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Monsignor Galantino: “Scelgo il confine…dove si accoglie”

A Palazzo Firenze la presentazione di 'Sul confine. Incontri che vincono le paure'

Pubblicato:18-12-2019 12:15
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:46
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ROMA – “Oggi il nostro Paese e il nostro cattolicesimo sono tentati dal provincialismo, ricaduta del mondo globale e anticamera del nazionalismo”, ha sostenuto Andrea Riccardi, Presidente della Società Dante Alighieri, durante la presentazione, ieri a Palazzo Firenze, di ‘Sul confine. Incontri che vincono le paure’, l’ultimo libro di Mons. Nunzio Galantino (ed. Piemme, 2019), a cui hanno partecipato anche l’autore e Marco Damilano.

Il Prof. Riccardi ha poi proseguito: “Una parte di questa società è alla ricerca dell’uomo forte e delle semplificazioni, che non di rado sono bugie; le parole di papa Francesco sui migranti, che qualcuno evoca per ingigantire la paura, sono in realtà nel solco della tradizione dei papi del Novecento, da Pio XII a Paolo VI e Giovanni Paolo II. Nel dibattito odierno non emerge a sufficienza quanto i migranti siano essenziali per la rigenerazione del nostro Paese”.

Mons. Galantino ha voluto rimarcare il significato del titolo scelto: “Assistiamo a un tentativo di tradimento semantico della parola ‘confine’, che è usata come sinonimo di ‘barriera’ e invece significa ‘soglia’, ovvero dove si piazza la porta e si accolgono le persone. Il confine non va superato o annullato, ma riconosciuto e abitato tutti i giorni con intelligenza. Va accolto il messaggio pressante di papa Francesco di una Chiesa in uscita: è un invito culturale di uscita dalla retorica, dai luoghi comuni e dal politicamente corretto. È un esercizio di libertà”.


Molti sono i ‘confini’ rintracciati da Marco Damilano nel volume – quelli della coscienza, quelli tra laici e cattolici, quelli tra uomo e dolore: “Tra questi scelgo quello più familiare che ci permette di fare il punto sulla presenza sociale e politica dei cattolici italiani. Non c’è impegno politico dei cattolici senza un retroterra sociale, culturale, spirituale. Questo è ciò che è mancato di più negli ultimi vent’anni: in questo presente in cui siamo schiacciati, viene meno la valutazione razionale del possibile, ovvero la terra, e la sofferenza per l’impossibile, ovvero la tensione verso il cielo”.

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