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VIDEO | Leoni (Sky Tg24): “Negli Usa è in corso una guerra civile, è lo scontro culturale”

Arditti (Formiche): "Serve un esercito dell'Unione europea, basta appoggiarci agli Usa"

Pubblicato:15-02-2024 19:26
Ultimo aggiornamento:15-02-2024 19:26

usa trump
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ROMA – “Negli Stati Uniti la guerra civile è possibile? Se la intendiamo come quella tra due eserciti schierati come avvenne nell’Ottocento no, ma se la vediamo come una condizione di violenza potenziale e diffusa, possiamo dire che gli Stati Uniti ci sono già in mezzo“. Così Federico Leoni, caporedattore Esteri di Sky Tg24, nel faccia a faccia con Roberto Arditti, direttore editoriale di Formiche, intervistati da Nico Perrone, direttore dell’agenzia Dire.

Si parte dal libro di Leoni ‘America contro. Gli Stati Uniti e la crisi della democrazia’ (Paesi edizioni): “Non sono io a dire che in America c’è la guerra civile, bensì cito diversi esperti e politologi di stampo molto diverso, dall’intellettuale di sinistra Noam Chomsky, al conservatore Robert Kagan, che ha paventato persino una ‘dittatura Trump’, se quest’ultimo verrà rieletto alle prossime presidenziali di novembre”. Il giornalista precisa: “Non tutti sono d’accordo, ma il tema c’è. Sicuramente gli Stati Uniti sono arrivati a un livello di polarizzazione mai visto prima“, pertanto le elezioni di novembre “saranno un momento chiave a prescindere da come andrà a finire. Se vincerà Trump, qualcosa succederà anche sul piano delle relazioni Stati Uniti-Unione europea. Se non vincerà, è facile pensare che lo stesso Trump e i ‘trumpiani’ potrebbero non riconoscere il risultato, con tutte le conseguenze che potranno derivarne”. Ma è corretta la percezione che in Italia ed Europa abbiamo di Donald Trump? “Facciamo l’errore di pensare che la forza che Trump sta dimostrando alle primarie repubblicane si tradurrà in altrettanta forza alle elezioni generali” replica Leoni, che chiarisce: “Sfuggono all’analisi alcuni punti deboli. Ad esempio, se i guai giudiziari che sta affrontando paradossalmente lo rafforzano alle primarie – perché compattano la base e alimentano la narrazione del ‘perseguitato’ – alle elezioni generali di novembre si potrebbero tradurre in problemi non di poco conto”.

Il punto, argomenta l’esperto, è che l’ex presidente “non può accontentarsi di chi già lo sostiene. Sa che deve guadagnare il consenso degli indecisi, ma è difficile. E sappiamo che può ribaltare il risultato anche una manciata di voti, se arrivano dagli stati decisivi”. Di recente, in un comizio nella Carolina del Sud, ha scatenato polemiche il fatto che Trump abbia incoraggiato la Russia ad attaccare quei Paesi Nato che non contribuiscono a versare la loro parte. “In realtà- commenta Leoni- Trump non stava parlando agli alleati europei, bensì ai suoi elettori, stanchi di occuparsi di faccende altrui… in realtà molti credono che ci si stia occupando di faccende altrui, sebbene siano questioni che toccano da vicino anche gli Stati Uniti, pensiamo all’Ucraina”. Il giornalista osserva che tra diversi americani persiste l’idea che “qualcosa gli sia stato già tolto oppure gli verrà tolto presto”, come chi ha perso il lavoro per la delocalizzazione, oppure vede nell’immigrazione una pericolosa minaccia demografica. Secondo Leoni, “da queste guerre culturali e dal tema dell’identità del Paese nasce quella polarizzazione che sfocia in scontri feroci. Il problema di fondo è che non si cercano mezzi diversi per raggiungere obiettivi condivisi, che si tratti di economia, lavoro o migrazioni”. L’errore di fondo “è pensare che l’avversario voglia snaturare il Paese come lo abbiamo sempre conosciuto”.


ARDITTI (FORMICHE): “SERVE ESERCITO UE, BASTA APPOGGIARCI SU USA

Il processo di integrazione non potrà dirsi completo finché non avremo una difesa comune dell’Unione europea“, sottolinea Arditti nel faccia a faccia con Leoni. Un esercito europeo, precisa Arditti, “pone un tema industriale e tecnologico. I Paesi europei continuano ad avere una produzione più bassa rispetto al fabbisogno di mezzi necessari a costruire una difesa moderna, anche se dopo la guerra in Ucraina qualche segnale è arrivato. La presidente Ursula von der Leyen ha dato messaggi precisi. Gli Stati continuano a produrre individualmente i propri mezzi di ultima generazione, e questa è una follia. Come il fatto che a oggi l’Europa non sia in grado di mobilitare sistemi di difesa articolati se non attraverso un difficoltoso meccanismo di coordinamento tra i ministri. Questo schema di governance, che abbiamo ad esempio visto nei lunghi mesi di trattative con l’Ungheria per sbloccare l’ultimo pacchetto di aiuti all’Ucraina, non è compatibile con le esigenze geopolitiche del nostro tempo. Le classi dirigenti- suggerisce il direttore di Formiche- devono prenderne atto”.

Arditti cita l’esempio della guerra in corso nella Striscia di Gaza: “In quel teatro l’Europa non sta giocando alcun ruolo né come Unione né a livello di singoli Stati. Ai tavoli dei negoziati ci sono invece americani, turchi, egiziani e qatarini. L’Europa ha tutte le carte per essere protagonista di questo secolo, ma dobbiamo farlo insieme”.

D’altronde, evidenzia Arditti, “il Medio Oriente e il Golfo Persico non sono più ciò che erano qualche decennio fa: la potenza economica e finanziaria di alcuni protagonisti dell’area come Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar – ma anche Egitto e Turchia nonostante i rispettivi problemi economici – è ormai di impressionante centralità nelle dinamiche internazionali. Gli Stati Uniti non possono più rappresentare ciò che erano negli anni ottanta e novanta. Resta di gran lunga la più grande potenza militare del pianeta, e questo ha una forte influenza geopolitica, ma non si può sapere quanto durerà“. A prescindere, per il giornalista “è impensabile che l’alleanza tra le due sponde dell’Atlantico si poggi esclusivamente sulla forza militare americana. L’Europa lo deve capire”. Il consiglio dell’esperto quindi è quello di “occuparci noi del quadrante europeo e mediterraneo, perché nei prossimi anni gli americani saranno impegnati sull’Africa e nell’area dell’Indo-pacifico”.

Quanto a Donald Trump, conclude Arditti, “non lo sostengo ma penso sia un errore limitarci a commentare il profilo pittoresco delle sue affermazioni. Certo fa cose discutibili, come l’atteggiamento tenuto il 6 gennaio 2020, quando sul finire del suo mandato per molte ore avallò di fatto l’assalto a Capitol Hill. Ma su alcune scelte di politica internazionale, dagli Accordi di Abramo all’approccio di fortissima stimolazione in sede Nato verso l’Europa, penso sia possibile dargli ragione”.

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