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Strage Bologna, Bellini in appello: “Quell’uomo non sono io, non c’entro nulla. E il 3 e 4 agosto ero con il procuratore Ugo Sisti”

Paolo Bellini è stato condannato in primo grado all'ergastolo per concorso nella strage del 2 agosto 1980

Pubblicato:14-02-2024 17:20
Ultimo aggiornamento:14-02-2024 17:41
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BOLOGNA – “Non ho niente a che fare con Bologna, è tutto inventato”. Lo ha detto, quasi gridandolo, Paolo Bellini, che ha fatto dichiarazioni spontanee nel processo d’appello a suo carico per concorso nella strage del 2 agosto 1980.
Nel suo intervento Bellini si è poi nuovamente scagliato contro l’ex moglie Maurizia Bonini, che lo ha riconosciuto nel video girato dal turista Harald Polzer il giorno della strage e la cui testimonianza è stata decisiva per farlo condannare all’ergastolo nel processo di primo grado. Chiedendo di poter fare un confronto con l’ex moglie, con cui a suo dire “c’è una faida che dura dal 1973”, Bellini afferma infatti, contestando il riconoscimento, che “la Procura generale le ha fatto vedere una foto così sfocata che nemmeno io avrei potuto riconoscermi”.

“L’UOMO NEL VIDEO NON SONO IO”

“Io non sono quel signore, non ci assomiglio neanche lontanamente”. Parlando in Corte d’Assise d’appello a Bologna, Paolo Bellini, condannato all’ergastolo in primo grado per concorso nella strage del 2 agosto 1980, nega nuovamente di essere l’uomo ripreso in stazione il giorno dell’attentato dal turista Harald Polzer.
In particolare, nelle sue dichiarazioni spontanee, l’imputato dichiara che “zigomi e fossetta giugulare” sarebbero nettamente diversi, e nega anche di aver mai indossato un crocifisso, a differenza dell’uomo che compare nel video.

FRA IL 3 E IL 4 AGOSTO ERO CON UGO SISTI

La notte fra il 3 e il 4 agosto 1980 “ero alla Mucciatella (l’albergo di proprietà del padre Aldo Bellini, ndr) con Ugo Sisti”, all’epoca procuratore capo di Bologna. Lo ha detto Paolo Bellini, imputato per concorso nella strage del 2 agosto 1980, nel corso delle dichiarazioni spontanee che ha fatto davanti ai giudici della Corte d’Assise d’appello di Bologna.


La circostanza finora non era mai stata resa nota, anche perché Bellini in quei giorni risultava in vacanza con la famiglia al passo del Tonale. Nel processo di primo grado, conclusosi con la condanna di Bellini all’ergastolo, era emerso che alla Mucciatella era presente, oltre a Sisti, un’altra persona che non fu mai identificata. Nelle sue dichiarazioni, inoltre, Bellini ha fatto riferimento a dei “segreti” che Sisti gli avrebbe rivelato, e ha anche sottolineato a più riprese che all’epoca “non mi chiamavo Paolo Bellini, ma Roberto Da Silva”, l’identità fittizia che aveva preso durante la latitanza in Brasile.

LA MIA EX MOGLIE MENTE SU TUTTI I FRONTI

“Mia moglie mente su tutti i fronti”. Paolo Bellini dedica buona parte delle dichiarazioni spontanee che sta facendo davanti ai giudici della Corte d’Assise d’appello bolognese a mettere in dubbio la credibilità dell’ex moglie Maurizia Bonini, la cui testimonianza è stata decisiva per farlo condannare all’ergastolo nel processo di primo grado.
Nel suo intervento Bellini ha infatti chiesto a più riprese un confronto con l’ex moglie, affermando anche che la famiglia Bonini avrebbe “vietato” alla nipote Daniela “di testimoniare la verità” su quanto avvenne il 2 agosto 1980. Quel giorno Daniela, che all’epoca aveva nove anni, trascorse la mattinata con Bellini, che secondo l’accusa si servì di lei per fabbricarsi un alibi. Di diverso avviso l’imputato, secondo cui alla nipote, che nel processo di primo grado si è avvalsa della facoltà di non rispondere, sarebbe stato impedito di testimoniare dalla famiglia dell’ex moglie Maurizia Bonini. La tesi di Bellini è, ovviamente, che la testimonianza della nipote lo avrebbe scagionato.

“NON MINACCIO GIUDICI, NEL ’92 LI HO SALVATI”

Io non posso aver minacciato i magistrati, sono andato in Sicilia nel ’92, dopo la morte di Falcone e Borsellino, e vi ho salvato, arrivando fino si vertici di Cosa nostra“. Le parole di Bellini suonano come una replica alle accuse di aver minacciato il figlio del giudice Francesco Caruso, presidente della Corte d’Assise che lo ha condannato in primo grado, in seguito alle quali è stato arrestato e portato in carcere lo scorso giugno. Rivolgendosi alla Corte d’Assise d’appello presieduta dal giudice Alberto Pederiali, l’imputato afferma senza mezzi termini di “aver sempre amato i giudici: vi ho salvato in Sicilia, ero lì su preciso mandato del presidente della Repubblica, che è anche presidente del Csm, sono arrivato fino si vertici di Cosa nostra e voi mi avete mollato nella m…”, chiedendo se “mi avete mandato al suicidio per altri interessi”.

“VERO CHE MI INFILTRAI PER CONTO DI ALMIRANTE”

“È vero che sono stato un ‘birichino’ e anche di più”, così come “è vero, anzi è risaputo, che sono stato un infiltrato per conto di partiti politici per cercare estremisti e gente di ideologia particolare: per Almirante e Mariani (esponenti del Msi, ndr) sono arrivato fino in Portogallo”. Bellini ammette anche di “essere stato in contatto con elementi di Avanguardia nazionale”, ma nega di “aver mai conosciuto Stefano Delle Chiaie e altri personaggi che mi vengono addebitati”.

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