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Metà dei diplomati non ha le competenze minime in matematica: in un libro tutti i numeri della scuola

Presentato oggi a Roma 'Scuola. I numeri da cambiare'. Il ministro Valditara: "L'istruzione torni ad essere un ascensore sociale"

Pubblicato:17-11-2022 15:04
Ultimo aggiornamento:17-11-2022 15:04

scuola vuota
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ROMA – Circa la metà degli studenti italiani arriva alla maturità con competenze matematiche insufficienti, mentre più del 70% della popolazione italiana è sotto i livelli minimi di conoscenze di cittadinanza. E solo l’1% degli adolescenti, sogna di fare il docente. Sono solo alcuni dei dati analizzati nel volume ‘La Scuola, i numeri da cambiare’, presentato oggi a palazzo Wedekind a Roma con Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito; Carlo Bonomi, presidente di Confindustria; Gianfelice Rocca, presidente Fondazione Rocca; Andrea Gavosto, direttore Fondazione Agnelli; Attilio Oliva, presidente dell’associazione TreELLLE e Francesco Profumo, presidente Fondazione Compagnia di San Paolo.


L’ascensore sociale si è bloccato: siamo tornati all’anno 2000 per quanto riguarda la capacità del mondo della scuola di far sì che chi nasce in condizione modeste possa passare a uno stato superiore. Intanto, un milione di posizioni lavorative non sono ricoperte perché non si trovano competenze adeguate. Questo incide sulla capacità del sistema imprenditoriale di crescere e creare sviluppo. Abbiamo la necessità, quindi, di una scuola che offra opportunità lavorative ai nostri giovani e sia in grado di formare questa cittadinanza attiva, nell’ottica della scuola del merito”, ha detto il ministro dell’Istruzione e del Merito, che ha poi parlato di una “scuola della valorizzazione dei talenti” che punti a una formazione sempre più personalizzata, e ad un investimento nell’istruzione tecnico-professionale.


Per Andrea Gavosto, di scuola “si parla poco e male”, in particolare di uno degli anelli deboli del nostro sistema: la scuola media “dove si registra la caduta degli apprendimenti”. “È lì che si aprono le disuguaglianze, e lì che si fa una scelta determinante per il proprio futuro. Bisogna ripensare la scuola media come luogo di orientamento, perché questo ha un impatto su tutto il sistema successivo. E poi rivedere la legge sulla carriera dei docenti, per portare dentro la scuola persone più ambiziose”.



Il volume, che comprende più di 70 grafici, è suddiviso in quattro parti: una prima parte analizza i risultati degli studenti sia in ambito nazionale che internazionale, poi si parla di insegnanti, risorse e comparazione con le indagini internazionali. Ne emerge un’Italia frammentata tra Nord e Sud, con un numero di docenti alto ma poco motivati e con stipendi tra i più bassi in Europa.


Secondo Attilio Oliva, per uscire da questa situazione è necessario conoscere lo stato di salute del sistema di istruzione e, quindi, “c’è bisogno di un sistema di valutazione nazionale omogeneo: la scuola è la più grande macchina del Paese, ma non si sa in che direzione sta andando. Bisogna valutare i livelli degli apprendimenti degli studenti, come sta facendo Invalsi, ma valutare anche le scuole e la professionalità degli insegnanti. Non c’è un corpo ispettivo autonomo che valuti le singole scuole, mentre in Francia esistono più di 3mila ispettori. Se non si valuta il sistema, non si può capire come migliorarlo”, ha detto il presidente dell’associazione TreELLLE. “I docenti in Italia sono la risorsa chiave, ma mal curata, mal dimensionata, mal utilizzata. Gli insegnanti lavorano diversamente, ma hanno tutti lo stesso stipendio, nessuno li valuta. E aggiungo che metà degli insegnanti è stato reclutato sulla base di un’anzianità di supplenza- ha proseguito- siamo di fronte a un modello che non funziona, questo è il punto chiave. Il modello organizzativo della scuola va ribaltato, così i risultati non potranno migliorare”.

Durante il dibattito è stato letto anche un messaggio del premio Nobel Giorgio Parisi, che ha invitato a costruire un piano di lungo termine che inverta la tendenza sulla formazione. Anche per Carlo Bonomi, “il ceto dirigente deve dare una risposta su quanto vale la formazione nel nostro sistema-Paese”, e ha invitato a una “grande alleanza pubblico-privato di cui la scuola è una parte fondamentale: solo se ci mettiamo insieme riusciremo a cambiare quei numeri”.

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