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Leopolda, ottavo atto: Renzi riunisce i suoi ma incombe lo spettro della Sinistra

Se in passato Renzi alla Leopolda ha giocato con le metafore, stavolta il ‘rottamatore’ è chiamato a fare i conti con le figure retoriche lasciate sul campo

Pubblicato:21-11-2017 18:02
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:55

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FIRENZE – Leopolda, ottavo atto. Andrà in scena questo fine settimana la kermesse di Matteo Renzi, quest’anno intitolata “Incontro”. Cancelli aperti venerdì prossimo alle 19, per il consueto aperitivo di benvenuto, chiusura dei lavori domenica dopo l’intervento di Renzi, atteso per le 13.


Sette anni, otto edizioni con la sinistra ancora costretta a fare i conti con l’onda lunga partita nel 2010. Perché prima che altrove è sul palco della Leopolda che si sono manifestati i sintomi dell’incompatibilità tra l’allora establishment del Pd e Matteo Renzi, quel ‘fateci largo’ in arrivo di rincorsa perché a modo suo anch’esso interprete di quel sentimento popolare nato negli anni pungenti della crisi economica. E’ dentro l’ex stazione che gli addetti ai lavori hanno letto i prodromi della scissione consumata 7 anni dopo.

 

LA STAGIONE DELLA ‘ROTTAMAZIONE’

La prima – “Prossima fermata Italia”, inaugura di fatto la stagione della “rottamazione”. Il motto è più gentile, “al passato grazie, al futuro sì”, il concetto però è ‘muscolare’ e sintetizzare l’esigenza della nuova leva politica. Brutalmente, suonava così: siete nella stanza dei bottoni da decenni e avete fallito, ora fatevi da parte.

Alla guida del governo c’è Silvio Berlusconi e Renzi, sindaco di Firenze, con a fianco l’allora consigliere regionale lombardo, Pippo Civati, suonano la carica sentenziando che senza un cambio di passo la sinistra non metterà all’angolo il Cav e la destra. Palco minimal e interventi di pochi minuti per raccontare il film alternativo, un canovaccio rivisto negli anni a seguire. L’appuntamento è molto fiorentino, anche se sul palco salgono Debora Serracchiani e Ivan Scalfarotto.

Big Bang – La “rottamazione” fa rumore e scappa dai confini cittadini. Così ad un anno di distanza Renzi, scaricato Civati, si ripresenta alla Leopolda con Matteo Richetti rinforzando la fenomenologia della rottamazione con l’allegoria “I dinosauri non si sono estinti da soli”. E’ Firenze e Renzi che lanciano il meteorite sul passato.

Una metafora talmente forte che induce Pier Luigi Bersani, allora segretario del ‘Dem’, alla controffensiva: “Bisogna ripartire dai giovani, ma guai ad un ricambio secondo lo slogan. Non si può dar l’idea che un giovane per andare avanti deve scalciare, deve insultare”. A stretto giro arriva replica di Renzi al veleno: “Io non scalcio. Non sono un asino, sono abituato a camminare”.

Fuori dalla Leopolda, il governo Berlusconi è al capolinea. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sta già pensando a Mario Monti, ma quella platea lancia il guanto di sfida a sinistra: la voglia di primarie. Sul palco salgono Giorgio Gori, Luigi Zingales, Sergio Chiamparino, Graziano Delrio, lo scrittore Alessandro Baricco.

 

LEOPOLDA DI LOTTA E DI GOVERNO

Primarie – “Viva l’Italia viva”, è l’edizione del 2012. La prima elettorale, con l’assalto finale di Matteo Renzi a Pierluigi Bersani in vista delle primarie del centro sinistra (poi perse dal sindaco). Sul palco Pietro Ichino, Oscar Farinetti e di nuovo Alessandro Baricco. C’è anche il finanziere Davide Serra, un nome su cui la polemica impazza. Sono i bersaniani che su Serra concentrano il ‘fuoco amico’, contestando la logica liberal a cui dà spazio Renzi. Il sindaco chiude la Leopolda con il podio tipico del confronto all’americana, lo stesso usato nel match a Sky contro Bersani.

Congresso – “Diamo un nome al futuro”, l’edizione del 2013, tira la volata a Renzi in corsa per la segreteria del Pd. E’ una Leopolda congressuale, che arriva nei mesi tribolati del governo Letta (e di quel “non vinto” del Pd), dopo i franchi tiratori che stroncano la candidatura di Romano Prodi al Quirinale, il bis di Napolitano e le dimissioni di Pier Luigi Bersani dalla guida dei ‘Dem’. E’ in questa occasione che sbarca nell’ex stazione la novità dei 50 tavoli tematici. E’ la prima volta del ministro Dario Franceschini.

