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Boxe e integrazione: ecco il ‘Tyson’ italiano di Tor Bella Monaca

La vita del giovane nigeriano di Roma nel corto premiato al Festival di Venezia

Pubblicato:21-09-2018 16:39
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:35

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ROMA – Una bella storia di sport e integrazione. Di un ragazzo che avrebbe voluto combattere per l’Italia fin da subito, appena indossati i guantoni, appena salito sul ring, appena scoperto di avere qualità e tecnica. Ma non ha potuto. Almeno non subito. Lui è Tyson Alaoma, romano di 18 anni, un giovane pugile figlio di nigeriani ma nato in Italia, che ha dovuto aspettare la maggiore età per combattere per il paese in cui è nato. Vive a Tor Bella Monaca e ora la sua storia è diventata un cortometraggio, ‘My Tyson’, per la regia di  Claudio Casale e sceneggiatura di Alessandro Arfuso. Un corto perfetto, tanto che da Roma è arrivato a Venezia e ha vinto il premio come miglior documentario della sezione MigrArti alla 75esima edizione della mostra del cinema di Venezia.

ECCO IL ‘TYSON’ ITALIANO DI TOR BELLA MONACA

Il corto di Arfuso e Casale ci racconta Tyson, della sua vita, della sua passione, dalla casa di Tor Bella Monaca alla palestra di Torre Angela: un piccolo mondo moderno, tutto in pochi, pochissimi chilometri. E in pochi minuti, che però sono stati giudicati il miglior documentario della sezione MigrArti. “Venezia è stata un’esperienza fantastica– spiega Casale- per noi era una vittoria poter essere lì, portare una storia su cui abbiamo lavorato molto e su cui credevamo. E quando è arrivato il premio…” il regista e lo sceneggiatore del film sono rimasti “sorpresi. Il livello era alto- dice ancora Casale-. Abbiamo esultato, gioito, anche perché il lavoro è stato difficile, complesso, i tempi del documentario ci piacerebbe fossero più lunghi. Il lavoro è stato sofferto in qualche modo”.


“Un premio con un forte valore simbolico”

Il riconoscimento non ha forse un particolare valore economico, sicuramente lo ha dal punto di vista simbolico: “Un pezzo di legno di una delle barche di Lampedusa– spiega Arfuso-. Non un premio in oro ma con un forte valore simbolico”. Sui motivi che hanno portato alla scelta di un tema così delicato, il regista di ‘My Tyson’ precisa: “È un tema importante per la nostra generazione. Hai bisogno di dire la tua su un tema del genere”, che gli ricorda i viaggi, le volte che ha lasciato (temporaneamente) l’Italia e le difficoltà incontrate “che mi hanno portato a chiedere aiuto. Mi hanno aiutato persone che sapevano che non avrebbero avuto niente in cambio e questo aiuto spesso ha fatto la differenza”.

“Tyson ha potenzialità enormi, ha superato nostra idea”

Alla realizzazione del corto sono arrivati partecipando “ad un bando- spiega Arfuso- abbiamo cercato e raccontato una storia osservandola, dopo aver conosciuto dei personaggi, come Tyson, i familiari e i suoi compagni di boxe”. Per il regista “quando siamo entrati in contatto con Tyson, avevamo una nostra idea ma lui è andato oltre, ha potenzialità enormi, può cambiare tanto la carriera che ha davanti, può essere un simbolo di questo paese“. La prima volta che hanno incontrato Tyson, ricorda Arfuso, “era molto impaurito. Poi siamo tornati e ha iniziato a scherzare, era un’altra persona”.

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In occasione del Festival di Venezia, quindi del premio vinto dal cortometraggio, “noi eravamo lì, Tyson invece al Mondiale a rappresentare l’Italia”. Ora il risultato del loro lavoro dovrebbe fare il percorso inverso, tornare a Roma, a casa: “Vogliamo fare delle proiezioni nel quartiere, nella palestra“, e non solo. “Il cortometraggio è stato prodotto dalla Magda Film e in coproduzione con Arci Solidarietà Onlus e con il supporto di Idea Prisma 86, Liberi Nantes e Centro Astalli. Ora pensiamo a proiezioni in centri di accoglienza su Roma. Questo fine settimana saremo al Festival di Perugia-PerSo, speriamo di arrivare anche in sala, in distribuzione, magari accompagnando dei film”.

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