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La Lega ci ripensa e appoggia il referendum contro il taglio dei parlamentari

L'editoriale di Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:10-01-2020 16:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:50

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ROMA – Dopo il balletto delle firme aggiunte e tolte all’ultimo minuto alla fine 71 senatori hanno detto sì. Quindi si farà il referendum confermativo sulla legge che taglia di 345 unità (da 630 a 400 deputati, da 315 a 200 senatori) il numero dei parlamentari. Una volta che le firme saranno validate dalla Cassazione ci saranno sei mesi di tempo per far svolgere il referendum, che in questo caso non ha quorum. Decisivo il contributo di firme dei senatori della Lega di Matteo Salvini, che pur avendo detto sì per 4 volte alla legge alla fine ha cambiato idea. La mossa punta a creare un grosso ostacolo al Governo, perché tra le forze politiche potrebbe scattare la voglia di andare al voto anticipato, prima della scadenza referendaria, per eleggere ancora una volta tutti e 945 parlamentari.

Per quanto riguarda le notizie politiche più importanti al momento, la battaglia dentro il M5S contro il Capo politico, Luigi Di Maio: “Il numero di parlamentari che lo contestano è sempre più numeroso – spiega una fonte interna – tra di noi non si esclude la possibilità che Di Maio possa riununciare al suo ruolo a breve”. Quando? “Il 26 gennaio si vota in Emilia-Romagna e ci si aspetta una sonora sconfitta, forse poterebbe anticipare per non essere messo di nuovo in croce”. Per quanto riguarda il futuro Capo politico, oltre alla possibilità che nasca un direttorio formato da 3-5 dirigenti anche il peso politico crescente che andrebbe, di fatto, a ricoprire il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al quale stanno guardando in molti con al suo fianco il ministro Stefano Patuanelli come capo delegazione dei ministri M5S. Sul movimento delle ‘sardine’, che presto arriveranno ad un congresso fondativo, il sondaggio Dire-Tecnè li accredita di oltre l’11 per cento di consensi. Risultato amaro comunque perché i voti arriverebbero quasi tutti dal Pd e dal M5S. Insomma, le ‘sardine’ pescano nel mare del centrosinistra e non strappano consensi al centrodestra.

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