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Sileri: “Estate sarà normale, molto improbabili varianti più aggressive”

"Quarta dose va fatta, è il ‘personal trainer’ del sistema immunitario"

Pubblicato:22-04-2022 18:12
Ultimo aggiornamento:22-04-2022 18:12

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ROMA – Ci stiamo ormai avviando verso una fase endemica del virus e ci aspetterà un’estate “tranquilla”, anche perché è “molto improbabile“ che arriveranno varianti più aggressive. Certo è che il Covid rimarrà con noi a lungo e determinerà forme influenzali “più pesanti” di quelle che conosciamo. È quindi opportuno che i più fragili facciano una quarta dose di vaccino, da considerare come una sorta di “personal trainer” del sistema immunitario, poiché il richiamo serve per allenare la “memoria” soprattuto nei più anziani. Intanto a partire da maggio si potrà dire addio alle mascherine al chiuso, ma “non i tutti luoghi”, perché è “impensabile” non utilizzarle per esempio negli ospedali o nelle Rsa, così come sarebbe opportuno mantenerle ancora un po’ su treni ed aerei. Quanto ad una ipotizzata emergenza profughi ucraini, con i 100mila già arrivati in Italia, il problema che possano diffondere ancora il virus nel nostro Paese “non esiste”, anche perché una “buona fetta” di loro avrà già contratto il Covid anche se non lo sa. Infine, qualcosa di “buono” la pandemia l’ha comunque lasciato, cioè un “restyling” del Servizio sanitario nazionale, grazie al quale ne esce migliore, ma anche una maggiore coesione sociale soprattutto nelle aree più colpite dal virus. Di questo ne ha parlato il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire

I dati di questi giorni registrano una diminuzione di ricoveri e delle terapie intensive. ‘Il virus non ha il calendario sottomano’, lei ha detto, ma possiamo dire che si prospetta un’estate più serena per gli italiani?

“Senza dubbio, ormai siamo fuori dalla fase acuta della pandemia, ci troviamo in una fase di transizione verso la fase endemica. Il virus rimarrà quindi con noi. L’ultima variante individuata o le varianti successive, poi vedremo quali, si modificheranno nell’arco dei mesi e degli anni, ma ormai il Covid farà parte di quei virus che ciclicamente, durante l’arco dell’anno, determineranno forme influenzali più gravi, rispetto ad altri virus che conosciamo, e ancora più pesanti per coloro che non hanno mai incontrato il virus o parte di esso, sia nella forma naturale sia in quella artificiale con la vaccinazione. Ormai ne siamo fuori, è molto improbabile che questo virus possa improvvisamente fare una variante molto più diffusiva, cattiva e ricominciare da capo. Questo significherebbe avere davanti un altro virus. Abbiamo visto che i vaccini che noi oggi utilizziamo, che partono dal ceppo originario provenuto dalla Cina due anni fa, hanno funzionato e funzionano benissimo su tutte le varianti ad oggi conosciute. Sarà quindi un’estate tendenzialmente normale, certo, sempre con il rischio che qualcuno possa essere positivo e che debba andare in isolamento; ma si tratta di positivi che oggi nella stragrande maggioranza dei casi, parlo dei vaccinati, hanno una forma influenzale pesante che però finisce lì. Sarà invece un problema e continuerà ad esserlo per chi non è vaccinato, basta osservare i dati che provengono dalla Cina oppure da Hong Kong, dove la letalità del virus Omicron 2, che peraltro è più leggero rispetto al virus originario, è intorno al 5% nella popolazione generale perché i vaccinati sono molto pochi. Il virus darà fastidio a chi non è vaccinato e a coloro che hanno fatto la dose molto tempo fa e che rischiano una reinfezione. È chiaro che esiste sempre la memoria del sistema immunitario e quindi solitamente una reinfezione è meno grave, ma può essere anche grave”.


L’obbligo di mascherine all’aperto ormai non c’è più. Ora sono in molti a chiedersi quando sarà possibile toglierle anche al chiuso. È prematuro?

