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ROMA – La prima parola che ha pronunciato è stata “palla“. Ha animato lo stadio Olimpico per ventisette intensi anni, fatti di vittorie, sconfitte, lacrime, adrenalina, emozioni, scudetti, invasioni di campo, striscioni, cori che intonavano “C’è solo un Capitano“. Il 28 maggio 2017 il suo addio alla Roma. Un lutto non solo per i tifosi romanisti ma anche per l’intera città. Sì, perché Francesco Totti è uno di quei pochi grandi calciatori ad avere il super potere di mettere tutti d’accordo. Il mito del numero 10, però, non si è spento dal saluto a Trigoria. Dopo averlo raccontato nel docufilm ‘Mi chiamo Francesco Totti’ di Alex Infascelli, Totti viene celebrato in ‘Speravo de morì prima’, la serie in sei episodi sull’ultimo periodo professionale del fuoriclasse del calcio italiano e mondiale, in arrivo il 19 marzo Sky Atlantic e in streaming su NOW TV.
Presentato questa mattina in collegamento dalla Curva sud dello Stadio Olimpico di Roma, il dramedy racconta il difficile e tormentato periodo prima del ritiro. E lo fa portando il pubblico nella vita privata di un uomo coraggioso, umile, carismatico, autoironico, semplice legato da sempre al pallone e a una città, Roma, di cui è diventato simbolo e bandiera. A Pietro Castellitto la grande e difficile responsabilità di interpretare “l’ottavo re de Roma”. Il giovane Castellitto (figlio d’arte di Sergio e Margaret Mazzantini) segna un altro gol. Dopo lo straordinario esordio alla regia, nel 2020, con ‘I Predatori’, il regista e attore sorprende ancora una volta. La sua interpretazione va oltre il ‘saper recitare’.
“La sfida era quella di riuscire a creare una maschera che lo ricordasse, che lo evocasse e che lo stupisse. Il cinema è evocazione non imitazione” ha raccontato Castellitto in conferenza. “Non avevo mai conosciuto Totti, l’ho fatto grazie a questa serie. Io sono cresciuto con il suo poster in camera ed interpretarlo è stato uno scherzo del destino. Ma c’è stato un altro scherzo del destino – ha continuato il protagonista – ho ritrovato un diario di quando avevo nove anni sui cui avevo dedicato il capitolo a Totti descrivendolo con tutti gli aggettivi che conoscevo ‘sublime’, ‘mitico’, ‘unico’ e ‘grande gladiatore giallorosso'”, ha detto con ironia l’attore, che ha concluso: “Totti, per oltre vent’anni, è rimasto fedele alla sua casacca. E’ il prototipo di sportivo che forse non tornerà più. Quando penso a lui mi vengono in mente anche Roger Federer e Valentino Rossi”.
Castellitto ha saputo cogliere con la sua grazia e sensibilità l’anima, il talento calcistico, il lato umano, gli sguardi, l’intenzione della voce, le movenze e la semplicità di un mito, la cui ‘morte’ non avrebbe voluto viverla nessuno (da qui, infatti, il titolo della serie ‘Speravo de morì prima’, frase scritta su uno degli striscioni che hanno animato l’ultima partita di Totti nel 2017). “Ringrazio in particolar modo Pietro. Ha cercato di interpretarmi per come sono realmente, ho visto delle cose che non conoscevo del mio carattere e del mio essere nella quotidianità“, ha detto il “Pupone” in un videomessaggio mostrato durante l’incontro stampa. Tra i protagonisti dell’addio al calcio di Totti c’è sicuramente l’allenatore Luciano Spalletti, interpretato da Gianmarco Tognazzi. “Per interpretare questo personaggio sono partito dal suo disagio. Non mi piace identificarlo come l’antagonista o il ‘cattivo’, perché non credo sia tale. Ho studiato la sua filosofia calcistica che mira al gruppo e non al singolo, anche se questo contraddice il suo primo rapporto con la Roma in cui aveva messo al centro Totti”.
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