RIMINI – Li producono e li riciclano pure, al 100%. Fater, società che racchiude i principali marchi di pannolini, come Pampers e Lines, ha messo a punto a Treviso un sistema di riciclo che è un unicum. E ora aspetta con impazienza il via libera del ministero dell’Ambiente alla commercializzazione. Con l’auspicio che le tipiche lungaggini della politica italiana non rendano vano quanto pensato e realizzato. Come spiega alla ‘Dire’ il direttore associato di Fater, Marcello Somma, si tratta del “primo impianto al mondo su scala industriale per il riciclo di pannolini e pannoloni, il culmine di una sfida di economia circolare che abbiamo inteso di adottare quasi 10 anni fa per trovare una soluzione ambientalmente, economicamente e socialmente preferibile alle situazioni attuali di smaltimento”.
In pratica i pannolini usati vengono sterilizzati in autoclave per poi passare all’asciugatura in essicatore. Questo ciclo “permette il recupero di tre materie prime e seconde ad alto valore aggiunto: la cellulosa, la plastica e il polimero super assorbente”, che potranno essere riutilizzati in nuovi processi produttivi. Più nel dettaglio, da una tonnellata di rifiuti raccolti in maniera differenziata sarà possibile ricavare fino a 150 chilogrammi di cellulosa, 75 di plastica e altrettanti di polimero super assorbente.
Un esempio “made in Italy” di economia circolare che è valso all’azienda un riconoscimento europeo. “Abbiamo ottenuto- conferma Somma- da parte del vicepresidente della Commissione europea, Jyrki Katainen, il titolo di Lega Ambiente ‘Circular economy champion‘”. L’impianto può trattare, a regime, 10.000 tonnellate l’anno di prodotti assorbenti usati, così servendo una popolazione di circa un milione di persone.
Per ogni tonnellata di pannolini e pannoloni da smaltire trattata attraverso il sistema, prosegue Somma, “si risparmiano circa 400 chilogrammi di anididride carbonica equivalente“, insomma gas serra. Non solo. “L’intero sistema è ‘carbon negative’, evita più emissioni climalteranti di quanti ne produca la raccolta differenziata del sistema di trattamento stesso. In sostanza equivale a piantare alberi“. Insomma, i vantaggi ambientali ed economici sono evidenti: innanzitutto l’eliminazione dei prodotti assorbenti da discariche ed inceneritori che evita emissioni equivalenti a quelle assorbite ogni anno da oltre 30.000 alberi. Se esteso a tutto il territorio nazionale, questo sistema industriale consentirebbe di ridurre le emissioni climalteranti prodotte ogni anno da oltre 100.000 automobili. Ed ecco che nascono i problemi.
“Per entrare in fase commerciale abbiamo bisogno che l’innovazione normativa vada di pari passo con i risultati ottenuti dall’innovazione tecnologica”. Invece “ancora oggi, purtroppo, per un deficit normativo, di mancanza dell‘end of waste che stiamo aspettando dall’Ispra e dal ministero dell’Ambiente, attendiamo la definizione dei criteri end of waste per potere vendere ai vari clienti che abbiamo trovato le frazioni di materie prime e seconde che abbiamo prodotto”.
di Cristiano Somaschini, giornalista
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