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Conte batte Renzi sulla leadership della ‘nuova Dc’

Promettendo un'iniziativa del governo sulla legge elettorale ha tolto al fiorentino anche l'ultima arma che gli restava

Pubblicato:19-01-2021 14:15
Ultimo aggiornamento:19-01-2021 16:13

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ROMA – Giuseppe Conte accomodante, ‘concavo e convesso’, per dirla con Berlusconi. Matteo Renzi spigoloso, sempre all’attacco, ambizioso. Il fare bonario dell’avvocato pugliese ha prevalso sull’avanguardismo del sindaco di Firenze nella gara a chi sarà il leader del futuro partito centrista, la perennemente evocata ‘nuova Dc’. Perché al di là della disputa istituzionale, e di quella programmatica, è questa la partita che si è giocata nelle aule – e nei corridoi – parlamentari.    

Con la riforma che porterà i deputati a 400 e i senatori a 200, farsi rieleggere sarà sempre più difficile. E lo sarà soprattutto per partiti che giocoforza mettono in conto una drastica riduzione dei consensi. Il M5s, per fare solo un esempio, non porterà più 338 parlamentari tra Montecitorio e Palazzo Madama, come fece nel 2018 quando prese il 32 per cento alle elezioni. Nei sondaggi oggi veleggia intorno al 15 per cento, il che significa, che se andrà bene nella prossima legislatura i rieletti M5s saranno una settantina. Per questo motivo, nei due anni trascorsi tanti deputati e senatori sono usciti dai gruppi, dove peraltro vigeva la regola delle restituzioni.

Dall’inizio della legislatura i fuoriusciti M5s sono stati 47, 31 alla Camera e 16 al Senato, che in gran parte sono andati a ingrossare le file del gruppo misto. Adesso, messi di fronte all’ipotesi di un gruppo parlamentare ad hoc, che faccia riferimento direttamente al premier, con il miraggio soprattutto di una lista che alle prossime elezioni potrebbe superare il 10 per cento, molti ex M5s stanno scegliendo Conte. Alla Camera lo hanno fatto in 8.  


Ma le sirene di Palazzo Chigi sono ben udibili non solo nei M5s anche dalle parti di Forza Italia, partito che potrebbe trovarsi a fare i conti con un progressivo appannaggio della forte leadership berlusconiana. Il trasferimento dell’ex presidente della Regione Lazio Renata Polverini in maggioranza è il più eloquente dei segnali. Non è un mistero, infatti, che Polverini sia stata corteggiata a lungo anche da Italia viva, da quello stesso Renzi che oggi le rimprovera di portare il ‘soccorso nero’ al governo.       

Nei 12 mesi in cui il Covid ha sospeso la lunga crisi di maggioranza (doveva avvenire sulla prescrizione) che Renzi preparava per l’inizio del 2020, i neo-centristi si sono attrezzati. E lo hanno fatto in un dialogo sempre più fitto con ‘l’avvocato Conte’, come lo chiama sprezzante Renzi, il quale alla fine è parso più affidabile di quanto non lo sia stato l’ex sindaco di Firenze. Promettendo un’iniziativa del governo sulla legge elettorale ha tolto al fiorentino anche l’ultima arma che gli restava. Torna il proporzionale, per i tifosi del ‘sindaco d’Italia’ tira brutta aria. 

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