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Lo Snami contro l’Ausl di Bologna: “Il medico ‘telefonico’ dovrebbe essere eccezione, non la norma. È rischioso”

Il sindacato medico Snami attacca le nuove linee guida emesse dall'Ausl per la gestione delle emergenze, che tra le altre cose rendono standardizzata la figura del medico che viene consultato al telefono dagli infermieri: "È contrario alla deontologia e alle linee guida nazionali"

Pubblicato:19-10-2023 10:03
Ultimo aggiornamento:19-10-2023 10:03
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AMBULANZA
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BOLOGNA – Procedure “in gran parte inapplicabili, scientificamente discutibili” e “rischiose per la sicurezza delle cure”. Così il sindacato medico Snami giudica le nuove linee guida emesse dall’Ausl di Bologna che dettano, tra le altre cose, le funzioni del nuovo ‘medico link’ (il medico che viene consultato telefonicamente, durante la gestione delle emergenze, ma non è presente sul posto, ndr) e le istruzioni per gli interventi di soccorso. In una lettera lo Snami, anche “a nome di oltre 50 medici di emergenza territoriale” iscritti al sindacato, annuncia la sua “presa di distanze e la richiesta di immediato ritiro per revisione di quelle indicazioni operative appena emesse e relative alle procedure infermieristiche 118 unilateralmente prodotte dall’Ausl di Bologna”.

Allo stesso tempo, lo Snami chiede “l’apertura di un tavolo di lavoro con le rappresentanze dei medici e degli infermieri di emergenza territoriale, al fine di addivenire a una seria e condivisa progettualità che rispetti tanto i pazienti quanto i diversi profili professionali, tutelando la sicurezza delle cure ed evitando l’esposizione, anche medico legale, dei professionisti coinvolti”.

“PROCEDURE INAPPLICABILI E DISCUTIBILI”

Secondo lo Snami, infatti, le indicazioni dell’Ausl di Bologna prevedono “procedure per grande parte inapplicabili, oltre che scientificamente discutibili“. Tra l’altro, continua il sindacato, “differiscono in maniera sostanziale da quanto previsto dagli schemi di riferimento emessi a livello regionale” nel 2016, dal momento che “modificano grossolanamente i principi in esso contenuti, oltre a presentare criticità già segnalate anche dalla Federazione degli Ordini dei medici dell’Emilia-Romagna”. Secondo lo Snami, si tratta di “specifiche criticità che rendono a nostro giudizio medico scientifico il documento inapplicabile e talora financo rischioso per la sicurezza delle cure e per la salvaguardia medico-legale degli operatori sanitari coinvolti”.


IL MEDICO ‘TELEFONICO’ ANDREBBE UTILIZZATO SOLO “IN CASI ECCEZIONALI”

Lo Snami punta in particolare il dito contro il cosiddetto “medico link”, ovvero il medico di collegamento che si trova in centrale e viene interpellato al telefono dagli infermieri che si trovano ad operare sulle emergenze, con l’ambulanza. Scrive lo Snami: “La consulenza del medico link, intesa come televalutazione anche finalizzata alla prescrizione da remoto di farmaci, è una procedura non coerente con le raccomandazioni di buona pratica clinica, che non prevedono la telemedicina per l’assistenza di pazienti critici e instabili come standard ordinario”, se non in situazioni eccezionali. Eppure, stando alle linee guida dell’Ausl di Bologna, spiega lo Snami, il medico link dovrebbe “delegare sistematicamente l’esecuzione di atti medici tra cui la valutazione e l’inquadramento diagnostico anche a fini prescrittivi, basandosi unicamente su informazioni riportate e filtrate da altri, peraltro in un contesto spesso caotico dove si assistono pazienti non noti e spesso con poche informazioni disponibili”.

Questa “prescrizione farmacologica remota a mezzo telefono su pazienti non noti, critici- contesta il sindacato- costituisce un modello eccezionale che non ci risulta esser opportuno o possibile far divenire lo standard, in sostituzione all’equipe medico-infermieristica in loco, peraltro in un’Ausl che non soffre carenza di personale medico 118″.
Questa impostazione del medico link, insiste lo Snami, sarebbe quindi in contrasto sia con “il codice di deontologia medica” sia con le linee guida nazionali che “chiarisono le rispettive competenze del medico di centrale operativa e del medico addetto all’emergenza territoriale”. Secondo il sindacato, peraltro, “lo stesso principio si dovrebbe applicare anche agli algoritmi infermieristici”.

TROPPO CAMPO LASCIATO AGLI INFERMIERI

Gli infermieri che intervengono su un paziente critico, sottolinea lo Snami, non sono più tenuti a richiedere subito l’intervento del medico, come “previsto dagli schemi regionali”, ma anzi possono “attuare azioni di supporto delle funzioni vitali e talora anche diagnostico terapeutiche, senza contestuale richiesta di intervento medico, ritardandone in questo modo sistematicamente la fisica presenza e posponendola”. Procedure di questo tipo, sottolinea lo Snami, “non sono a noi note in letteratura, nemmeno in ambito ospedaliero”. Per il sindacato “in nessun caso” si può “pretendere che i medici di centrale operativa deleghino sistematicamente e per via telematica atti medici, o mediante procedure algoritmiche automatiche e standard che non contemplino la complessità biologica del paziente”.

SERVE “ACCURATA VALUTAZIONE” PER SCEGLIERE I FARMACI PER LE EMERGENZE

C’è poi il problema dei farmaci usati nelle procedure di emergenza, ricorda lo Snami, la cui somministrazione il più delle volte è prevista “solo da parte di medici esperti“. Il sindacato cita in particolare situazioni critiche come persone in overdose o in crisi epilettica, ma anche l’utilizzo di morfina per il trattamento del dolore. “Il tempestivo trattamento del dolore acuto è un passaggio essenziale- afferma lo Snami- ma la prescrizione di stupefacenti e psicotropi non si ritiene possa essere indipendente da un’accurata valutazione clinica e prescrizione terapeutica secondo le vigenti norme. Peraltro è esperienza comune dei medici di emergenza che lo schema proposto non sia quello migliore e più appropriato a tutti i casi, essendo la scelta della strategia terapeutica molto più articolata caso per caso”.

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