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“Io non sono liberato”, anatomia di un fenomeno musicale

https://www.youtube.com/watch?v=RhTVg5C2uHQ&feature=youtu.be NAPOLI - Può un’esperienza musicale essere raccontata attraverso la parola scritta? È possibile racchiudere nelle pagine

Pubblicato:21-12-2018 15:15
Ultimo aggiornamento:21-12-2018 15:15
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NAPOLI – Può un’esperienza musicale essere raccontata attraverso la parola scritta? È possibile racchiudere nelle pagine di un libro qualcosa che gli stessi protagonisti di quell’esperienza vogliono tener celata a tutti i costi lasciando trapelare solo quello che, coscientemente, decidono possa essere divulgato? La risposta a entrambe le domande è ‘sì’. Sì se il fenomeno, nato con molta probabilità come una grande scommessa, deflagra oltre ogni possibile aspettativa; ‘sì’ se quell’esperienza porta il nome di Liberato.

Sei videoclip, apparizioni live che si contano sulla punta delle dita di una mano, oltre 50 milioni di visualizzazioni solo su YouTube e una valanga di commenti, articoli e speculazioni sull’artista senza volto, per la maggior parte focalizzati proprio sul tentativo di scoprire quell’identità celata dalla ormai celebre felpa con cappuccio. Ma il fenomeno Liberato è molto di più, dietro c’è un’idea artistica originale quanto spregiudicata, c’è un meccanismo di showbiz sofisticato e ben oliato. Insomma, una vera e propria macchina da guerra il cui obiettivo finale è sconosciuto a pubblico e addetti ai lavori almeno quanto lo è il volto dell’artista.


A provare a mettere un po’ d’ordine in questa storia è il giornalista e scrittore Gianni Valentino con il suo “Io non sono Liberato” (Arcana editore, Collana Cantautori del Duemila – pp. 286 – 17,50 euro). Il libro è un lungo viaggio nella musica napoletana e non solo. Perché solo in questo modo si può spiegare quell’esperienza musicale che sembra essere nata all’ombra del Vesuvio – ma anche di questo non c’è certezza – per varcare presto, con poche mosse ben studiate, i confini non solo regionali ma nazionali.

“Io non sono Liberato”, spiega Valentino alla Dire, “è il libro che davvero racconta e tiene insieme tutte le reti di questo progetto napoletano, in lingua napoletana, un po’ pop, un po’ club, un po’ neomelodico”. Il volume, accompagnato anche da un QR code da cui è possibile scaricare contenuti extra come cronologia, interviste e capitoli aggiuntivi, può essere letto come un ‘poliziesco’ dove l’autore, in veste di novello Sherlock Holmes della musica, con deduzioni proprie, testimonianze – Clementino, Raiz, Fabri Fibra, Nino D’Angelo, Populous, Ivan Granatino, Gemitaiz, Livio Cori, Bawrut, Planet Funk, Enzo Chiummariello, Gigi D’Alessio – e analisi scientifiche – quella del foniatra Ugo Cesari convinto che dietro la voce di Liberato si nasconda in realtà Livio Cori – conduce il lettore a comprendere e a dipanare la matassa di quello che di sicuro è il “prodotto” musicale per eccellenza degli ultimi anni in Italia.

Valentino scioglie, a modo suo, anche uno dei grandi dubbi che accompagna l’artista napoletano (?) sin dalla pubblicazione di ‘Nove maggio’: l’essere o meno un cantante ascrivibile al fenomeno neomelodico. “C’è un capitolo – spiega l’autore – in cui parlo di codice neomelodico-neomelò. Potenzialmente, per me, Liberato è un neomelò perché ha il melodramma nella sua natura musicale più che il neomelodico tout court come viene inteso dai più”. L’analisi di Valentino è così pervasiva e puntuale che lo svelare l’identità dell’artista passa addirittuta in secondo piano anche perché “Liberato ha avuto la forza di rinunciare al suo volto mettendo il volto di Napoli e le sembianze della città, diventando molto più prepotente e pervasivo degli altri”.

Dopo i giudizi, le impressioni e le ipotesi raccolte in “Io non sono Liberato”, Valentino affida alla Dire la sua opinione sull’artista. “Il punto debole di Liberato – ammette – potrebbe essere l’autoreferenzialità e la reprise dei suoi stilemi espressivi. Il punto di forza è sicuramente aver capito bene, all’origine, il mix da comporre tra i vari generi musicali e il fatto di mettere al centro, comunque, la parola napoletana e la canzone napoletana perché il fascino che ha questa canzone, benedetta-maledetta, non ha eguali”.

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