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In Italia da siccità, meteo estremo e alluvioni 24,5 miliardi di danni negli ultimi 2 anni

I dati sono emersi dalla convention 'Il governo sostenibile dell'acqua nel tempo dei cambiamenti climatici' è promossa e organizzata dal Consiglio nazionale dei geologi e dalla Fondazione centro studi del Cng, insieme alla fondazione Ewa (Earth and water agenda)

Pubblicato:13-06-2023 14:42
Ultimo aggiornamento:17-06-2023 12:52
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DIRE – L’impatto sulle casse dello Stato per i danni causati negli ultimi due anni da da siccità, meteo estremo e alluvioni è di 24,5 miliardi. Questo uno dei dati emersi dalla convention ‘Il governo sostenibile dell’acqua nel tempo dei cambiamenti climatici’ è promossa e organizzata dal Consiglio nazionale dei geologi e dalla Fondazione centro studi del Cng, insieme alla fondazione Ewa (Earth and water agenda).
Mauro Grassi, economista e direttore Fondazione Earth Water Agenda, nel suo intervento fa il punto sulla situazione.

“In Italia piove, ma mancano le infrastrutture, dobbiamo adeguarle e potenziarle”, spiega, “il tema è quello della governance, se non c’è si rischia di sprecare i fondi e non finire i cantieri” quindi “la governance va rafforzata perché occorre un salto di sistema”. In tutto ciò “le risorse destinate al dissesto idrogeologico sono sui 300-350 milioni l’anno dallo stato, altrettanti arrivano dalle Regioni”, ma “solo negli ultimi due anni i danni economici per la poca acqua e per la troppa acqua hanno registrato una impennata storica che indica un trend preoccupante”.

Infatti “a lunga siccità 2022-23 ha provocato 6 miliardi di danni per l’agricoltura e 5 miliardi per perdita di produzione idroelettrica”, calcola il direttore della Fondazione Earth Water Agenda. “Si tratta di oltre 11,5 miliardi di danni complessivi”, infatti “per la sola alluvione in Romagna si sono registrati 8,8 miliardi di danni come prima stima provvisoria”.


Complessivamente dunque “lo Stato ha fatto e dovrà fare fronte agli eventi spendendo circa 24,5 miliardi per danni pubblici e privati con ripristini, risarcimenti, sostegni”, dice Grassi.
A giudizio dell’esperto “serve un piano decennale che vada oltre i governi e le maggioranze”, e “la previsione è di circa 70 miliardi in 10 anni tra siccità e alluvioni, che potrebbero essere 20 miliardi da privati e 50 pubblici”, e dunque “per la quota pubblica 5 miliardi l’anno si può fare”, precisa Grassi.

“Spesso il problema non sono i finanziamenti, ma i meccanismi e le procedure di spesa”, dice il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto. “Per affrontare il dissesto idrogeologico le parole chiave per evitare di rincorrere le emergenze sono: programmazione, pianificazione, controllo- precisa Pichetto- Noi come governo Siamo in campo con interventi dedicati al servizio idrico”.

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L’emergenza idrogeologica che affrontiamo “è una conseguenza della siccità, con le precipitazioni che cadono su terreni dove non piove, e così si moltiplica la velocità dell’acqua”. Dobbiamo quindi acquisire coscienza del fatto che “il cambiamento climatico è una realtà dalla quale non possiamo tornare indietro, il target di +1.5 gradi fissato come aumento massimo della temperatura media globale non è più reversibile, possiamo solo evitare che aumenti ancora”. Ciò detto, “le conseguenze però sono già evidenti, le potremo solo mitigare”. Stefano Laporta, presidente Ispra, lo dice intervenendo al convegno ‘Il governo sostenibile dell’acqua nel tempo dei cambiamenti climatici’.

E’ necessario quindi “un nuovo modello di governance della risorsa idrica, quello attuale è stato stabilito 30 anni fa quando non si pensava a fenomeno come la siccità diffusa”, dunque “dobbiamo affrontare la situazione in maniera strutturale, tenendo conto di una situazione così diversa” e possiamo farlo efficacemente “esaminando i dati che vengono forniti dagli enti che si occupano della gestione, dati raccolti in forma fruibile per chi li userà”.

In Italia “negli ultimi 30 anni è cresciuta la quota di territorio in siccità estrema”, avverte il presidente Ispra, “serve individuare insieme soluzioni strutturali che vanno valutate anche in relazione agli impatti sull’ambiente, per evitare che portino ulteriori problemi”. Occorrono quindi “soluzioni basate sulla natura che contemplino anche il recupero della capacità di falda”, spiega Laporta, certo “soluzioni complesse per problemi complessi, non esistono soluzioni semplici”, interventi “che si sviluppino per almeno un decennio considerando gli impatti non solo ambientali ma anche sociali”, in ciò “sviluppando la necessaria resilienza”.

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