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Le autrici di ‘Future’: Cittadinanza contro il razzismo

Ghebreghiorges e Pesarini, dialogo alla Dire sull'Italia che sarà

Pubblicato:11-12-2019 15:13
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:44

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ROMA – “In Italia ci sono 1.316.000 bambini e ragazzi di origine straniera che attendono la cittadinanza. È una fetta importante della popolazione e credo che se a queste persone sara’ accordata la cittadinanza, poi, sara’ piu’ “normale” pensare che ci siano anche italiani con la pelle nera o gli occhi a mandorla. E’ anche cosi’ che si batte il razzismo”. A parlare con l’agenzia Dire e’ Lucia Ghebreghiorges, scrittrice e attivista per gli italiani senza cittadinanza nata a Roma da genitori stranieri, una delle 11 firme dell’antologia ‘Future’.

Edita da Effequ, la raccolta e’ stata ideata dall’intellettuale italo-somala Igiaba Scego per dare voce a donne con origini straniere che si raccontano attraverso storie che partono “da dove viviamo, l’Italia, e guardano altrove”.Occasione dell’intervista, la presentazione del volume con il dibattito ‘Che Italia sara’?’ presso la sede romana dell’agenzia Dire. “La legge di cittadinanza basata sullo ius sanguinis – denuncia Ghebreghiorges – e’ stata una scelta di razzismo istituzionale. Serve al piu’ presto una riforma”.


Per battere razzismo e intolleranza e raggiungere la riforma dello ius culturae, pero’, l’attivismo da solo non basta: “Il mondo della letteratura, del cinema e degli altri linguaggi artistici – suggerisce la scrittrice – devono unirsi e sostenere questa battaglia che riguarda tutti, cosi’ come ci dobbiamo unire per il clima o la parita’ di genere. Credo che il loro lavoro abbia un impatto piu’ intimo ed efficace per far conoscere le nostre storie”. Le narrazioni veicolate dall’arte arrivano prima, evidenzia l’attivista: “Ecco perche’ secondo me ‘Future’ rappresenta un aiuto prezioso: rende conto di un’Italia che non e’ necessariamente bianca e che e’ arrivato il momento di conoscere”.
Alla Dire con Ghebreghiorges interviene Angelica Pesarini, docente di sociologia alla New York University di Firenze, che aggiunge: “Anche le istituzioni sono responsabili del ritorno di razzismo e intolleranza, perche’ trasmettono – o non fanno nulla per contraddire – la retorica dell’Italia bianca e cristiana. Ma l’Italia non e’ solo questo”.
Oltre il fenomeno migratorio, che ha coinvolto l’Italia in tempi relativamente recenti, esiste il passato coloniale del nostro Paese. “Non trova spazio sui manuali di storia” dice Pesarini. “Quando mi sono avvicinata al tema mi sono resa conto di saperne molto poco, ho dovuto studiare moltissimo”.

Eppure e’ al passato coloniale italiano “dimenticato” che appertengono tanti bambini che vorrebbero non essere ignorati dalla societa’. “Il sangue non e’ acqua” dice Pesarini: “La ricerca delle origini pero’ e’ difficile”. Da un lato, spiega la sociologa, c’e’ la riservatezza di genitori che a volte vogliono lasciare il passato chiuso in un cassetto. Dall’altro, ci sono relazioni con famiglie di origine ormai consumate dalla lontanza: un tema che permea ad esempio il racconto di un’altra firma di ‘Future’, Djarah Kan: ‘Il Mio nome’. L’arrivo della zia “africana”, che la protagonista incontra per la prima volta, sconvolge la quotidianita’ della famiglia che non sa piu’ come ci si confronta con le proprie tradizioni culturali.

Pesarini critica inoltre la tendenza a pensare che l’Africa sia una, quando in realta’ “ogni Paese e’ cosi’ diverso dall’altro”. Le origini contribuiscono a plasmare le identita’, che cosi’ si moltiplicano e rendono una faccenda delicata “usare il termine donna”, perche’ racchiude in se’ tante storie. “Io come molte altre – dice la sociologa – considero l’Italia la mia sola patria, non mi piace definirmi ‘afroitaliana’ ma c’e’ chi invece tiene a presentarsi in questo modo”. E poi, secondo Pesarini, bisogna fare i conti anche “col sessismo o con le violenze di genere: pensiamo a chi non e’ eterosessuale”. Il futuro, pero’, si puo’ cambiare. “L’importante e’ credere in cio’ che si e’ e in quello che si fa” dice Pesarini. “C’e’ tanta Italia che resiste all’intolleranza”.

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