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Le proteste degli studenti sono giuste e non possono essere cancellate dal gesto di un giovane stupido

Si sta affacciando una nuova generazione, assai diversa dal passato, perché cresciuta in tempi di crisi perenne e nel pieno della rivoluzione tecnologica. L'editoriale del direttore Nico Perrone

Pubblicato:20-03-2024 18:30
Ultimo aggiornamento:20-03-2024 18:30

protesta giovani
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ROMA – Sgomberiamo subito il campo: il gesto del giovane studente che nell’aula del Senato ha mimato con le mani una pistola rivolta contro la premier Giorgia Meloni è grave e va condannato. Il ragazzo, che lo ha ripetuto anche una seconda volta in faccia al presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, ha cercato di giustificarlo politicamente, in questo modo dimostrando stupidità e ignoranza. Perché quel gesto riporta alla violenza degli anni di piombo, quando migliaia e migliaia di mani a mò di pistola venivano alzate durante le manifestazioni di piazza, gesti che molte volte erano accompagnati da veri colpi di pistola e con morti sulle strade. Ma lo studente di oggi ignora, magari considera il suo gesto pure dimostrazione di coraggio, invece è segno di stupidità politica innanzitutto. Detto questo,però, non si può fare di ogni giovane un fascio, magari pensando così di mettere a cuccia le migliaia e migliaia di giovani che in questi ultimi mesi sono scesi in piazza a manifestare, molte volte accolti dalle manganellate della polizia. Azioni dure, a volte ingiustificate ed eccessive, che ha costretto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a scendere in campo a loro fianco: “l’autorevolezza delle forze dell’ordine – ha detto il Capo dello stato- non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.

Vero che vanno condannate le manifestazioni di intolleranza che si sono viste, con giovani che hanno impedito lo svolgersi di convegni o presentazioni di libri e dibattiti, ma l’attenzione va comunque spostata sul fatto che i giovani sono tornati a farsi vedere e sentire. In particolare sui temi dell’antifascismo e dell’istruzione, sulla parità di genere e il cambiamento climatico. Essere giovani in Italia è più difficile che altrove. Sono migliaia e migliaia quelli che ogni anno se ne vanno altrove, a cercare un futuro che qui ormai sembra impossibile schiacciati come tutti siamo sull’urgenza e l’emergenza del momento, dell’attimo. Quelli che restano molte volte sono costretti a restare coi genitori fino a trenta e passa anni. Meno male che ci sono loro che ci pensano, ma comunque è segnale non di normalità ma di un problema sociale grave. Si sta affacciando una nuova generazione, assai diversa dal passato, perché cresciuta in tempi di crisi perenne e nel pieno della rivoluzione tecnologica. Sono dotati di nuovi strumenti di informazione e interazione che hanno sviluppato in loro atteggiamenti precisi nei confronti del lavoro, sempre più precario, i consumi, l’ambiente, la politica. Ecco, di questo si tratta, si affaccia sulla scena una nuova generazione politica, con un’idea alternativa di futuro che ci tiene all’equità e allo sviluppo sostenibile. La politica, quella che vediamo ogni giorno all’opera, è distante, più interessata al voto dei vecchi pensionati che a quello incerto dei giovani che non si lasciano abbindolare. E non si pensi che questa nuova generazione sia ignorante e indifferente. Non segue le vecchie modalità, ma tutti i sondaggi certificano che sono comunque informati e che, a loro modo, si considerano impegnati. Anche se gli stessi sondaggi certificano però che c’è una grande fetta di loro che si disinteressa della sfera politica e di ogni forma di partecipazione appartenenti soprattutto a ceti popolari e con bassi livelli di istruzione. Se vogliamo far ripartire davvero il nostro Paese dobbiamo valorizzare questa nuova generazione, senza chiudersi in difesa o respingendo coi manganelli. Dall’altro tocca anche ai giovani fare attenzione a che il loro modo di relazionarsi non si trasformi in eccessiva semplificazione o nella scorciatoia dell’intolleranza ideologica. La democrazia non vive se prevalgono manganelli e intolleranza, e non ha futuro senza giovani pronti a difenderla. Tocca a chi governa e riveste funzioni politiche e pubbliche cambiare modo di agire, proporre soluzioni innovative. Tocca ai giovani avere il coraggio di discutere, di mettere le loro idee alla prova del confronto. 


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