 

 

Di governo – Quella del 2013 è l’ultima edizione di lotta. Nel 2014 Renzi torna nell’ex stazione da segretario, con il Pd oltre il 40% delle europee, e da premier. La casa è la stessa ma il paradigma si è ribaltato: i “rottamatori” sono al potere e la Leopolda veste i panni dell’esecutivo, si fa ‘di governo’. ‘Matteo’ non è il più il numero uno di Palazzo Vecchio ma di Palazzo Chigi e tra palco e sala si potrebbe organizzare un consiglio dei ministri, vista la presenza massiccia dei vertici dei dicasteri.

Così nel 2014, “Il futuro è solo l’inizio”, sono le notizie che arrivano da fuori a condizionare i lavori. A Roma la Cgil riempie piazza San Giovanni contro il jobs act. A Firenze ci sono gli operai delle acciaierie di Terni fuori dai cancelli dell’ex stazione (poi ricevuti dal premier).

 

 

Stesso copione nel 2015 e la coreografi garage de “La terra degli uomini”, quando è la rabbia dei risparmiatori di Banca Etruria a bussare alla porte della Leopolda, con tanto di vertice nel retro palco tra il ministro delle Economia Pier Carlo Padoan e una delegazione di clienti dell’istituto di credito. Un 2015 sempre di governo, visto che il palco- su cui campeggia un’Italia stilizzata- diventa una sorta di ‘parlementino’ dove i ministri sono sottoposti al question time della platea.

Il referendum – Quella dello scorso anno “E adesso il futuro”, è la terza edizione di governo. Sull’ex stazione, però, campeggia un unico tema: il referendum costituzionale. Da una parte la minoranza, schierata contro la riforma, dall’altra i “leopoldini”, la platea di Firenze che per la prima volta grida “fuori-fuori” ai dissidenti e a Massimo D’Alema. E’ l’edizione dello scontro e degli scontri, come quelli esplosi in piazza San Marco, nel centro di Firenze, tra le forze dell’ordine e gli antagonisti decisi a forzare gli scudi della polizia per portare la protestare davanti all’ex stazione.

 

 

 

RITORNO ALLE ORIGINI

La Leopolda 8 – Sarà un’edizione, ha spiegato l’ex premier, “più simile a quella delle origini”. Spoglio del ruolo di premier “potremo scatenarci di più”. E ancora: “Sarà scoppiettante e molto incentrata sui racconti e sulle idee. Poca politica tradizionale, come ai primi tempi, e molto spazio alle storie e alle proposte”.

Ci sarà, inoltre, “un momento di verifica sul reale stato di situazione economica del Paese, con l’esposizione dei numeri e il fact-checking sulle bufale di questi mesi”, anticipa il segretario nella sua e-news. Il format sarà quello di sempre, interventi dal palco per 4-5 minuti e dovrebbero essere confermati i tavoli tematici.

Tuttavia sarà una Leopolda con le orecchie tese su quel che succede fuori. Con tutti i corsi e i ricorsi storici del caso. Perché quel ‘si ritorna alla origini’ rimanda ancora una volta ad un insoluto, un tema inevaso: i rapporti tra il Pd targato Renzi e la sinistra. Questione caldissima visto che a marzo si vota e gli scissionisti di Mdp sono disposti a ragionare con i democratici solo dopo il voto, con i numeri del Parlamento.

C’è poi il treno. La prima Leopolda richiamava alla stazione, “prossima fermata Italia”. Quest’anno, molto probabilmente, Renzi raggiungerà la Leopolda con il treno del Pd parcheggiato a pochi metri dal polo congressuale e fieristico. Non mancheranno le parole d’ordine, una su tutte, la più inflazionata alla Leopolda: “futuro”. Ci sarà l’area dedicata ai gadget e lo spazio gioco con le educatrici per i bambini. E farà nuovamente capolino il tormentone di sempre: bandiere del Pd sì, bandiere no.

E se in passato Renzi proprio alla Leopolda ha giocato con le metafore, stavolta è il ‘rottamatore’ chiamato a fare i conti con le figure retoriche lasciate sul campo. Finito il primo giro di giostra torna in stazione, lì dove tutto è cominciato. Ci arriva in treno e vorrebbe ripartire per scrivere una nuova pagina delle politica italiana da protagonista sapendo che se gli italiani a primavera gli volteranno le spalle potrebbe essere la sua ultima corsa.

di Diego Giorgi, giornalista

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