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Revenge porn, Emme Team: “Nell’ultimo anno il 60% delle vittime erano uomini”

E su Tiziana Cantone: "Tante prove contro l'ipotesi di suicidio"

Pubblicato:19-05-2022 16:00
Ultimo aggiornamento:19-05-2022 16:30

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ROMA – Circa sei anni fa Tiziana Cantone, una giovane ragazza di Napoli, veniva trovata senza vita in casa di sua zia. Tiziana era stata vittima di revenge porn e i suoi video personali avevamo cominciato a circolare in rete. Nei giorni scorsi quei video erano tornati nel web con un messaggio raccapricciante: “Il video della defunta Tiziana, che si è suicidata dopo che il suo video è stato diffuso su Internet. Sono stati rimossi. Fino ad ora! Divertiti!”.

Il gruppo Emme Team, formato da esperti informatici e studi legali professionali, che all’epoca dei fatti si era già occupato di cancellare i video, si è immediatamente attivato per rimuoverli nuovamente dalla rete, avvisando dell’accaduto la signora Maria Teresa Giglio, la mamma di Tiziana Cantone. La Dire ha raggiunto telefonicamente il Gruppo Emme Team per saperne di più.

– Siete tornati ad occuparvi del caso di Tiziana Cantone, la ragazza morta suicida vittima di revenge porn sul web. Cosa è successo?


“Emme Team si è occupata del caso Tiziana Cantone fino alla scorsa estate, quando le prove sono state consegnate alla Procura che sta ancora indagando. Il lavoro di blocco dei video è iniziato nel 2020 e ha impiegato un anno per poter ripulire il web. Ma ogni volta che qualcuno riprova a rimettere online uno di quei video, siamo presenti, ci attiviamo e lo blocchiamo. Giusto questa mattina abbiamo raccolto quanto fatto ieri e inoltrato ai legali che seguono la madre di Tiziana Cantone, la signora Maria Teresa Giglio”.

– Dubitate che si tratti di suicidio. Quali sono i motivi che vi hanno portato a questa conclusione?

“Tante le prove raccolte. Ma essendo un caso aperto non possiamo fornire altre informazioni, rispetto a quelle già uscite nel corso dell’ultimo anno e pubblicate sul nostro website o sui vari articoli di giornale”.

– Quanto è diffuso il revenge porn in Italia?

Il Revenge Porn è sfortunatamente un crimine molto diffuso, quanto il concetto di vendetta, che nasce dentro chi decide di prendersela con le proprie vittime. Spesso è proprio la vendetta che scatena l’illogica volontà di utilizzare la vita private di una persona per colpirla e farla soffrire. Abbiamo avuto modo di visionare centinaia di casi, da quelli più semplici ad alcuni che hanno richiesto più tempo. Un dato interessante, che riguarda però i casi delle persone che si sono rivolte a noi, è che nell’ultimo anno abbiamo riscontrato quasi un 60% di casi in cui le vittime erano uomini”.

– Vi occupate anche di pedopornografia, un’altra piaga del web, che sembra negli ultimi anni aumentare. Quanto pesa questo fenomeno nel web e come si può combattere concretamente?

“Abbiamo collaborato con alcune Procure proprio per identificare alcuni responsabili della diffusione di materiale pedo-pornografico, specialmente negli ultimi due anni, così come stiamo tuttora seguendo alcune famiglie che hanno avuto la sfortuna di avere i propri figli coinvolti in questa terribile situazione”.

– In questi anni vi siete occupati in Italia di una serie di casi in cui avete messo a disposizione le vostre conoscenze e professionalità. Qual è stato il più complesso?

“Ogni caso presenta diversi gradi di complessità. Ma è proprio la connessione tra istinto umano e tecnologia che ci sta permettendo di aiutare alcune Procure in Italia a risolvere casi complessi, così come le famiglie delle vittime che si sono rivolte a noi. Per spiegarlo in modo semplice, persino un assassino è altamente probabile che abbia una pagina social o utilizzi WhatsApp. Il fatto di poter accedere a dati negli Stati Uniti, dove risiedono tutti i server che gestiscono messaggistica e social network, ci permette di dare risposte più veloci e risolvere casi. Non importa se chi commette crimini usa dati reali per aprire i propri profili. Lo stesso sistema che traccia, passando dagli Stati Uniti, ogni nostra singola attività web, le nostre vite per il marketing, diventa un’occasione per chi deve indagare per scoprire ad esempio dove un potenziale assassino si è mosso durante i giorni in cui ha compiuto il suo crimine e le informazioni all’interno di questo sistema permettono di avere dati certi e veloci. Se in Italia si creasse una sinergia più forte tra l’accesso ai dati per investigazioni penali che abbiamo qui negli Stati Uniti, si potrebbe avere la risposte ai casi in modo veloce. Mentalità che sta cambiando, come prova la nostra collaborazione con alcune Procure. Stiamo partecipando a quattro indagini con la Procura in questi giorni e abbiamo mandato investigativo e legale su altri otto casi importanti, che speriamo arrivino a una soluzione in breve tempo”.

– Che consiglio dareste ai genitori di figli adolescenti per evitare che possano diventare vittime del web? “Per quanto un genitore possa stare attento, oggi più che mai la possibilità che qualcosa possa accadere, con Internet, è sempre presente. Ma se vi trovate in una situazione che coinvolge i vostri figli, ricordatevi di non sottovalutare il problema e che è possibile trovare una soluzione, se si agisce in fretta. Abbiamo aiutato genitori negli ultimi mesi, disperati perché la soluzione sembrava impossibile, ma alla fine è arrivata”.

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