare in Tribunale per l’udienza odierna. “Non ho nessuna voglia e nessun interesse di parlare con lei e con suo marito Valerio Fioravanti. Naturalmente, mi aspetto molto poco: a meno che, con l’età matura, non abbia voglia di dire qualcosa. Qualcosa di nuovo, perché nei processi precedenti non ha quasi mai detto niente, assolutamente“, dice Pizzirani commentando l’arrivo in Tribunale di Francesca Mambro.

Su Mambro, giunta in via Farini con occhiali e giacca scura, pantaloni chiari e foulard, continua Pizzirani: “È una settimana che mi si torcono le budella, il fatto di rivederla arrivare, dopo il loro processo e il processo Ciavardini, con uno spiegamento di televisioni e giornalisti che la fanno sembrare una diva, una star, con gli occhiali neri, è una cosa deprimente. Una cosa che crea disappunto, per come gli assassini possano produrre più interesse rispetto alle vittime”, conclude la vicepresidente dell’associazione dei famigliari.


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