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FOTO | La scuola per parrucchiere di Soaila, l’afghana che sfidava i talebani

Speciale 'Donne da ricordare'

Pubblicato:18-10-2019 16:46
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:51

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soaila parla alle donne celebrazione 8marzo

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ROMA – Tra le strade distrutte di Kabul con il suo foulard bordeaux raggiungeva il ‘Saba Centre’ tutti i giorni. Non c’era luce, nè acqua potabile, le mura della città erano crivellate dai colpi della guerra contro i talebani. Ma Soaila Aslami era capace di “vedere il futuro oltre la guerra”, e nel ‘Centro del Domani’ (questo il significato di ‘Saba Centre’), organizzava corsi di alfabetizzazione e attività ricreative per bambini, e, dopo l’incontro con la fondazione Pangea, insegnava alle donne ad acconciare e tagliare i capelli

“Quando l’ho conosciuta in Afghanistan aveva una trentina d’anni e il solo fatto che faceva la parrucchiera sotto i talebani mi aveva colpito, l’ho trovata geniale”, racconta alla Dire Simona Lanzoni, vicepresidente di fondazione Pangea, coordinatrice di Reama-Rete per l’empowerment e l’auto mutuo aiuto e amica di Soaila, scomparsa poco più che trentenne per un cancro. 

“Viveva in una stradina piena di cunicoli, le donne andavano da lei per farsi tagliare e pettinare i capelli, le truccava- continua- Poi si rimettevano il burka e tornavano dove dovevano. In questo modo le aiutava ad esprimere la propria femminilità, ma anche a superare i momenti di disperazione attraverso un sistema di aiuti alimentari che aveva creato nel suo distretto”. 

Di donne Soaila aveva cominciato ad occuparsi da quando, nel 2003, la fondazione Pangea aveva cominciato a girare per i centri femminili di Kabul alla ricerca di realtà con cui collaborare e avviare progetti di lungo periodo, “al di là di quelli d’emergenza che dopo sei mesi lasciavano le persone appese. Era la direttrice del ‘Saba Centre’ e, un’altra cosa che mi aveva stupito, era che dirigeva anche degli uomini, trattandoli da pari”. 

Rispettata dagli uomini, attivissima durante il regime talebano, punto di riferimento per il suo quartiere. Soaila era “una donna speciale”, racconta l’amica, perchè “devi esserlo per tenere in piedi questi centri, avere la forza di rispondere quando ti attaccano, quando un ministero ti vuole far chiudere, quando ti minacciano, quando si presenta un marito che non vuole che la moglie segua i corsi”. 

Sono le mamme dei bambini del ‘Saba Centre’ le prime a partecipare al progetto Jamila. “Soaila glielo spiegava e le invitava” ai corsi di alfabetizzazione, sartoria, sulla salute riproduttiva, di educazione civica e sui diritti umani. E poi “il microcredito, con cui mettevamo a disposizione di ogni donna una somma di 100-150 euro l’anno per attivare o rafforzare la propria attività, con l’obiettivo di risparmiare. Soaila è stata un ponte con le beneficiarie- sottolinea la vicepresidente di Pangea- In più, ha innovato il nostro progetto perchè era emerso che molte donne non si riconoscevano delle competenze. E infatti nel 2004 abbiamo aperto il primo corso per parrucchiera, che poi è diventato una nostra tradizione”. Frequentato “da donne qualunque, soprattutto povere, molte vedove, che però vivevano sempre in un contesto familiare, non sole con i figli”. 

Soaila, invece, di figli non ne aveva. “Viveva con sua madre e sua sorella- racconta ancora Lanzoni- Per lei non avere un marito era un problema, la viveva male e soffriva molto. In Afghanistan allora per una donna non essere sposata era un’onta sociale. Poi lei era così attiva. Era riconosciuta, ma non un esempio per le altre, perchè troppo fuori dagli schemi. Aveva nello sguardo la sfida alla vita per cercare la propria libertà”. Pochi anni dopo arriva la malattia, “un tumore alle ovaie o all’utero, non l’ho mai capito, perchè io nel frattempo ero tornata in Italia ed ero rimasta incinta”, ricorda Lanzoni. Nel giro di pochi mesi la situazione precipita, “ma le mie colleghe non me l’avevano detto”. 

Soaila muore nella primavera del 2007. Pochi e di bassa qualità i farmaci in Afghanistan, “credo che non sia stata curata bene. Dopo il parto, tornata a Kabul, sono andata a trovare la madre e la sorella. Non avevano stipendio, le abbiamo sostenute per tre anni, fino al matrimonio della sorella. Poi ho incontrato le donne del ‘Saba Centre’. Non ci sono parole”, in questi casi, dice Lanzoni, “ci si mette in cerchio e si piange. È come fosse uno specchio- ragiona, la voce rotta dalle lacrime- Da una parte non sei un esempio sociale da seguire, in realtà sei un punto di riferimento fondamentale. Queste donne si sono ritrovate senza Soaila, una persona con cui sfogarsi, che ad ogni problema trovava una soluzione”. 

Oggi il ‘Saba Centre’ è chiuso, ma Jamila continua e Kabul ha visto nascere a poco a poco tanti piccoli negozi di parrucchiere, frutto dei semi di Soaila. “Mi manca molto la sua risata fresca, che ti metteva gioia- è l’ultimo ricordo dell’amica- ridevamo molto insieme. Ancora oggi ho in ufficio un quadretto di legno realizzato dai bambini del ‘Saba Centre’: raffigura una donna con il burka e una gabbia di uccellini sopra la testa”.

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