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Coen Tirelli (Anaao): “Indennità Pronto soccorso non basta. Pnrr? Fondi per tutti tranne noi”

Il segretario regionale Lazio dell'associazione dei medici e dirigenti sanitari: "L'indennità prevista dal ministro Speranza per chi lavora in Pronto soccorso equivale a meno di 100 euro al mese, serve di più per rilanciare questo lavoro"

Pubblicato:09-11-2021 13:57
Ultimo aggiornamento:09-11-2021 13:57

pronto soccorso ospedale
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ROMA – “Mi piace il principio dell’indennità, non mi piace il quantum e come verrà gestita. Noi chiediamo a gran voce una rivisitazione di quello che facciamo. Dopo che ci hanno detto che eravamo stati gli eroi del Covid, ora con il Pnrr non ci sono le risorse per i dipendenti della sanità: si rifanno le macchine, gli strumenti diagnostici, le Case della salute, ma non ci sono i soldi per le ‘teste’ che devono guidare tutto questo. Siamo allibiti”. Lo afferma all’agenzia Dire Guido Coen Tirelli, segretario regionale Lazio dell’Anaao-Assomed, associazione dei medici e dirigenti sanitari.

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“I Pronto soccorso sono il primo accesso per il paziente, e il ministero vuole dare a questi sanitari in prima linea un’indennità di 2.000 euro: stiamo parlando, quindi, di circa 1.000 euro l’anno una volta pagate le tasse, meno di 100 euro al mese. Non può bastare – sottolinea il segretario – Vi chiedete perché manca il personale? Perché è sottopagato, perché rischia a livello legale, e questo è un lavoro usurante. Preferiscono assumere i medici delle cooperative, ma noi così ci sentiamo presi in giro”.


E allora ecco la proposta dell’Anaao: “Mettiamoci a un tavolo e ragioniamo insieme. Serve assumere, aumentare gli stipendi a tutti, riformare il Ssn sulla base dei dipendenti. La decisione sull’indennità – spiega Tirelli – è stata intavolata con l’associazione dei medici di emergenza, con cui come Anaao siamo stati in costante contatto, ma anche loro avevano chiesto maggiori risorse, un 30% in più di quello che guadagnano adesso. Noi abbiamo in mano la vita dei pazienti, dobbiamo essere pagati come dirigenti dello Stato“.

Per Tirelli il sistema si è svegliato tardi: “Gli specializzandi ai quali quest’anno abbiamo aumentato le borse si immetteranno nel sistema tra cinque anni, ma andranno fuori dall’Italia. E questo perché non c’è programmazione, che è in mano al ministro dell’Università e non a quello della Salute. Ottima l’idea, paventata anni fa, di investire risorse per i neolaureati affinché possano tradurre la formazione ricevuta in Italia e non all’estero, ma dobbiamo anche creare il sistema in cui queste persone si inseriscono e possono restare”.

Rispetto ai reali numeri delle risorse mancanti, tra medici e infermieri nelle aree di emergenza e urgenza, Tirelli sottolinea: “Non sono 14mila le figure sanitarie che mancano ad oggi e che risultano dai numeri riportati in queste ore, sono infatti molte di più. Solo quest’anno, poi, ne andranno in pensione altre 5-6.000. Ma la politica è miope“.

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