“Eliminare le mascherine al chiuso va fatto con giudizio e bisogna partire dall’analisi dei dati. La circolazione attuale del virus tende senza ombra di dubbio a ridursi, così come la gravità, infatti i posti in terapia intensiva vanno gradualmente a diminuire, non in maniera rapida, questo è un fatto, però si stanno riducendo. Oggi tutti dicono ‘dal primo maggio togliamo le mascherine al chiuso’, ma bisogna osservare come il virus circolerà a quella data. È auspicabile che potremo togliere le mascherine per gran parte delle nostre attività anche al chiuso, ma magari non in tutti i posti al chiuso; laddove c’è un maggior rischio, per esempio, credo possa essere ragionevole tenerle ancora per un paio di settimane. Su treni o aerei, per esempio, probabilmente conviene tenerle ancora un po’, mentre negli ospedali o nelle Rsa è impensabile garantire un accesso senza mascherine, bisogna proteggere determinate situazioni. È evidente che maggio sarà il mese in cui abbandoneremo la mascherina, almeno stando ai numeri di oggi, ma non posso dare una data perché è un qualcosa di burocratico al quale però serve un supporto scientifico legato all’andamento del virus. Se dovesse esserci una recrudescenza della circolazione, ad ottobre magari sarà necessario rimetterle. Insomma, valutiamo i numeri, sono quelli che ci indicheranno cosa dobbiamo fare”.

Intanto negli Stati Uniti l’uso della mascherina sui voli è stato delegato alla scelta del viaggiatore. Questa opzione potrebbe danneggiare anche noi, consentendo più facilmente la trasmissione in volo e poi sul nostro territorio?

“In questo caso la scelta è stata delegata ad un’autorità giuridica, che ha ritenuto ciò che che l’Ecdc aveva sottolineato come necessario per almeno un altro paio di settimane, cioè l’utilizzo delle mascherine. Di nuovo si scontrano ciò che è giuridico con ciò che è sanitario. Lo stesso è accaduto in Italia con il Green pass: c’è stato un momento in cui il peso amministrativo del certificato verde ha superato il suo peso sanitario, per cui molte persone sono andate a farsi la terza dose non perché ci credessero ma perché c’era il Green pass. E dare questa interpretazione è stato un male, infatti abbiamo un calo sulle terze dosi. La stessa cosa vale ora per la mascherina: la circolazione del virus nei prossimi giorni continuerà a crollare, ma ancora non è così, è ancora oggi vediamo purtroppo un discreto numero di decessi e di positivi. La fase di transizione spesso è la più delicata, allora due settimane in più di mascherina, non ovunque, ma laddove è maggiore il rischio di contagiarsi, non credo faccia una grossa differenza. Si tratta solo di rimodulare piccole cose”.

Capitolo vaccino: quello contro il Covid diventerà annuale come quello per l’influenza? Ad oggi, intanto, la quarta dose soprattutto per gli anziani non sta riscuotendo molto successo…

“La cosa più probabile è che se questo virus circolerà ogni anno sarà disponibile un vaccino, quello attuale oppure aggiornato alle nuove varianti, questo lo vedremo nel tempo. La nostra popolazione in questo momento è molto protetta ma non lo sarà a lungo, allora se il virus circolerà nel mese di ottobre qualcuno lo rincontrerà e si immunizzerà di nuovo, qualcuno farà la vaccinazione e quindi sarà protetto, così il prossimo anno avremo una grossa fetta della popolazione ormai avvezza all’incontro con il virus. È la stessa cosa che accade con il virus influenzale: ogni anno ci sono dei virus, diversi, che circolano ma che probabilmente abbiamo già incontrato negli anni passati, ecco perché l’influenza stagionale non fa grossi danni, perché la popolazione o l’anno precedente o negli anni precedenti in qualche modo quel virus lo ha incontrato. Nel futuro allora accadrà che questo virus sarà uno di quelli che abbiamo incontrato nella nostra vita, che potremmo rincontrare, e per il quale ci siamo immunizzati naturalmente o artificialmente. Per questo non farà grossi danni, ma purtroppo farà sempre i suoi morti. Nel 2022 è probabile che il Covid faccia più morti rispetto a quelli che farà nel 2023, quando ancora più popolazione avrà incontrato il virus o si sarà vaccinata. Questo è il razionale dietro il richiamo. Diciamo che la quarta dose è un ‘personal trainer‘ del sistema immunitario per quel determinato soggetto. Il richiamo serve infatti ad allenare il sistema immunitario e questo serve soprattutto a chi è più anziano perché più fragile è il suo sistema immunitario”.

In Italia sono arrivati circa 100mila profughi dall’Ucraina, Paese che non ha mai brillato per il numero di vaccinazioni. E infatti poche delle persone arrivate hanno completato il ciclo vaccinale. Però non sono stati registrati focolai di Covid. Pensa che esista una emergenza Covid legata ai profughi o si tratta di un timore che non esiste?

