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Riondino debutta alla regia con ‘Palazzina Laf’, una storia vera di mobbing all’Ilva di Taranto

L'attore e regista presenta il suo primo film da regista alla Festa del Cinema di Roma: "L'ho fatto per dovere di cittadino"

Pubblicato:21-10-2023 13:22
Ultimo aggiornamento:21-10-2023 13:22

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ROMA – Michele Riondino fa il suo debutto alla regia con ‘Palazzina Laf’, oggi in anteprima alla 18esima Festa del Cinema di Roma. L’attore e regista racconta una storia vera di licenziamenti e mobbing all’Ilva di Taranto.

PALAZZINA LAF, LA STORIA

È il 1997, Caterino (Riondino), un uomo semplice e rude, è uno dei tanti operai che lavorano nel complesso industriale dell’Ilva. Vive in una masseria caduta in disgrazia per la troppa vicinanza al siderurgico e nella sua indolenza condivide con la sua giovanissima fidanzata il sogno di trasferirsi in città. Quando i vertici aziendali decidono di utilizzarlo come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi, Caterino comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi solo ed esclusivamente alla ricerca di motivazioni per denunciarli. Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina Laf, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro consuete mansioni. Questi lavoratori non hanno altra attività se non quella di passare il tempo ingannandolo giocando a carte, pregando o allenarsi come fossero in palestra. Caterino scopre sulla propria pelle che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al demansionamento. E che da quell’inferno per lui non c’è via di uscita.

PALAZZINA LAF, RIONDINO: “HO FATTO QUESTO FILM PER DOVERE DI CITTADINO”

Una storia del 1997 intrisa di piccoli dettagli legati al presente, come la scritta alla banchina del bus ‘Ilva is a killer’. “Dal mio punto di vista la politica la sta gestendo malissimo. Quell’azienda è morta e nessuno se n’è accorto, o meglio, ce ne siamo accorti solo noi tarantini. Finché non se ne rendono conto i politici quell’azienda continuerà ad ingoiare e a fagocitare denaro pubblico”, ha detto Riondino all’agenzia Dire. “Ho deciso di inserire elementi del presente per far sì che lo spettare ricordi la condizione di oggi”, ha aggiunto il regista. “Ho fatto questo film prima di tutto per dovere di cittadino e poi perché amo il mio lavoro. Ho parlato della vertenza Taranto- ha proseguito- nei concerti, interviste, convegni ma fino ad oggi non avevo mai utilizzato la mia arte per raccontare la mia verità. Ci ho messo tanti anni per raccogliere informazioni e non essere superficiale”. La verità “purtroppo non è sempre popolare. E noi dobbiamo fare in modo che lo sia sempre”, ha concluso Riondino.


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