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Mani legate e maschere alla “Hannibal Lecter”, la scioccante terapia di Bruno

Riesplode nell'isola il caso del paziente psichiatrico affetto da picacismo, patologia che lo porta ad ingerire qualsiasi cosa. L'appello della Garante dei detenuti: 'Si cambi terapia, questa è tortura'

Pubblicato:14-04-2023 15:00
Ultimo aggiornamento:14-04-2023 15:48
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CAGLIARI – Il caso era esploso in tutta la sua drammaticità nel 2020 -con la diffusione di immagini shock che parlavano da sole- ora torna prepotentemente alla ribalta con una nuova denuncia della Garante sarda delle persone private della libertà personale, Irene Testa. Si tratta della storia di Bruno, un paziente psichiatrico ricoverato nella struttura Aias di Cortoghiana, nel Sulcis-Iglesiente, affetto da picacismo, terribile patologia che lo porta a ingerire qualsiasi cosa gli capiti davanti. Bruno da oltre 16 anni viene tenuto tutto il giorno con le mani legate ed è costretto a portare una maschera protettiva che somiglia in maniera inquietante a quella indossata da Anthony Hopkins ne “Il silenzio degli degli innocenti” per interpretare il famigerato Hannibal Lecter. Solo che, a differenza del cannibale più famoso del cinema, Bruno non rappresenta un pericolo per gli altri, ma solo per se stesso: il casco serve appunto per evitare che possa mettersi in bocca oggetti che potrebbero soffocarlo o sostanze chimiche con le quali rischierebbe l’avvelenamento.

Garante dei detenuti: “Agghiacciante, istituzioni si muovano”


Un piano terapeutico “estremo” che ha sconvolto la Garante regionale, che pochi giorni fa ha ispezionato la struttura e oggi ha diffuso le ennesime foto shock: “Ho atteso prima di mettere nero su bianco quanto visto nella struttura Aias di Cordoghiana- scrive Testa-. Un giorno per riprendermi dallo scenario agghiacciante e raccapricciante che mi sono trovata davanti. Non mi sto riferendo alla struttura, ma ad un caso specifico di un ospite al suo interno, per la verità già sollevato da alcuni anni, in primis dalla presidente dell’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale, Gisella Trincas, ma anche oggetto di esposti alla Procura, di lettere all’allora ministro della Salute, Roberto Speranza, e di interrogazioni nel Consiglio regionale sardo”.
Bruno, spiega Testa, “da oltre 16 anni viene tenuto tutto il giorno legato per le mani con un casco in testa. Io non sono un medico e non spetta a me dare ricette, magari dal sapore semplicistico perché guidate dall’onda emotiva: sono la garante delle persone private della libertà personale e proprio di persone, di singoli casi ho il dovere di occuparmi”. Per questo, prosegue, “non mi rassegno, non posso accettare che una persona malata venga sottoposta a un trattamento che appare più vicino al concetto di tortura che a quello di cura. Non è però tempo dell’indignazione ma della concreta e rapida azione di tutti gli attori istituzionali che possano dare un contributo a cambiare questa situazione. Questa è una sorta di appello: dobbiamo farlo per Bruno e per tutti gli altri Bruno”.


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