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Sud Sudan, il Papa ai leader: “Vi supplico, la pace sia duratura. Siate padri della nazione”

"Prego che il fuoco della guerra si spenga per sempre" ha proseguito Francesco

Pubblicato:11-04-2019 17:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:21

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ROMA – “A voi tre che avete firmato l’accordo di pace ve lo chiedo come fratello, restate in pace. Lo chiedo col cuore, andiamo avanti. Ci saranno tanti problemi, ma non spaventiamoci. Voi avete avviato un processo: che finisca bene. Ci saranno difficoltà tra voi, ma che restino nell’ufficio. Davanti al popolo, restate con le mani unite. Da semplici cittadini, diventerete padri della nazione”. Con queste parole Papa Francesco ha concluso l’incontro coi leader del Sud Sudan, giunti in Vaticano per un ritiro spirituale organizzato su iniziativa dall’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana, Justin Welby.

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La delegazione sud-sudanese, composta dal presidente Salva Kiir e dal capo della ribellione Riek Machar, che a fine anno hanno siglato un accordo di pace per porre fine a cinque anni di guerra civile, e per formare insieme un nuovo governo. Quindi il Pontefice ha baciato i piedi ai quattro membri della delegazione.


Durante l’incontro, il Papa ha insistito: “Auspico che in Sud Sudan cessino le ostilità e che l’armistizio sia rispettato. Ve lo ripeto: che l’armistrizio sia rispettato. Che le divisione etniche vengano superate e la pace sia duratura per tutti i cittadini che vogliono ricostruire la nazione”.

“Prego che il fuoco della guerra si spenga per sempre” ha proseguito Francesco. “Mi rivolgo agli uomini di buona volontà affinché la pace arrivi duratura tra il vostro popolo: la pace è possibile. Non mi stancherò mai di ripeterlo. E’ un impegno degli uomini responsabili verso il proprio popolo”.

“La vostra gente è stanca: cercate ciò che vi unisce” l’incoraggiamento del Papa, che si è detto speranzoso “di poter compiere presto un viaggio” in Sud Sudan.

La parola “Pace” è termine che più volte ricorre nel discorso di Bergoglio: “Pace a voi” è il saluto rivolto in apertura dell’incontro, forse una possibile citazione del Pontefice del più comune saluto rivolto in lingua araba, l’idioma nazionale del Sud Sudan.

“Io lo rivolgo a voi che siete giunti da un contesto di grande difficoltà. Spero che questa parola risuoni nel vostro Paese affinché aiuti a far progredire la vostra giovane nazione, e si accenda una luce di speranza per tutto il popolo sud-sudanese”. La pace, ha detto il Santo Padre, “è il primo compito che i capi delle nazione devono perseguire, nonché premessa al rispetto dei diritti umani e allo sviluppo integrale delle persone”.

Quello di oggi a Santa Marta “non è un consueto incontro diplomatico tra il Papa e i capi di Stato: si tratta di un ritiro spirituale” ha sottolineato il Pontefice. Scopo di tale ritiro, ha spiegato Francesco, “è stare insieme, riflettere sulla missione che Dio ci ha dato e sull’enorme responsabilità che abbiamo nei confronti del popolo sud-sudanese”, e in particolare “verso i più bisognosi, i poveri che hanno fame di giustizia”.

Il Papa ha continuato: “Assicuro la mia vicinanza spiriturale a tutti i vostri connazionali, e in particolare a rifugiati e malati, rimasti col fiato sospeso in attesa dell’esito di questo giorno storico. Alle famiglie separate, a donne, bambini e anziani che soffrono incredibilmente”. “Il vostro popolo – ha aggiunto Francesco – attende il vostro ritorno, la riconciliazione tra tutti i suoi membri e la pace per tutti”.

A prendere parte all’evento i membri della Presidenza della Repubblica del Sud Sudan, che in base al Revitalised Agreement on the Resolution of Conflict in South Sudan, firmato lo scorso settembre ad Addis Abeba, assumeranno incarichi ufficiali il prossimo 12 maggio: Salva Kiir Mayardit, presidente della Repubblica; i vicepresidenti designati Riek Machar Teny Dhurgon, Taban Deng Gai e Rebecca Nyandeng De Mabio, vedova del leader sud sudanese, John Garang. Presenti inoltre i membri del Consiglio delle Chiese del Sud Sudan, con i predicatori del ritiro mons. John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu (Uganda), e il padre gesuita Agbonkhianmeghe Orobator, presidente della Conferenza dei superiori maggiori dell’Africa e Madagascar.

La guerra in Sud Sudan, scoppiata nel 2013 – a due anni dall’indipendenza della “più giovane nazione del mondo” – avrebbe causato quasi mezzo milione di morti e costretto a lasciare le proprie case oltre la metà della popolazione, stando a stime elle Nazioni Unite.

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