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Sport, Pancalli: “Con le nostre conquiste facciamo crescere l’Italia”

Mancano mille giorni a Milano Cortina 2026: per il presidente del Comitato italiano paralimpico Luca Pancalli "saranno i Giochi più belli di tutti i tempi"

Pubblicato:10-06-2023 17:37
Ultimo aggiornamento:10-06-2023 17:37

luca pancalli
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ROMA – Le sfide di una vita, già vinte, e quelle che verranno, tutte da giocare. Se Luca Pancalli ha un rammarico, è quello di non riuscire ad andare a nuotare quanto vorrebbe. Il resto è un insieme di traguardi raggiunti con soddisfazione, pur nella fatica, di pietre miliari posizionate sul lungo cammino dello sport paralimpico verso la piena affermazione. A indicare la strada è il presidente del Comitato italiano paralimpico (Cip), tra riflessioni sul futuro e nuove consapevolezze.

Presidente, come sta il movimento italiano paralimpico?

“Il nostro mondo ha avuto una crescita esponenziale, la quantità di lavoro è esplosa e noi siamo pur sempre una piccola famiglia. Alterniamo momenti di fatica ad altri di grande entusiasmo”.


Eppure la sensazione è che si riesca sempre a fare miracoli.

“In realtà sono il raggiungimento di obiettivi precisi su cui abbiamo sempre avuto una visione strategica. Abbiamo conquistato traguardi piano piano, con umiltà e rimboccandoci le maniche”.

Oggi il calendario segna mille giorni a Milano Cortina 2026: sono i Giochi Paralimpici il prossimo grande obiettivo?

“La mia vita dimostra che mi piace affrontare le sfide. Sono convinto della capacità tutta italiana di creare tanti problemi, ma di saperli risolvere con altrettanta passione e determinazione. La cabina di regia ora sta marciando con grande velocità e serietà. Saranno i Giochi più belli di tutti i tempi: spero solo che non si perda l’occasione per aiutare il Paese a crescere sotto il profilo sociale”.

Pensa che in Italia si investa poco nello sport paralimpico?

“È chiaro che con la crescita del sistema aumentano anche i costi. Che poi è giusto definire investimenti: l’obiettivo non è solo conquistare medaglie, seppure importantissime, ma fare del bene al Paese. Molte delle nostre conquiste aiutano a sviluppare il valore pubblico intangibile e non immediatamente misurabile che però fa crescere la società. Mi auguro che gli interlocutori istituzionali siano orgogliosi dei nostri risultati e agiscano di conseguenza”.

A proposito, come sono i rapporti con il Governo Meloni?

“Con ogni Esecutivo abbiamo sempre trovato interlocutori attenti e disponibili. Con il ministro Abodi si gioca in casa: è attento, sensibile, conosce lo sport, è preparato e ci sta ascoltando. Può capitare che non si trovi un accordo, ma c’è un dialogo rispettoso che può produrre solo effetti positivi”.

La prossima barriera da abbattere qual è?

“Giovedì scorso i ministri Abodi e Calderone hanno presentato misure che introducono tutele lavorative anche per i nostri atleti. È un risultato epocale. Era profondamente ingiusto che finora per allenarsi in vista delle competizioni dovessero prendere dei permessi non retribuiti: rappresentano l’Italia nel mondo, questa notizia in un Paese meriterebbe i titoli del telegiornale. Anche perché il paralimpismo italiano è preso a esempio nel mondo, ci chiamano per andare a spiegare come funziona il nostro modello”.

E c’è qualcosa che invece noi possiamo importare dall’estero?

“Su questo posso essere presuntuoso. C’è sempre da imparare ma vi assicuro che rappresentiamo un unicum. Dopodiché, mi piacerebbe ci fosse l’attenzione mediatica e dell’opinione pubblica che esiste nei Paesi anglosassoni. In Gran Bretagna, ad esempio, è stata fondamentale Londra 2012: ecco perché penso all’importanza di Milano Cortina”.

Cosa sconta ancora il mondo paralimpico?

“Su di noi si riflette negativamente un sistema che non ha mai compreso totalmente l’importanza dello sport per il Paese. Paghiamo ancora il fatto che su 10 scuole, 7 hanno una palestra e di queste solo 3 sono accessibili. Paghiamo l’arretratezza delle infrastrutture, l’assenza di un collegamento con i centri protesi e con il mondo della riabilitazione, una non così diffusa consapevolezza dei medici di famiglia sull’importanza dello sport anche per i bimbi disabili. Stiamo cercando di portare in squadra tutti questi pezzi di mondo non solo per i disabili, ma anche per il resto della società. Stiamo faticando ma i frutti li vediamo: quando ci siamo messi in moto con l’Inail si è sviluppata una tecnologia che oggi potrebbe far vivere meglio tanti amputati, però poi c’è il paradosso che la protesi utilizzata da un campione non la troviamo nel nomenclatore tariffario e così nel quotidiano è impossibile permettersela”.

A che punto è il sogno del Comitato unico con il Coni?

“Solo quattro Paesi al mondo hanno già fuso i rispettivi Comitati, con una differenza: finora abbiamo assistito a un inglobamento, mentre quello che ho in mente io è proprio la nascita del Comitato Olimpico e Paralimpico italiano. Saremmo i primi a farlo, dopo un lungo percorso di maturazione culturale”.

La sua scaramanzia è nota, ma proviamo a immaginare Parigi 2024.

“Siamo in pieno ricambio generazionale e potremmo subire dei contraccolpi, ma confido talmente tanto nel lavoro delle Federazioni, nella consapevolezza di aver messo i nostri atleti nelle migliori condizioni possibili in vista delle competizioni, da essere certo che non verranno tradite le attese”.

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