“Non credo proprio possa esistere una emergenza Covid legata ai profughi ucraini, per due motivi: innanzitutto hanno utilizzato vaccini in gran parte simili ai nostri, poi probabilmente è stata molto sottostimata, così come in tanti altri Paesi europei, la quota di persone che sono risultate positive al Covid e non lo sanno, soprattutto negli ultimi due mesi, da quando cioè l’Ucraina è sotto le bombe. Francamente credo sia davvero l’ultimo dei problemi fare un tampone o un test sierologico. Penso in ogni caso che la popolazione ucraina abbia già una importante quota di persone che ha incontrato il virus. Quando queste persone arrivano in Italia vengono chiaramente testate e viene offerta loro la vaccinazione, ma faccio davvero fatica a pensare che possa esserci con un movimento di persone uno spostamento di quello che è l’andamento della diffusione del Covid nel nostro Paese. Vedo invece come un problema più ampio quella mole di persone che ancora non ha fatto la terza dose. Quando giro per gli ospedali e parlo con i miei colleghi sul campo, quello che sento è che in terapia intensiva va prevalentemente chi non è ancora vaccinato, chi non ha fatto la terza dose o chi ha fatto un vaccino molto tempo fa e ha tantissime altre malattie concomitanti che aggravano il suo quadro clinico. Sono quindi più preoccupato dallo scemare della protezione acquisita con vaccinazione o con incontro del virus. Parlo di determinate categorie di pazienti e di determinate fasce d’età, ma sicuramente non fare la terza dose è molto rischioso. Non vedo invece assolutamente il problema con lo spostamento di 100mila persone che sono venute in Italia, di cui probabilmente una buona fetta aveva già contratto il virus e non sapeva di averlo, un’altra è già vaccinata, mentre un’altra ancora immagino si vaccinerà qui da noi”.

Le Regioni non hanno ancora inviato al ministero della Salute i dati relativi alle vaccinazioni della popolazione Ucraina?

“Si tratta di flussi che sono cresciuti enormemente nelle ultime settimane, non abbiamo ancora i numeri delle persone che sono vaccinate. È quasi invece impossibile sapere se qualcuno ha preso o meno il virus. Se oggi mi si chiede quanti ucraini più o meno hanno preso il virus, al di là dei dati ufficiali che possiamo leggere, quel numero è assolutamente sottostimato al reale numero di persone asintomatiche o paucisintomatiche che nelle varie ondate hanno incontrato il virus”.

Che tipo di insegnamento ci ha lasciato il Covid e soprattutto c’è qualcosa che la pandemia ha prodotto di positivo nella nostra vita? Dicevano “ne usciremo migliori”…

È accaduto? “Senza ombra di dubbio il Servizio sanitario nazionale ne esce migliore, perché il restyling tanto atteso dagli operatori della sanità ma anche dai nostri pazienti diventa finalmente una realtà. Da un lato ci sono i fondi che arrivano attraverso il PNRR, quindi circa 20 miliardi di euro, dall’altro l’incremento del Fondo sanitario nazionale che porterà 128 miliardi nel 2024. Un aumento che non si era mai visto negli ultimi due lustri e che ha portato ad un rafforzamento anche nella formazione, con un imbuto formativo notevolmente ridotto, e ad investimenti sul territorio. Diciamo che questo restyling è qualcosa che rimarrà come patrimonio. È chiaro che c’è ancora molto da fare, ma la pandemia ha sicuramente accelerato il processo di riforma. Se siamo migliori? Questa domanda andrebbe rivolta al singolo, ma se la fa a me in qualità di medico, anche se in questi anni solo ‘burocratico’, rispondo che quando si vivono delle tragedie dovrebbe aumentare la coesione sociale. E ad occhio e croce direi che la popolazione italiana è stata toccata da questo tema, in alcune aree più colpite dal virus sicuramente c’è una maggiore attenzione al prossimo, ma spero anche una maggior fiducia nelle istituzioni e nel Servizio sanitario nazionale. Mi auguro che questo duri, anche se c’è sempre una fetta di popolazione, a volte rumorosa ma per fortuna molto limitata, che attraverso i social o altri mezzi di comunicazione purtroppo non rappresenta davvero quella che è l’Italia che crede nel prossimo”.

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