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VIDEO | Quando il vetro diventa arte, ad aprile murano diventa Glasstress

In allestimento l'ottava edizione e mezzo della rassegna creata da Adriano Berengo

Pubblicato:23-03-2024 17:51
Ultimo aggiornamento:23-03-2024 18:08

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MURANO (Venezia) – Gli occhi chiusi suggeriscono un enigma, le labbra sono mute, i capelli lunghi coprono la nuca. Il suo volto è denso e nerissimo, levigato. Morbido. Eppure di vetro. La donna scolpita da Jaune Plensa è una porta di accesso al mondo magico di Glasstress, la rassegna biennale di opere di artisti e designer contemporanei realizzate in collaborazione con i maestri vetrai di Berengo studio. Curata da Umberto Croppi, già presidente della Quadriennale di Roma, la mostra aprirà a Murano venerdì 19 aprile in concomitanza con la Biennale d’arte, ma già mercoledì 17 inaugurerà due installazioni alla Tesa 99 dell’Arsenale nord di Venezia.

Così, questa ottava edizione diventa Glasstress 8 e 1/2, la prima, però, a essere ospitata nell’Art space della Fondazione Berengo. Una fornace dismessa comprata nel 2009 e lasciata intatta. È qui che la mostra sta prendendo forma, a due passi dallo studio di Adriano Berengo e dalla fornace dove i maestri vetrai realizzano i desideri degli artisti. “È questa la grande intuizione che ebbe Berengo: una condizione unica in cui l’azienda produce grazie al lavoro dei maestri vetrai solo per e insieme ai grandi artisti internazionali. I nomi che figurano sono straordinari. Nella mostra Glasstress, che sarà per la prima volta in questi ambienti, c’è per esempio Bob Wilson, c’è Ai Weiwei, ci sono Alfredo Pirri e Monica Bonvicini, ma anche artisti e artiste delle nuovissime generazioni che provengono da ogni parte del mondo”, racconta Croppi.
Così, accanto ai forni spenti trova spazio una versione ridotta del mitico lampadario di Ai Weiwei, quella ‘Commedia umana’ esposta alle Terme di Diocleziano, a Roma, in tutta la sua grandezza. Nove metri di altezza, tre tonnellate di peso, duemila pezzi di vetro forgiati dai maestri vetrai dello studio Berengo. Come quello di Chila Kumari Burman, artista di origini indiane e di fama internazionale, che a Glasstress porta il suo Let’s Dance. Un tripudio di vetri colorati danno forma a scimmie, fiori e pappagalli, un omaggio in perfetto stile bollywoodiano al carretto dei gelati guidato da suo padre. Poco prima si incontra l’opera di Bonvicini. Una cascata di cinte dal sapore iniquo, messaggio dell’artista contro la violenza sulle donne. Sembra pelle e vinile, ma solo da vicino si svela la natura di quei lacci fatti di vetro nero.

Un lupo e un maiale sono i protagonisti dell’opera di Nathalie Djurberg animata da Hans Berg. L’artista insieme al vetro usa il cemento, dando vita a un contrasto di materie e tonalità che ancora una volta racconta la capacità trasformativa del vetro. “Tutte le altre forme di arte sono compiute nel momento in cui vengono realizzate. Il vetro ha questa caratteristica alchemica per cui l’idea prende forma grazie a una sapienza e a una manualità che mischia materie prime diverse- osserva Croppi- ed è straordinario vedere come gli artisti siano attratti dall’abilità dei maestri vetrai che realizzano la loro opera”.
Mettere insieme la tradizione del vetro di Murano con l’arte contemporanea è una eredità che Adriano Berengo ha saputo raccogliere da Peggy Guggheneim. Fu lei negli anni Sessanta a portare per la prima volta gli artisti sull’isola veneziana, introducendo al vetro nomi di spicco come Picasso e Chagall. Attivo nel mercato del vetro già tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, Berengo colse il potenziale di quel connubio e lo sviluppò. Oggi sono trecento gli artisti che hanno esposto nelle diverse edizioni di Glasstress, tanto che la rassegna è riuscita ad affermarsi come una delle più importanti esposizioni di arte contemporanea in vetro al mondo.


Dopo le esposizioni a Palazzo Franchetti, sulle rive del Canal Grande, quest’anno per il suo 35esimo anniversario Glasstress torna a Murano. Dove la tradizione vetraia, che porta qui 12 milioni di visitatori ogni anno, è sempre più copiata in tutto il mondo. “Ma ci sono cose che hanno bisogno dell’ambiente in cui sono nate. È il genius loci. Murano e Venezia non sono l’unico luogo al mondo dove si lavora il vetro, ma è qui che stanno prendendo la residenza i grandi artisti. Non è solo il contesto romantico della città- fa notare il curatore- ma c’è un motivo più profondo, quello che consente la realizzazione di queste opere”. Una alchimia che viene dal passato, ma in grado di attrarre anche che giovanissimi artisti da tutto il mondo. Come Fariba Ferdosi, che dall’Iran arriva a Glasstress con la sua corona di spine in cristallo iridato. La rassegna le dedica una sala. Quasi buio tutto intorno, la luce arriva solo da quelle spine sinuose, nate dalla creatività di una donna iraniana e create dalle mani dei maestri di Murano.

