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Don Auguste: “La povertà e le armi, ecco le due emergenze di Haiti”

La testimonianza del salesiano, dopo che il governo di Port-au-Prince ha chiesto il supporto della comunità internazionale

Pubblicato:13-10-2022 13:45
Ultimo aggiornamento:13-10-2022 15:10

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(Foto: fonte Infoans)

ROMA – “Anche ad Haiti il banditismo si nutre della povertà e le zone più svantaggiate sono infatti quelle più a rischio violenza; c’è però anche un’industria con sostenitori occulti, come confermano i tipi di armi all’avanguardia usati spesso negli assalti”. Così all’agenzia Dire don Victor Auguste, salesiano, direttore della Fondazione Rinaldi ad Haiti.
Secondo il sacerdote, 47 anni, di base nella capitale Port-au-Prince, “circolano perfino armi di fabbricazione israeliana e la domanda è come sia possibile acquistarle in zone e quartieri tanto afflitti dalla miseria”.

DA 159 A 570 GOUD AL GALLONE

Ad Haiti la povertà è aggravata dalla crisi internazionale dei prezzi. “Il gas era già passato da 159 a 353 goud a gallone e a settembre c’è stato un rincaro ulteriore” riferisce don Auguste: “Ora siamo a 570 goud, l’equivalente di 4,85 euro”. Secondo il sacerdote, “in tanti non hanno un lavoro né da mangiare e per questo in strada ci sono proteste e saccheggi e in genere le violenze delle bande armate si sono intensificate”.
A confermare la gravità dei problemi è stato domenica il primo ministro di Haiti, Ariel Henri. In una lettera inviata al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, il capo del governo ha sollecitato l’invio a Port-au-Prince di “forze armate specializzate” per garantire la sicurezza e contrastare quella che ha definito “una crisi umanitaria”. Secondo Henri, circoscrivere il più possibile gli episodi di violenza è fondamentale per essere in grado di lottare contro una nuova epidemia di colera e per assicurare gli approvvigionamenti di beni di valore sociale, dall’acqua potabile fino ai carburanti.
La richiesta di supporto del governo di Haiti è stata fatta propria da Guterres nonostante solo nel 2018 l’Onu abbia ritirato una sua missione di peacekeeping, la Minustah, dispiegata nel 2004 dopo la fuga all’estero del presidente Jean-Bertrand Aristide.


LA POLIZIA MENO ARMATA DAI “BANDITI”

Secondo don Auguste, nella richiesta di aiuti internazionali “non c’è molto di nuovo perché ce n’erano state di altre in passato e perché i problemi restano in sostanza gli stessi, anche se dopo l’assassinio del presidente Jovenel Moise nel luglio 2021 da parte di un commando di sicari colombiani la situazione è peggiorata ancora”.
Don Auguste lo sa per esperienza diretta. “Uscire dalla capitale in direzione sud senza voler correre rischi è possibile solo facendo un giro lungo, salendo su e giù da una montagna a bordo di un 4×4” sottolinea il direttore. “Da un paio di settimane, però, ci sono stati incidenti anche su questo percorso”.
Ad essere stata saccheggiata da gruppi di manifestanti violenti è stata pure una scuola salesiana, a Les Gonaives, una città storica dell’Artibonite, dove nel 1804 Jean-Jacques Dessalines dichiarò l’indipendenza di Haiti dopo la vittoria sulle truppe di Napoleone Bonaparte“.

Secondo don Auguste, rispetto alla repressione va considerato il fatto che Haiti non ha un esercito. “A pattugliare le strade è solo la polizia, che spesso però è meno armata dei banditi” sottolinea il direttore. Convinto che l’insicurezza rischi di compromettere servizi essenziali, come quelli sanitari, con la chiusura di ospedali. “Il carobenzina e anche il blocco di terminal petroliferi imposto da alcuni gruppi armati rende sempre più oneroso e complicato produrre elettricità con i generatori” denuncia don Auguste. “Anche il nostro ufficio a Port-au-Prince è rimasto senza corrente, ma conserviamo la speranza: quello di Haiti è un popolo forte, che resiste”.

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