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Cinema, dall’apartheid alle passerelle: la rinascita del Sudafrica passa per la moda

African Catwalk andrà in onda su Rai 3 giovedì 18 luglio e proiettato alla Casa del Cinema di Roma lo stesso giorno alle 19

Pubblicato:17-07-2019 17:08
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:32

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NAPOLI – Su ogni passerella non sfilano solo le modelle e i modelli che la percorrono: i loro corpi, con gli abiti che indossano, sono rivelatori di un mondo e dell’immaginario che quel mondo è riuscito a produrre. African Catwalk – in onda su Rai 3 domani, giovedì 18 luglio, in seconda serata e proiettato alla Casa del Cinema di Roma sempre domani alle 19 – conduce alla scoperta del Sudafrica, della sua società, delle sue contraddizioni e della sua dirompente energia attraverso l’occhio della moda, sguardo fedele di un Paese con tanta voglia di riscatto.

Dalla fine della segregazione razziale dettata dall’apartheid e l’avvento della democrazia, il Sudafrica sta provando a sanare le ferite del colonialismo, con un tessuto sociale fortemente disgregato e forme culturali di resistenza politica che hanno permeato la popolazione. Processi in corso che vengono assorbiti appieno dall’industria della moda, un settore in forte espansione che sempre più attira attenzioni a livello internazionale e che si è posto l’obiettivo di costruire un nuovo immaginario collettivo che mostri il volto meno conosciuto dell’intero continente. A fare da sfondo, i grattacieli decadenti della più grande città del Sudafrica: Johannesburg, un luogo affascinante e difficile da comprendere che racchiude potenti processi creativi disseminati nelle sue strade, tra un vibrante centro cittadino, tanta povertà e condomini di lusso blindati dal filo spinato.

Il documentario – prodotto da Todos Contentos y yo Tambien Napoli in collaborazione con Rai doc 3, per la regia di Paolo Pisacane, con il montaggio di Simone Veneroso, con il coordinamento di produzione di Vanina D’Angelo, e di cui è autore Gianmarco Altieri – in 54 minuti esplora questo universo attraverso il racconto corale di numerosi stilisti che, ognuno con la propria storia e la propria visione artistica, svelano cosa significa essere sudafricani oggi. Da Marianne Fassler, che ha solcato le passerelle più prestigiose, con la sua clientela di lusso e i tessuti pregiati, a Floyd Avenue, giovane designer che dalla periferia di Johannesburg cerca di affermarsi nella fashion industry. O Clive Rundle, noto ed eccentrico stilista con la sua magica visione della vita attraverso la quale plasma le proprie creazioni; Thebe Magugu e i suoi abiti che con attenzione osserva sui corpi delle modelle prima di presentarli al pubblico; ed Ephymol e la sua collezione maschile che deve essere pronta per la prossima sfilata. Il collettivo di fashion designers I See a Different You porta, invece, alla scoperta di Soweto, la township dalla triste fama di essere uno dei luoghi più pericolosi del Sudafrica, anch’essa in cerca di una nuova identità; mentre il fotografo Anthony Bila punta la lente di ingrandimento sui fenomeni sociali che vive la nuova generazione di sudafricani.


La passerella che, tra musiche e luci, presenterà questo mondo eterogeneo è quella della South African Fashion Week, l’evento di moda più atteso in città (l’edizione 2019 si è tenuta dal 3 al 6 aprile, ndr) Stoffe, macchine da cucire, disegni, idee, immaginari, speranze e incertezze di un intero Paese sono racchiusi nel mondo della moda sudafricana, che presenta profonde differenze da quella occidentale. Perché, come spiega la direttrice della kermesse Lucilla Booyzen, “qui non è il sogno ad essere creato, ma è la realtà ad essere creata“.

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