NELLA FORNACE CHE FA ARTE, BERENGO: MA SEMPRE MENO MAESTRI VETRAI

La notte è del maestro fuochista. È lui il padrone della fornace. È la sua cucina. Entra, mette insieme gli ingredienti, li dosa, li assaggia. E li lascia pronti per la cottura. Con la luce del giorno i forni si accendono, arrivano a 1.200 gradi. È la temperatura giusta per fondere il vetro e poi lavorarlo, appena scende a 700 gradi. Allora interviene il maestro vetraio. Osserva quella pasta trasparente sistemata all’estremità di un’asta di metallo. Con le spatole di grandezza diversa inizia a dare forma a quella materia. Tantissime forme diverse, altrettanti colori. Siamo nella fornace dello Studio Berengo, tra le più attive a Murano, l’unica dedicata esclusivamente alla realizzazione di opere d’arte in vetro. È qui che avviene la magia. È qui che gli artisti e i maestri vetrai lavorano fianco a fianco. Provano, sperimentano. Pronti a gettare tutto e ricominciare da capo. O a sorridere per la nascita di un capolavoro. Creatività e manualità. Artista e artigiano.

“È il futuro di Murano”, dice Adriano Berengo, impegnato ad allestire la nuova edizione di Glasstress, la rassegna di arte contemporanea e vetro che aprirà in concomitanza con la Biennale d’arte. È preoccupato, però, Berengo. “Stiamo vivendo una situazione drammatica- dice- nell’isola tutti i maestri sono prossimi alla pensione e mancano i giovani. Vent’anni fa qui c’erano cinquemila addetti al vetro, oggi saranno 300 o 400. Il mercato c’è, anche se è inquinato dalle imitazioni, ma manca una struttura scolastica che addestra i giovani e faccia loro amare questo mestiere”. E non è da tutti. “Devi saper leggere un disegno, resistere alla temperatura di agosto, quando qui dentro fanno 45, 50 gradi. Intelligenza, costanza, amore delle tradizioni del passato, ma soprattutto del futuro”, dice. Trent’anni sono passati dalla sua intuizione di portare l’arte contemporanea a Murano, allora tutta bicchieri e lampadari. “Le cose tradizionali meritano rispetto, ma ho pensato che quest’isola poteva rinascere portando qui gli artisti, mettendoli in contatto con i maestri vetrai. E siccome i creativi vogliono avere visibilità, ho creato Glasstress, dove negli anni ho invitato decine di nomi a cimentarsi con questo materiale. Tra loro e i maestri vetrai- racconta- si crea un bel rapporto”.

Tanto che qui alcuni operai indossano la maglietta di Ai Weiwei, l’autore del grande lampadario della ‘Commedia umana’. Tre anni di lavoro e una collaborazione mai finita: mentre Berengo parla, dietro di lui il maestro vetraio forgia uno dei granchi che fanno parte dell’opera. “I maestri sono un’estensione della mano dell’artista- aggiunge infine Berengo- ma la città deve mettersi in testa di creare delle scuole”. Perché il futuro di Murano qualcuno lo deve saper costruire.

SARA, UN FUTURO DA MAESTRA VETRAIA: APRIRÒ UNA FORNACE A CATANIA

Sara ha 24 anni e un sogno: diventare maestra vetraia e aprire una fornace nella sua città, Catania. Scarpe da cantiere, pantaloni da lavoro e i capelli biondi raccolti in una coda di cavallo, Sara ha scelto lo studio di Adriano Berengo, nel cuore di Murano, per imparare questo mestiere. Considerato maschile e faticoso. “A 18 anni anni sono andata a Milano a lavorare- racconta- poi un giorno per divertimento sono venuta qui e ho visto lavorare il vetro. E me ne sono innamorata”. Inizia a chiedere alle fornaci di poter lavorare, viene presa da Berengo, l’unico che il vetro lo lavora solo per creare opere d’arte. La incontriamo qui, intenta a fondere il vetro. La faccia davanti alla bocca infuocata del forno che viaggia a una temperatura 1.200 gradi. Aiuta i maestri, si muove con familiarità in mezzo alla ‘piazza’ della fornace che in estate raggiunge anche i 50 gradi. Lavora qui ogni giorno, da un anno e mezzo. “Ho imparato tutto lavorando- dice- ho iniziato tardi in realtà, perché la maggior parte dei maestri già da giovane entra in fornace”.
Essere una donna in un mondo di uomini “a volte pesa, perché lavorare il vetro comporta anche grandi spostamenti di massa e spesso si fa fatica. Il mio punto di forza è mettere la testa nel fare le cose. Usare la fisica, giocare con le leve”. È così che intende realizzare il suo sogno: “Diventare maestra vetraia e aprire una mia fornace in Sicilia, a Catania. Lì non c’è questa tradizione, si ferma a Napoli. Ma io spero di essere la prima”.

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