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Faraone: “Franceschini rivoluziona il sistema? Bene, e che accada presto anche in Sicilia”

"O adesso o mai più: anche la Sicilia

Pubblicato:20-08-2015 16:02
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:30

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davide faraone“O adesso o mai più: anche la Sicilia si adegui alla rivoluzione avviata a Roma dal governo Renzi e liberi i beni culturali da questa gabbia”. Lo scrive su Facebook il sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, che entra così nella polemica scoppiata dopo l’assunzione di 7 stranieri su 20 alla guida dei principali musei della Penisola. “Si introduca una norma speciale- sprona Faraone-  per un settore strategico speciale. Si attivino finalmente i servizi aggiuntivi. E basta custodi a non finire per lasciare chiusi i musei, basta orari d’apertura decisi con i sindacati e non valutati per consentire una migliore fruizione del pubblico, senza il rischio di trovarsi chiusa la porta, come spesso accade, purtroppo, in Sicilia”.

E sui commenti negativi alla nomina dei 7 direttori stranieri, Faraone parla di  “provincialismo e pressappochismo”, perché non trova la manovra “anti italiana”. I direttori stranieri “sono troppi? No, perché non è mai troppo il merito”. Tuttavia, sottolinea Faraone, “ciò che accade nel resto del paese non scalfisce nemmeno lontanamente la Sicilia. Tranquilli, qui resiste l’argine dello statuto speciale”.

La riforma messa in atto dal ministro Dario Franceschini, spiega Faraone, “fra autonomie speciali, poli museali, selezioni tramite concorsi pubblici internazionali, senza dimenticare l’iniziativa dell’Art Bonus, rappresenta una reale rivoluzione del sistema. Qualcosa che l’Italia aspettava da decenni”.


E insiste sul tema dell’autonomia: “i musei restano legati a impalcature burocratiche folli, impossibilitati a gestire con tempi, modi e approcci efficaci le loro attività. Tutto passa dalle complesse trafile regionali. Impossibili le collaborazioni esterne qualificate, impossibile portare a termine con facilità cooperazioni con sponsor e partner privati, impossibile acquistare materiali, provvedere a servizi, gestire i proventi dei biglietti, immaginare programmi e trovare fondi per finanziarli, in totale autonomia: in una parola nessuna indipendenza gestionale-amministrativa. Il che – continua – significa anche nessun concorso pubblico internazionale per selezionare direttori, curatori, conservatori, consulenti, uffici stampa, staff didattici e organizzativi. Quello che fanno cioè, con ottimi risultati, realtà private come Fondazione Prada o Fondazione Trussardi, oppure pubbliche come il Mart di Trento e Rovereto, per fare giusto degli esempi in Italia”.

Di Redazione

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