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Lo scudetto dell’Inter piena di debiti: il vero miracolo a Milano

L'altra faccia della festa: Zhang deve trovare 380 milioni entro maggio per non perdere il club campione d'Italia

Pubblicato:22-04-2024 23:06
Ultimo aggiornamento:23-04-2024 15:24

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ROMA – Quelle bandiere davanti al Duomo, i caroselli, le mille luci accese a San Siro per il derby che poi sciamano per le vie di Milano. Lo scudetto dell’Inter è un dejà vu. Una festa che funziona come un set Lego: metti tutto in una scatola nell’anno del miracolo napoletano e poi ricomponi a memoria. Il miracolo, come da tradizione citazionistica, torna a casa, a Milano. Ed è un miracolo che vive a compartimenti stagni: c’è il risultato sportivo, il campo, i gol di Lautaro; e c’è il club con l’acqua alla gola, i debiti, i prestiti a interessi quasi da strozzo. Tutto con lo stesso abito da Prima alla Scala: la vittoria del campionato e le manovre d’alta finanza per sopravvivere. Tutto in una sola Inter, quella della seconda stella (forse cadente). Un attimo vincente, l’attimo dopo fuggente.

Mentre anche l’aritmetica premia la stagione in fuga dell’Inter, Steven Zhang lavora per provare a tenersela. Ha un debito con Oaktree da circa 380 milioni di euro, interessi compresi, che scade a maggio. L’alternativa al passaggio di mano coatto al fondo californiano è rifinanziare il debito. Pare sia in ballo un accordo con Pimco per 400 milioni di euro da restituire in tre anni. Insomma, da un fondo californiano all’altro. Ma la sostanza non cambia: la società che vince la Serie A non avrebbe i soldi per farlo. E’ un paradigma.

Vince l’Inter, e spettacolarizza una dinamica che il calcio italiano conosce fin troppo bene: il piccolo imprenditore come il magnate straniero, che compera in saldi, si indebita, vince qualcosa, fallisce. Una parabola che nel caso dell’Inter diventa danno collaterale dello sfascio della politica industriale di una superpotenza cinese, Suning.


A maggio “una delle società di comodo con sede in Lussemburgo che Suning Holdings Group utilizza per controllare l’Inter (Grand Tower) – spiegava qualche tempo fa The Athletic – dovrebbe ripagare un prestito ricevuto nel 2021 dalla società di gestione patrimoniale statunitense Oaktree Capital con un tasso di interesse del 12%. Oaktree può trasformare il debito in sospeso in azioni e prendere possesso della società”.

Per l’Inter, la famiglia Zhang ha speso finora 732 milioni, da giungo 2016 quando comprò per 128 milioni le quote di Thoir e Moratti. L’indebitamento finanziario netto al 30 giugno 2023 era pari a 437 milioni di euro. Su queste basi però l’Inter ha avviato una serie di manovre di mercato ad alta efficienza ingegneristica. Marotta è riuscito a vendere bene per far respirare le casse del club, e a comprare meglio investendo sul “qui ed ora” dei parametri zero. Ha ribaltato così in un anno il fenomeno Napoli, in crisi totale, e dopo aver conquistato la finale di Champions lo scorso anno, è volato in campionato senza resistenze. Il paradosso di tantissime vittorie italiane: il famigerato “campionato dei conti” è in fondo uno sport di nicchia che eccita solo i feticisti del rigore.

Sicché l’Inter vince il suo scudetto, con una lenta transumanza. Una processione come alle feste paesane, imbellettata dai triti richiami all’impresa. Più o meno sempre uguale, euforica anche per disillusione. I debiti sono una quinta della stessa scena, ma le luci sono tutte altrove. A San Siro. E dove sennò?

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